L’Agenzia mondiale antidoping ha ancora almeno 3 settimane per fare appello contro l’assoluzione di Jannik Sinner

Jannik Sinner dopo la vittoria agli US Open (AP Photo/Julia Nikhinson)
Jannik Sinner dopo la vittoria agli US Open (AP Photo/Julia Nikhinson)

Una precedente versione di questo articolo diceva erroneamente che Sinner era stato definitivamente prosciolto dalle accuse di doping: ci scusiamo per l’errore, che è stato corretto.

*****

L’Agenzia mondiale antidoping (WADA) ha fatto sapere di non avere ancora deciso se fare ricorso o meno contro la sentenza che il 20 agosto aveva stabilito l’innocenza del tennista italiano Jannik Sinner in un procedimento per doping. Martedì 10 settembre scadeva il termine di 21 giorni dalla sentenza all’interno dei quali la WADA e la NADO (l’Agenzia antidoping italiana) potevano presentare il ricorso: il regolamento mondiale antidoping però dà alla WADA (articolo 13.2.3.5) ulteriori 21 giorni per poter fare ricorso dal momento in cui riceve la documentazione completa sul caso (il conteggio può quindi ripartire se vengono presentati documenti aggiuntivi).

Non è chiaro se e quando la WADA abbia ricevuto la documentazione completa sul caso di Sinner dopo la sentenza di assoluzione, ma martedì 10 settembre l’agenzia ha chiarito all’agenzia di stampa Associated Press di avere ancora almeno 3 settimane per poter fare ricorso. Il caso quindi non si può ancora considerare chiuso e la sentenza di assoluzione di Sinner non è ancora definitiva, come inizialmente riportato da alcune testate, compreso il Post, sulla base del fatto che erano trascorsi 21 giorni dalla sentenza senza che fosse presentato un ricorso.

Il procedimento su Sinner era stato avviato dopo che lo scorso marzo il tennista era risultato positivo a due controlli antidoping. Sinner era risultato positivo al clostebol, uno steroide anabolizzante che aumenta le prestazioni sportive e che è proibito dalla WADA. I livelli di clostebol registrati erano stati però bassissimi: durante un primo controllo era stata rilevata una concentrazione nelle urine di 86 picogrammi per millilitro, e nel secondo di 76 picogrammi per millilitro, cioè una concentrazione inferiore a 0,1 milionesimi di grammo per litro. Secondo la versione fornita dalla difesa di Sinner, il tennista sarebbe entrato in contatto con il clostebol per via di un medicinale spray utilizzato dal suo fisioterapista per curare un taglio che si era procurato a una mano dopo un torneo. Il tribunale l’aveva assolto dicendo che non aveva «alcuna colpa o negligenza» nell’assunzione, una formula di assoluzione piena che gli aveva permesso di evitare del tutto squalifiche.