Le aggressioni all’ospedale di Foggia non sono un caso isolato
Ce ne sono in tutta Italia, con la conseguenza che il personale medico si sente inibito e poco sicuro nelle decisioni da prendere
Negli ultimi giorni agli Ospedali Riuniti di Foggia, in Puglia, ci sono state diverse aggressioni fisiche a medici e infermieri che hanno alimentato nuovamente il dibattito nazionale sulla sicurezza all’interno degli ospedali. Il caso di Foggia non è isolato: le aggressioni fisiche o verbali al personale medico sono frequenti in molti altri ospedali italiani, che hanno scarso personale e pronto soccorso sempre pieni, in molti casi per via di una sanità territoriale sempre più carente (quella di cui dovrebbero occuparsi i medici di base).
L’aggressione più discussa è stata la settimana scorsa. Dopo la morte in sala operatoria di Natasha Pugliese, una 22enne di Cerignola operata per via delle conseguenze di un incidente stradale avvenuto mesi prima, un gruppo numeroso di parenti e conoscenti della donna è entrato in ospedale e ha assaltato l’unità operativa toracica, prendendo a calci e pugni il personale medico. Medici e infermieri sono poi riusciti a rinchiudersi in una stanza per proteggersi.
La vicenda di Pugliese è stata raccontata anche su Facebook da una donna che si è presentata come sua sorella:
Mi trovo il dottore d’avanti [sic] e chiedo con sangue freddo “É morta?”, lui mi fa un cenno, non ho capito più nulla ho urlato messo mani addosso a chiunque, la mia famiglia ha fatto la guerra peggio di Gomorra, perché mia sorella é stata uccisa da loro.
Antonio De Maria, segretario regionale della Federazione italiana medici di medicina generale (FIMMG), ha paragonato l’accaduto a una «spedizione punitiva». Nell’aggressione sono rimasti feriti tre medici, tra cui un chirurgo per via di contusioni per i pugni ricevuti in faccia e una medica che ha riportato alcune fratture alle dita. Sull’episodio sono in corso indagini per identificare i responsabili. Nel frattempo, come succede sempre in casi come questo, sono in corso anche gli accertamenti sulla morte di Pugliese per escludere eventuali errori medici.
Nel fine settimana ci sono state altre due aggressioni, in questo caso contro infermieri e infermiere. Un 18enne che ha aggredito con calci e pugni tre infermieri dopo essersi presentato in pronto soccorso è stato arrestato con le accuse di lesioni a personale esercente la professione sanitaria e di resistenza a pubblico ufficiale. In un altro caso, il figlio di un uomo in attesa al pronto soccorso ha aggredito due infermieri.
«Queste aggressioni non sono casi isolati», dice Fabrizio Corsi, portavoce locale del sindacato del personale sanitario Anaao Assomed. Dopo i fatti di Foggia il sindacato ha annunciato una manifestazione davanti all’ospedale di Foggia per protestare contro le aggressioni e per chiedere un potenziamento della sanità territoriale. Secondo i dati dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie, nel 2023 ci sono state circa 16mila aggressioni in tutta Italia. «E quelle di cui si viene a sapere sono solo una piccola parte, perché sono quelle di particolare gravità, come nel caso di Foggia», dice Corsi.
In risposta alle aggressioni di Foggia, il senatore di Fratelli d’Italia Ignazio Zullo, che è anche capogruppo al Senato della commissione Affari sociali, ha presentato un disegno di legge in cui propone tre anni di sospensione dell’accesso al servizio sanitario nazionale per chi aggredisce medici e infermieri, con i conseguenti risparmi sulla spesa pubblica da investire in pubblica sicurezza.
Secondo i medici e i loro rappresentanti sindacali, però, il problema è più complesso di così, e quindi anche le sue soluzioni. Corsi dice che le aggressioni sono una conseguenza dei tagli alla sanità pubblica e all’impatto che hanno sulla qualità del servizio offerto: «quando hai carenze di organico perché non ci sono medici, non hai posti letto in ospedale, i corridoi si riempiono di pazienti e i pronto soccorso di gente che dovrebbe essere assistita dalla sanità territoriale, a sua volta smantellata, la percezione di molte persone è che il servizio sanitario sia totalmente inadeguato rispetto alle loro esigenze». In un luogo come l’ospedale o il pronto soccorso, dove la situazione è già aggravata da preoccupazioni e malesseri fisici, le tensioni sfociano sempre di più in episodi di violenza.
Il caso di Foggia è abbastanza rappresentativo di questi problemi: ci sono carenze di organico anche agli Ospedali Riuniti e mancano i medici di medicina generale. Lunedì la FIMMG Puglia ha firmato un accordo con la Regione proprio per potenziare la sanità territoriale con nuovi investimenti e medici. «Il problema è che a farne le spese sono proprio le persone che cercano di garantire l’assistenza sanitaria in queste condizioni», dice Corsi. Secondo Pierluigi De Paolis, presidente dell’Ordine dei medici di Foggia, il personale medico non riesce più a lavorare come dovrebbe per timore delle conseguenze: «In un clima in cui qualsiasi imprevisto, attesa o magari un decesso, come nel caso di Pugliese, può portare ad aggressioni anche violente, i medici si sentono sempre meno in grado di affrontare serenamente le responsabilità che il loro lavoro comporta».
Mercoledì 11 settembre la prefettura di Foggia ha organizzato un incontro con Anaao Assomed, la FIMMG e altri rappresentanti del personale medico per fare un piano per la sicurezza all’interno degli ospedali. Sempre sullo stesso tema il sindacato aveva già chiesto un incontro in prefettura in passato, senza però ricevere risposta.
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