Pollo o pasta?
I pasti offerti dalle compagnie aeree sono quasi sempre miseri e sciapi, ma hanno una storia gloriosa alle spalle che spiega il loro presente poco saporito
Lo scorso luglio un aereo della compagnia aerea statunitense Delta Air Lines partito da Detroit e diretto ad Amsterdam ha dovuto effettuare un atterraggio di emergenza a New York, non per un problema tecnico dell’aeroplano o del maltempo, ma a causa della muffa. Dopo avere ricevuto il loro pasto, decine di passeggeri avevano notato la presenza di una patina di muffa sul cibo, che avrebbe potuto causare intossicazioni e problemi di salute. Non sapendo quante persone avessero consumato porzioni avariate, su consiglio dei consulenti sanitari della compagnia aerea il comandante aveva deciso di interrompere il viaggio e atterrare a New York.
Arrivati in aeroporto, alcuni passeggeri erano stati sottoposti ad accertamenti medici, senza che fossero rilevati particolari problemi. Il rischio era che alcune persone potessero sentirsi male nelle ore restanti del volo con disturbi tipici di una intossicazione alimentare, come vomito e diarrea, che nei soggetti più deboli possono avere serie conseguenze. Non è ancora chiaro che cosa fosse andato storto nella preparazione dei pasti, che vengono poi scaldati a bordo, ma la notizia ha riportato una certa attenzione sulla qualità del cibo che viene offerto dalle compagnie aeree.
Che sia di carne, pesce o vegetariano, raramente un pasto a bordo è memorabile: il profumo è pressoché assente, il sapore è blando e la consistenza lascia spesso a desiderare. La causa è dovuta in parte alle condizioni in cui viene consumato: tra i 9mila e i 12mila metri di altitudine, in un grande cilindro pressurizzato per riprodurre condizioni di pressione sopportabili dal nostro organismo (quelle che si trovano a circa 2.400 metri) e con un ambiente particolarmente secco.
L’umidità relativa in un aereo è del 20 per cento circa (ma si può arrivare anche al 5 per cento, più o meno come nei deserti della regione sahariana) quindi molto inferiore rispetto al 40-60 per cento che si registra spesso alle nostre latitudini. La scarsa umidità fa sì che le mucose del naso e della bocca siano più asciutte e questo può influire sulla capacità di percepire gli odori e i sapori. Negli ultimi decenni vari studi hanno segnalato come sia effettivamente questo il motivo per cui i pasti a bordo ci sembrano poco saporiti.
Chi progetta i menu per i pasti a bordo lo sa e cerca di aggirare il problema, studiando ricette che prevedono maggiori quantità di sale e zucchero, in modo da renderle più gustose. L’aggiunta di quantità eccessive di sale può però essere un problema, perché peggiora quella costante sensazione di sete che percepiscono molte persone durante il volo. Ci sono poi motivi di salute che spingono a non esagerare con il sale e per questo da qualche tempo nelle ricette vengono aggiunte spezie, quasi sempre tipiche delle cucine orientali dove sono usate per insaporire il cibo. Insomma, c’è un motivo se la “portata” principale del pasto che si consuma a bordo è spesso al curry.
La diversa percezione del cibo in aereo influisce anche sulle scelte di molte persone per quanto riguarda le bevande. Tra le più richieste ci sono di solito il succo di arancia e quello di mela, anche da parte di persone che non li consumano mai o comunque molto raramente. Entrambi i succhi hanno una forte componente acida, che viene percepita più facilmente anche in condizioni in cui non si colgono molto gli aromi a causa della secchezza delle mucose nasali. Anche il caffè è di solito molto richiesto perché ha un sapore forte, che si perde meno nelle condizioni poco favorevoli per il palato mentre si è in volo.
Le compagnie aeree più grandi hanno cucine-laboratori dove si sperimentano e mettono a punto le nuove ricette, con vari mix di spezie e altri accorgimenti, ma le decine di migliaia di pasti necessarie ogni giorno per i voli sono poi prodotte esternamente da società di catering. È raro che una compagnia aerea riveli quale sia il suo principale fornitore e spesso una stessa società di catering rifornisce più compagnie, con sovrapposizioni e logiche di mercato molto articolate soprattutto per quanto riguarda la logistica.
Le grandi società di catering per il settore aereo hanno più stabilimenti collocati quasi sempre nelle vicinanze degli “hub” dei loro clienti più importanti, cioè degli aeroporti usati dalle compagnie aeree come principali punti di partenza per i loro voli a lungo raggio. Dopo essere stati preparati nelle stesse vaschette che finiranno sui tavolini dei passeggeri, i pasti vengono surgelati o mantenuti a bassa temperatura e consegnati in aeroporto, dove sono poi trasferiti sugli aerei.
