Ci servirebbe una macchina che annusa

Una startup vuole insegnare a un'intelligenza artificiale come riconoscere gli odori, una missione complessa che avrebbe applicazioni dalla cosmetica alla medicina

Immagine ottenuta con un sistema di intelligenza artificiale (DALL•E 3)
Immagine ottenuta con un sistema di intelligenza artificiale (DALL•E 3)

Gli odori hanno un ruolo centrale nella nostra percezione del mondo, eppure buona parte del funzionamento dell’olfatto rimane un mistero. Sappiamo che microscopiche strutture (i recettori) nel naso rilevano le sostanze in sospensione nell’aria che respiriamo e inviano un segnale al cervello, che elabora quell’informazione dandoci la consapevolezza di avere appena percepito un odore, ma non comprendiamo ancora perfettamente come. Osmo, una società statunitense con grandi finanziatori come Google, dice di avere fatto importanti progressi per risolvere il mistero insegnando alle macchine a riconoscere gli odori, naturalmente usando sistemi di intelligenza artificiale.

Il capo di Osmo è Alex Wiltschko, un neurobiologo originario del Texas che ha fatto fortuna in California lavorando diversi anni a Google, prima che da una delle divisioni di ricerca della società nascesse la sua startup. Fin da quando era ragazzino Wiltschko è ossessionato dai profumi, al punto da averne una piccola collezione ed essere incuriosito dal modo in cui ciascuno di noi li percepisce, con una certa componente di soggettività. Fu quella curiosità a spingerlo a studiare neurobiologia e a conseguire un dottorato, che però non riuscì a mettere a frutto in ambito accademico, dove non sembrava esserci molto interesse per la biologia dell’olfatto.

Wiltschko lasciò l’università, lavorò in varie società e infine trovò impiego a Google Research, dedicata alla ricerca di prodotti innovativi, dove divenne il responsabile di un gruppo di lavoro che si occupava di “olfatto digitale”. La sua idea, che avrebbe poi continuato a sviluppare con Osmo, era di creare un sistema per mappare gli odori, sviluppando sensori e sistemi informatici per la loro identificazione e in prospettiva per lo sviluppo di nuove molecole. Le applicazioni potrebbero essere molteplici, dalla produzione di profumi alla ricerca di deterrenti più efficaci contro gli insetti, passando per sensori in grado di diagnosticare malattie in base all’odore prodotto dai pazienti.

Per lungo tempo l’olfatto ha ricevuto meno attenzioni rispetto ad altri sensi come la vista e l’udito, forse anche a causa della sua enorme e talvolta sfuggente complessità. I nostri occhi vedono una certa porzione della luce, definibile e misurabile, così come le nostre orecchie percepiscono i suoni con una frequenza compresa in un certo intervallo, anche in questo caso misurabile e analizzabile. Per l’olfatto è tutto più complicato: le sostanze che stimolano la nostra percezione sono potenzialmente miliardi e ciò che rende possibile identificarle, i recettori, sono strutture minuscole con una grande varietà di forme e funzioni. Si stima che siano almeno 400, contro i due tipi di recettori che rendono possibile la visione.

Secondo Wiltschko, l’unico modo per padroneggiare una tale complessità è costruire una mappa, come del resto abbiamo fatto per definire la varietà di colori che possono vedere i nostri occhi o i suoni che possiamo percepire con le orecchie. Le mappe sono una delle invenzioni più efficaci per ridurre la complessità, o per lo meno per costruirne più livelli via via più articolati e dettagliati. La semplificazione che offre una cartina di un quartiere cittadino è ideale per essere gestita con le nostre conoscenze e capacità mentali, ma più una mappa diventa articolata più è difficile navigarla e per questo Osmo lavora con sistemi di intelligenza artificiale in grado di produrre la mappa stessa e di orientarsi al suo interno.

