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  • Martedì 10 settembre 2024

Il gas russo potrebbe smettere del tutto di passare per l’Ucraina

Le forniture potrebbero interrompersi a fine anno causando vari problemi soprattutto ad Austria, Slovacchia e Ungheria

Tubi del gas in una stazione di compressione in Slovacchia, in una foto del 2014
Tubi del gas in una stazione di compressione in Slovacchia, in una foto del 2014 (AP Photo/Petr David Josek)
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Benché la guerra in Ucraina vada avanti da due anni e mezzo, e benché l’Europa abbia ridotto notevolmente la propria dipendenza dal gas naturale proveniente dalla Russia, in Ucraina sono ancora attivi i gasdotti che trasportano il gas russo verso i paesi europei. Questa situazione potrebbe sembrare paradossale: il paese invaso (l’Ucraina) mantiene attive le infrastrutture per il trasporto di materie prime del paese invasore (la Russia), anche nel pieno della guerra tra i due. Inoltre la Russia continua a pagare regolarmente all’Ucraina il costo del transito, che vale circa 800 milioni di dollari all’anno: come se la guerra non ci fosse.

La situazione è il risultato di un accordo che i due paesi stipularono nel 2019, prima dell’inizio della guerra, e che entrambi continuano a onorare per convenienza reciproca: l’Ucraina ottiene i costi di transito e la Russia mantiene un accesso al mercato europeo. A fine anno, però, questo accordo scadrà e con ogni probabilità non sarà rinnovato. Questo potrebbe mettere in difficoltà alcuni paesi dell’Europa centrale, oltre che le finanze dello stato ucraino.

Per decenni l’Ucraina è stata, assieme alla Bielorussia, il paese di maggior transito del gas russo verso l’Europa. In seguito all’invasione su larga scala del paese, nel febbraio del 2022, l’Unione Europea ha messo in atto un ampio e sofferto piano per ridurre la propria dipendenza dal gas russo, riuscendoci. Dall’inizio della guerra in Ucraina le esportazioni di gas russo verso l’Europa sono crollate: se prima coprivano circa il 40 per cento del fabbisogno europeo, nel 2023 erano circa l’8 per cento.

I traffici di gas però non si sono mai fermati del tutto, e in particolare tre paesi europei continuano a dipendere dal gas russo trasportato tramite i gasdotti ucraini: nel 2023 l’Ungheria importava dalla Russia il 47 per cento del suo gas, la Slovacchia l’89 per cento e l’Austria il 97 per cento.

Operai vicino a un impianto di trasporto del gas in Ucraina, in una foto del 2014

Operai vicino a un impianto di trasporto del gas in Ucraina, in una foto del 2014 (AP Photo/Sergei Chuzavkov, file)

Questa situazione ha consentito di trovare un certo equilibrio: l’Ucraina ha continuato a gestire normalmente i gasdotti e la Russia ha continuato a pagare i costi di transito. L’accordo ha anche garantito ai gasdotti ucraini di essere risparmiati dagli attacchi russi: mentre la Russia ha bombardato in maniera sistematica molte infrastrutture ucraine, i gasdotti sono rimasti largamente intatti, proprio perché trasportavano gas russo.

A fine anno questo equilibrio potrebbe interrompersi: l’accordo del 2019 è in scadenza e si ritiene che non sarà rinnovato perché la sua convenienza si è ridotta soprattutto per la Russia, che ha ormai rinunciato al mercato del gas europeo. Sarà invece un problema per l’Ucraina, che perderà una fonte notevole di ricavi in un momento piuttosto complicato per la sua economia.

La scadenza dell’accordo avrà conseguenze negative anche per i tre paesi dell’Europa centrale che ancora dipendono dal gas russo. Ungheria, Slovacchia e Austria hanno mantenuto il loro legame con la Russia un po’ per ambiguità politiche (soprattutto il governo ungherese è molto vicino al regime russo di Vladimir Putin) e un po’ per obblighi contrattuali: i fornitori di gas di tutti e tre i paesi hanno ancora attivi contratti di lungo termine con Gazprom, l’azienda gasifera statale russa, che li costringerebbe a pagare grosse penali in caso di violazione.

Se l’accordo di transito tra Russia e Ucraina non sarà rinnovato i tre paesi dovranno trovare rapidamente delle alternative, e potrebbe essere complicato. In questi due anni e mezzo di guerra l’Unione Europea è riuscita a ridurre il proprio utilizzo di gas russo soprattutto comprando gas naturale liquefatto (GNL, o LNG nel più comune acronimo inglese), che solitamente viene trasportato via nave da paesi come gli Stati Uniti, il Qatar e l’Azerbaijan e poi riportato allo stato gassoso grazie all’utilizzo di rigassificatori. Paesi come l’Italia e la Germania, che dispongono di grandi porti e avevano già alcuni rigassificatori attivi, hanno avuto una certa facilità ad abbandonare il gas russo in favore del GNL importato da altri paesi. Il passaggio è invece più complicato per i paesi dell’Europa centrale, che non hanno sbocchi sul mare. Non è chiaro quali potrebbero essere le alternative.

Un’ipotesi che sta circolando è che l’Azerbaijan, che già rifornisce di GNL vari paesi europei tra cui l’Italia, rifornisca anche i tre paesi dell’Europa centrale, immettendo il proprio gas negli stessi oleodotti già usati dalla Russia. È però uno scenario improbabile, sia perché richiederebbe ancora la collaborazione della Russia sia perché si ritiene che l’Azerbaijan non abbia gas sufficiente per rifornire così tanti paesi europei.

Inoltre, se i gasdotti ucraini dovessero essere dismessi potrebbero diventare un obiettivo per i bombardamenti russi. C’è poi il rischio che, senza la necessaria manutenzione, le infrastrutture si degradino e diventino rapidamente inutilizzabili.