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  • Martedì 10 settembre 2024

Alla fine a Torino ha aperto la contestata “stanza per l’ascolto”

È uno sportello per le donne che vogliono abortire, in un ospedale pubblico e finanziato con fondi pubblici, ma gestito da un'associazione antiabortista

(ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)
(ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)
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All’ospedale pubblico Sant’Anna di Torino ha infine aperto la cosiddetta “stanza per l’ascolto”, uno sportello per le donne che vogliono interrompere una gravidanza gestito da un’associazione antiabortista di ispirazione cattolica vicina alla destra, la federazione regionale del Movimento per la Vita. La sua apertura è stata fortemente contestata da associazioni femministe e per i diritti civili fin dalla firma della convenzione che l’ha permessa, oltre un anno fa.

La convenzione è stata firmata dal Movimento per la Vita e dall’Azienda ospedaliero-universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, uno dei poli sanitari pubblici più grandi in Italia: lo sportello, inoltre, verrà mandato avanti grazie al cosiddetto “Fondo vita nascente”, approvato con una delibera dalla Regione Piemonte e finanziato negli anni scorsi con oltre 400mila euro e poi con quasi un milione di euro per il 2024.

Lo sportello è stato promosso dall’assessore regionale alle Politiche sociali, Maurizio Marrone, di Fratelli d’Italia, che fa parte della giunta regionale guidata da Alberto Cirio di Forza Italia. Riferendosi alle utenti, Marrone ha detto che lo sportello servirà a «far superare le cause che potrebbero indurle alla interruzione della gravidanza».

La “stanza per l’ascolto” è un’aula aperta in un punto piuttosto defilato dell’ospedale Sant’Anna, a cui si accede su appuntamento: lunedì 9 settembre è stato il primo giorno di apertura, e non ci sono state richieste di accesso. Concretamente lo sportello prevede che gruppi di due volontari o volontarie del Movimento per la Vita, appositamente formati, ricevano le donne che desiderano interrompere la propria gravidanza. Le utenti possono prenotare un appuntamento allo sportello spontaneamente e direttamente, oppure possono essere indirizzate al servizio dal personale sanitario dell’ospedale.

Attraverso la “stanza per l’ascolto” il Movimento per la Vita dovrebbe fornire assistenza materiale e un sostegno economico una tantum alle donne e alle famiglie che scelgono di non interrompere la gravidanza.

Una delle questioni più contestate riguarda proprio l’utilizzo dei fondi pubblici con cui verrà mandato avanti lo sportello: Claudio Larocca, presidente regionale del Movimento per la Vita, ha detto che il fondo servirà ad acquistare materiali per la prima infanzia, come latte in polvere o pannolini, da dare a chi dichiara di aver deciso di abortire per motivi economici per provare a convincerla a cambiare idea.

Non c’è però molta chiarezza sull’esatto utilizzo dei fondi, e il timore di chi contesta lo sportello è che la mancanza di vincoli permetta all’associazione di usarli per una campagna attiva di promozione delle proprie attività, per esempio per distribuire volantini e materiali informativi antiabortisti: è una questione ritenuta problematica perché sarebbero pratiche contrarie alla libertà di scelta delle donne e alla loro autodeterminazione e perché sarebbero promosse con fondi pubblici, quindi per un’iniziativa dello Stato e in contraddizione con il proprio ordinamento giuridico che garantisce il diritto all’aborto.

Sarah Disabato, consigliera regionale in Piemonte per il Movimento 5 Stelle, di cui è anche capogruppo in Regione, ha annunciato un esposto alla Corte dei Conti per modificare i criteri per la rendicontazione dei fondi pubblici, secondo lei poco oggettivi e trasparenti: «come verranno utilizzati questi soldi? C’è una graduatoria ISEE [l’indicatore che serve a inquadrare il reddito delle famiglie e regolare l’accesso ad alcuni sgravi fiscali e prestazioni], come per altri bandi pubblici?», dice Disabato. Il bando per il finanziamento del “Fondo vita nascente” prevede che il 35 per cento dei fondi venga usato tra consulenze esterne, pubblicità e promozione delle attività, formazione del personale sui temi al centro dello sportello: tutte cose che secondo Disabato si traducono nella diffusione di «propaganda antiabortista» in un ospedale pubblico.

L’ospedale Sant’Anna di Torino è il primo in Italia per numero di parti (nel 2022 ce ne sono stati 6.414) ed è anche il primo in Piemonte per numero di interruzioni volontarie di gravidanza: nel 2021 ne sono state fatte circa 2.500, il 90 per cento di quelle effettuate a Torino e il 50 per cento di tutta la regione.

Contro l’apertura della “stanza dell’ascolto”, a ottobre del 2023 il sindacato CGIL e il movimento femminista Se Non Ora Quando Torino avevano presentato un ricorso d’urgenza al TAR, il tribunale amministrativo regionale, chiedendo che l’accordo venisse revocato perché ritenuto in violazione dei principi della legge 194 che consente l’aborto. A gennaio però il TAR aveva respinto il ricorso d’urgenza, perché la stanza era inagibile quindi l’urgenza non sussisteva. Il TAR aveva rimandato a data da destinarsi un’udienza in cui discutere l’opportunità o meno di aprire lo sportello: al momento non ci sono novità.

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