(James Glossop/WPA Pool/Getty Images)

I cartografi degli odori sono partiti da alcuni cataloghi di profumi realizzati negli anni, che descrivono sia la struttura delle molecole che producono determinati odori sia le loro caratteristiche quando vengono inalati: fruttato, legnoso, affumicato e così via. I cataloghi più grandi comprendono migliaia di molecole, ma non è sempre semplice trovare relazioni tra loro in modo da poterli organizzare in una mappa, che per esempio comprenda un’isola di odori che evocano la sensazione del fresco e un’altra dello stantio. Due composti chimici estremamente simili tra loro possono produrre due odori completamente diversi, mentre due molecole con strutture molto diverse tra loro possono produrre odori simili.

Osmo ha quindi fatto allenare un sistema di intelligenza artificiale in modo che da quei cataloghi organizzasse gli odori in una mappa con circa 5mila punti, collegati tra loro su più livelli e da utilizzare per provare a prevedere le caratteristiche di altri odori non compresi nei cataloghi stessi partendo unicamente dalle caratteristiche della loro molecola. Una volta realizzato, il modello è stato messo alla prova confrontando le sue previsioni con le valutazioni di un gruppo di volontari.

A 15 persone sono state proposte alcune centinaia di aromi, con la richiesta di odorarli e di descriverli scegliendo da un elenco di cinquanta parole come “tropicale” e “affumicato”. La percezione degli odori è soggettiva, ma nel complesso nelle valutazioni c’era prevalenza di determinate parole. Il gruppo di ricerca ha poi confrontato le descrizioni fornite dai volontari con quelle prodotte dal sistema di intelligenza artificiale, che si basavano esclusivamente sull’interpretazione della struttura delle molecole di quegli aromi. Lo studio scientifico in cui è raccontato l’esperimento ha segnalato che l’AI riesce a fare un lavoro di identificazione e mappatura migliore di quello che riesce a fare una persona addestrata per catalogare gli odori.

Il modello sviluppato da Osmo ha ricevuto grandi attenzioni, ma la società è distante da un uso commerciale. Nella percezione degli odori sono coinvolti molti altri fattori legati al funzionamento dei recettori e degli enzimi che intervengono sui composti che inaliamo con l’aria. La grande varietà di recettori implica che ci possano essere interazioni tra loro di tipo diverso a seconda delle sostanze, con esiti che variano da persona a persona. È il motivo per cui alcuni percepiscono come più intensi alcuni profumi, al punto da trovarli fastidiosi rispetto ad altri. Districarsi in queste sfumature è difficile, ma Wiltschko ritiene che la capacità di una AI di navigare e organizzare la complessità possa essere la risposta. Un tipo di risposta molto conveniente.

Le valutazioni variano molto, ma si stima che il mercato dei profumi abbia un valore annuo intorno ai 30 miliardi di dollari. È un settore particolarmente remunerativo soprattutto per i produttori di cosmetici e profumi, con alti ricarichi resi possibili soprattutto dalle collaborazioni delle società che li sviluppano con i grandi marchi di moda. Trovare le giuste combinazioni di aromi sta però diventando sempre più difficile perché si fatica a trovare nuove molecole.

(Justin Sullivan/Getty Images)

Le società che se ne occupano investono ingenti quantità di denaro per sintetizzarne di nuove, ma poche si rivelano poi adatte per essere impiegate in un profumo. Alcune non sono persistenti a sufficienza dopo l’applicazione sulla pelle, altre sono poco stabili o si disgregano troppo facilmente quando sono miscelate con altri composti. Una nuova molecola di sintesi deve essere inoltre testata per verificarne la sicurezza, con regole che variano a seconda dei paesi. Può quindi accadere che un composto che sembrava molto promettente debba essere accantonato dopo anni di sviluppo, rendendo fallimentare l’investimento iniziale.

In futuro i sistemi sviluppati da Osmo, e da altre società che seguono approcci simili, potrebbero essere impiegati per sviluppare velocemente nuove molecole usando le loro articolate mappe degli odori. L’idea è che si possa chiedere al sistema un aroma di cedro maturato al Sole nell’aria salmastra del Mediterraneo d’estate, ottenendo come risposta la formula chimica delle sostanze per realizzarla. In ultima istanza, potrebbe essere il sistema stesso a provvedere alla sua sintesi, uno scenario che per i più scettici è da fantascienza allo stato attuale delle conoscenze e delle tecnologie.

