Il Kosovo ha chiuso due passaggi di frontiera con la Serbia, a causa di proteste e blocchi stradali dall’altra parte del confine

Soldati polacchi impegnati nella missione della NATO "KFOR" al confine di Merdare tra Kosovo e Serbia, 6 settembre 2024 (REUTERS/ Valdrin Xhemaj
Soldati polacchi impegnati nella missione della NATO "KFOR" al confine di Merdare tra Kosovo e Serbia, 6 settembre 2024 (REUTERS/ Valdrin Xhemaj

Sabato il Kosovo ha chiuso due passaggi di frontiera con la Serbia, a causa delle proteste di un gruppo di manifestanti serbi che venerdì avevano organizzato un blocco stradale dall’altra parte del confine, costringendo diverse persone con documenti kosovari a tornare indietro. I manifestanti protestavano per chiedere il ritiro delle truppe della polizia kosovara dal nord del Kosovo, un’area abitata prevalentemente da persone di etnia serba, e la riapertura di cinque “istituzioni temporanee” gestite dalla Serbia che pochi giorni fa il governo kosovaro aveva chiuso, giudicandole incostituzionali. Le proteste avevano creato intoppi vicino a tre passaggi: sono stati chiusi quelli di Merdare e Brnjak, mentre altri quattro restano aperti.

Il Kosovo faceva parte della Jugoslavia, e nonostante sia uno stato indipendente dal 2008 le circa 50mila persone di etnia serba che vivono nel nord del paese non riconoscono la sua indipendenza, non hanno mai voluto integrarsi nel resto del paese e e accusano il governo kosovaro di limitare i loro diritti. I serbi kosovari sono circa il 10 per cento della popolazione del Kosovo (su un totale di circa 1,5 milioni di abitanti) e sono sempre rimasti molto legati al governo serbo, anche per quanto riguarda servizi pubblici come scuole e ospedali, cosa che negli anni ha provocato scontri e tensioni. Il governo del Kosovo ha sempre rifiutato la richiesta di concedere un’autonomia più ampia ai comuni serbi del nord, così come di formare una comunità autonoma, per il timore di non riuscire più a esercitare la piena sovranità su questo territorio.

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