Le novità sull’inchiesta di Perugia
Oltre a Pasquale Striano è indagato anche un funzionario dei servizi segreti, e intanto la procura di Perugia ha inviato le carte alla commissione Antimafia
Nell’inchiesta della procura di Perugia sui presunti accessi abusivi alle banche dati della Direzione nazionale antimafia, e la conseguente rivelazione di informazioni riservate, è indagato anche un uomo dell’AISE (Agenzia informazione e sicurezza esterna), cioè i servizi segreti per l’estero. È una delle maggiori novità emerse sull’inchiesta, che da quando se n’è cominciato a parlare a marzo scorso ha avuto sviluppi più marginali relativi alle modalità delle indagini. Sui media ci si riferisce a questa inchiesta come al “caso dossieraggio”, anche se non si sa se l’accesso alle banche dati e ai documenti riservati servisse effettivamente a un dossieraggio, cioè una raccolta di documenti a fini ricattatori.
L’inchiesta in questione era iniziata da un esposto che il ministro della Difesa Guido Crosetto aveva fatto in seguito alla pubblicazione di un articolo del quotidiano Domani che conteneva informazioni molto riservate sul suo conto, e in realtà va avanti almeno dall’estate del 2023. Al centro delle indagini ci sono un sottufficiale della Guardia di Finanza, Pasquale Striano, e un ex sostituto procuratore della Direzione nazionale Antimafia, Antonio Laudati, ritenuti responsabili di accessi illeciti a banche dati per ottenere informazioni compromettenti su esponenti politici, imprenditori, personaggi dello spettacolo e dello sport. Si parla di oltre 7.000 a varie banche dati, con 33.528 file scaricati.
Si sapeva già che oltre a Striano e a Laudati sono indagate anche altre persone, ma il coinvolgimento del funzionario dei servizi segreti è stato reso noto solo domenica. L’uomo sarebbe un amico di Striano, e di lui si parlava nella richiesta di arresti domiciliari fatta dalla procura di Perugia lo scorso maggio nei confronti di Striano e Laudati, poi respinta a luglio dal giudice per le indagini preliminari (gip). Nella richiesta, citata dal Corriere della Sera, il procuratore di Perugia Raffaele Cantone e la sostituta procuratrice Laura Reale scrivono che l’uomo avrebbe chiesto a Striano informazioni su un sacerdote assai influente. Striano si sarebbe raccomandato di tenerle riservate perché altrimenti avrebbero potuto risalire a lui. Secondo i procuratori, dalla loro conversazione emerge una certa familiarità.
Striano lavorava all’ufficio che si occupa delle cosiddette SOS, le segnalazioni di operazione sospetta: sono le segnalazioni che le banche sono tenute a fare alla Banca d’Italia quando notano movimenti sospetti sui conti correnti, come grossi versamenti in contanti, bonifici provenienti dall’estero e in generale operazioni che non rientrano nelle abitudini di un certo correntista (sono segnalazioni che servono a individuare potenziali operazioni connesse al riciclaggio di denaro o comunque alla criminalità organizzata). Secondo le informazioni della procura, le segnalazioni sul sacerdote riguardavano un assegno di 148mila euro e cospicui movimenti di contanti.
Ci sarebbe poi almeno un altro contatto tra Striano e il funzionario, in cui il primo avrebbe offerto al secondo un file «che nessuno ha» con «le 500 imprese italiane rette dai russi».
Buona parte dell’inchiesta si sta concentrando sui motivi che hanno spinto Striano a fare tutti questi presunti accessi illeciti. Molte delle informazioni ottenute venivano inviate ai giornali, ma Cantone non ritiene verosimile che Striano agisse solo per fare favori ai cronisti. Nella richiesta di arresti domiciliari scriveva che erano in corso accertamenti su eventuali mandanti. Peraltro visto che non si sa quali fossero le ragioni degli accessi, c’è chi sostiene che sia improprio parlare di “dossieraggio”, che prevede una raccolta di documenti a fini ricattatori.
Cantone a inizio settembre ha annunciato di voler inviare gli atti dell’inchiesta alla commissione parlamentare Antimafia, che tratterà il caso l’11 settembre, in polemica con il gip che gli ha respinto la richiesta. Secondo la procura infatti Striano e Laudati avrebbero potuto continuare a commettere i reati di cui erano accusati, oppure inquinare le prove a loro carico, e per questo chiedevano al tribunale di metterli in custodia cautelare.
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