I modelli basati sulle AI potrebbero rivelarsi utili anche per sviluppare nuovi sistemi per l’analisi e la rivelazione degli odori. Macchinari di questo tipo esistono già da tempo, ma di solito sono altamente specializzati nel riconoscere determinate sostanze. I cosiddetti “nasi elettronici” sono impiegati per esempio per rilevare gli inquinanti presenti nell’aria come il diossido di azoto o il monossido di carbonio, o per valutare l’impatto olfattivo di impianti industriali nelle prossimità dei centri abitati. Non esistono però nasi elettronici versatili e con capacità paragonabili a quelle del nostro olfatto, e soprattutto non forniscono descrizioni delle sensazioni che evocano le sostanze odorose.

Oltre ai recettori che abbiamo nel naso, la nostra esperienza con gli aromi è fortemente legata all’attività cerebrale. Il nostro cervello è estremamente abile nell’interpretare i segnali che riceve quando odoriamo qualcosa e alcune persone hanno capacità più spiccate di altre. L’“iperosmia” è una condizione che determina questa capacità e può portare a esiti sorprendenti, come la capacità di distinguere l’odore di una malattia degenerativa, prima che questa diventi evidente in chi ne è affetto. Imitando questa capacità si potrebbero quindi realizzare nasi elettronici per aiutare i medici nella diagnosi precoce di alcune malattie, intervenendo con le terapie prima ancora della comparsa di sintomi.

Un naso elettronico basato sull’intelligenza artificiale come quello cui sta lavorando Osmo potrebbe rivelarsi utile anche per un altro tipo di prevenzione. Ogni anno in tutto il mondo ci sono circa 250 milioni di casi di malaria trasmessa dalle zanzare, con oltre 600mila morti annue per la malattia. Intervenire sulle popolazioni di zanzare e sui metodi per prevenire il loro morso è essenziale per ridurre i contagi e di conseguenza i decessi, ma fare prevenzione è costoso e richiede grandi sforzi organizzativi, non sempre praticabili nelle aree più povere del mondo. Un migliore repellente contro le zanzare potrebbe fare la differenza.

Reti per ridurre il rischio di contagi da malaria dovuti alle zanzare in una capanna in Cambogia nel 2010 (Paula Bronstein/Getty Images)

Per questo la Bill & Melinda Gates Foundation, che finanzia da anni progetti per contrastare la diffusione della malaria, ha investito 3,5 milioni di dollari in Osmo scommettendo sulle capacità dei suoi sistemi per sviluppare in futuro repellenti di nuova generazione contro le zanzare. Questi insetti trovano le loro prede, per lo più gli esseri umani, grazie a recettori estremamente sensibili all’anidride carbonica e ad altre sostanze volatili che produciamo con la traspirazione.

I repellenti le mascherano in modo da risultare meno appetibili alle zanzare, ma contengono sostanze da utilizzare con cautela e c’è il sospetto che generazione dopo generazione le zanzare abbiano iniziato ad adattarsi e a non trovarle più repellenti come un tempo. Conoscendo il funzionamento dei recettori delle zanzare, i sistemi di Osmo e quelli sviluppati da altre società potrebbero essere impiegati per sviluppare sostanze per eluderli e che al tempo stesso richiedano meno precauzioni per il loro utilizzo rispetto ai repellenti attuali.

Wiltschko aveva iniziato a lavorare con i sistemi di intelligenza artificiale ben prima che iniziasse l’euforia degli ultimi anni, spinta soprattutto dai successi di ChatGPT di OpenAI. Il maggiore interesse verso queste tecnologie ha comunque favorito gli investimenti anche nel settore in cui è attiva Osmo, che dovrà quindi confrontarsi con altre aziende e startup interessate a risolvere il mistero dell’olfatto, o almeno a provarci.