Il Nicaragua ha revocato la cittadinanza e confiscato i beni a 135 prigionieri politici
Il Nicaragua ha ordinato la revoca della cittadinanza e la confisca dei beni a 135 prigionieri politici che il 5 settembre scorso erano stati liberati sulla base di un accordo con gli Stati Uniti e portati in Guatemala. La Corte Suprema, che è di fatto controllata dal governo autoritario del presidente Daniel Ortega, ha scritto martedì in un comunicato stampa che le misure restrittive si sono rese necessarie perché avevano commesso crimini «contro la sovranità, l’indipendenza e l’autodeterminazione» del Nicaragua, e che avevano istigato alla «violenza, all’odio, al terrorismo e alla destabilizzazione economica». Secondo il governo statunitense, molte organizzazioni per i diritti umani e diversi osservatori le accuse contro di loro erano pretestuose.
Dopo grosse proteste antigovernative nel 2018, la dittatura di Ortega ha limitato duramente i diritti dei cittadini del Nicaragua; nel tempo ha fatto arrestare decine di politici, giornalisti e attivisti critici del suo regime, ha ordinato lo scioglimento di centinaia di associazioni civili e organizzazioni non a scopo di lucro, e non è la prima volta che revoca la cittadinanza ai dissidenti politici per punirli (una pratica illegale per il diritto internazionale). Dato che i 135 prigionieri sono stati liberati per motivi umanitari, la scorsa settimana il consigliere per la Sicurezza nazionale statunitense Jake Sullivan aveva fatto sapere che sarà riconosciuto loro lo status di rifugiati e che potranno fare domanda per entrare legalmente negli Stati Uniti.