Dopo il decollo, i pasti vengono scaldati dall’equipaggio così come li hanno ricevuti nelle vaschette sigillate e sono poi distribuiti ai passeggeri, con l’aggiunta degli alimenti da consumare freddi come un’insalata, della frutta o un dessert. In questo modo si riduce il rischio di versare qualcosa di rovente mentre i pasti vengono scaldati e si evitano anche contaminazioni. Nel caso dei pasti avariati dello scorso luglio su Delta Air Lines è probabile che la contaminazione fosse avvenuta nell’impianto di produzione o che fosse stata interrotta la catena del freddo prima del trasferimento del cibo sull’aereo.
Le società di catering, come qualsiasi altra azienda del settore alimentare, devono rispettare leggi e procedure per garantire la sicurezza di ciò che producono e sono sottoposte a controlli periodici, anche se non sono frequenti allo stesso modo in tutte le parti del mondo. Da tempo ci si confronta invece sulla scarsità di controlli sull’acqua che viene utilizzata a bordo.
Nella maggior parte dei casi l’acqua offerta ai passeggeri è imbottigliata, ma quella utilizzata per preparare tè e caffè può provenire dai serbatoi di acqua potabile dell’aeroplano. I serbatoi devono essere sanificati periodicamente, almeno una volta al trimestre, ma a volte il problema non deriva tanto dalle loro condizioni quanto da quelle dell’acqua stessa. Un aereo che viene preparato per un volo di ritorno intercontinentale potrebbe trovarsi in un paese dove ci sono diversi standard per l’utilizzo dell’acqua rispetto a quello di provenienza, con le conseguenze del caso.
Le intossicazioni alimentari in aereo non sono comunque molto frequenti, anche se ci sono dubbi sulla possibilità di tenerne facilmente traccia, visto che i sintomi possono manifestarsi a diverse ore di distanza dal volo. Chi riscontra problemi tende a ricondurre la causa a ciò che ha consumato nel paese di destinazione, dove magari c’è una cucina molto diversa da quella cui è abituato, e non a qualcosa che aveva mangiato a bordo. I rischi in generale sono comunque limitati soprattutto grazie a quanto industrializzato è diventato il processo di preparazione dei pasti per gli aerei, ma non è sempre stato così.
Tra le due guerre mondiali l’aviazione civile era ancora ai suoi primordi, ma mostrava di avere grandi potenzialità, soprattutto grazie ai progressi tecnologici di quegli anni, molti dei quali derivavano dall’industria bellica. Gli aeroplani diventarono via via più grandi e spaziosi e si aprirono maggiori opportunità per offrire alcuni servizi a bordo ai danarosi passeggeri che li utilizzavano. Il cibo era il servizio più apprezzato e già a partire dalla seconda metà degli anni Trenta alcune compagnie aeree avevano iniziato a offrire pasti caldi, grazie a piccole cucine installate a bordo. Il cibo era in parte preparato a terra e scaldato in volo e in parte cucinato direttamente dall’equipaggio, come nel caso delle uova sbattute o di altre pietanze che richiedevano poco tempo per essere preparate.
Tra gli anni Cinquanta e Sessanta il settore del volo aereo civile iniziava a essere maturo e a differenziare la propria offerta, con classi per rispondere alle esigenze economiche di più fasce della popolazione (il prezzo di un volo di linea era comunque alto se confrontato con i prezzi odierni di molte tratte). Come oggi, anche negli anni Sessanta i pasti in prima classe e business erano più elaborati e sfarzosi, ma un passeggero in economica poteva comunque avere un pasto di tutto rispetto: crema di pomodoro, carne di vitello con riso pilaf, insalata e dessert, il tutto accompagnato da una selezione di vini francesi.
All’epoca non c’erano schermi integrati nei sedili per guardare film e serie tv, le possibilità di svago erano limitate e il cibo era la principale forma di intrattenimento per i passeggeri. In alcuni paesi come gli Stati Uniti dove i prezzi dei biglietti erano regolamentati dal governo, il cibo era anche la principale forma di marketing per attirare i clienti ed evitare che preferissero la concorrenza.
Quando alla fine degli anni Settanta il settore aereo fu deregolamentato caddero molti vincoli sui prezzi e le compagnie aeree iniziarono a farsi un tipo diverso di concorrenza basato su quanto chiedevano ai loro clienti per volare. Il prezzo dei biglietti divenne centrale rispetto a quello dei servizi e l’attenzione verso i pasti a bordo si ridusse. C’era del resto una crescente quantità di persone interessate a volare e al tempo stesso disposte a fare qualche sacrificio sul cibo pur di pagare meno.
La massificazione del trasporto aereo ha aperto molte più possibilità di viaggio e di scoprire altre parti del mondo per centinaia di milioni di persone, ma ha anche reso necessario il ripensamento di buona parte delle strategie commerciali seguite dalle compagnie aeree. Le forti difficoltà nel settore determinate dagli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, dalla crisi finanziaria del 2008 e dalla pandemia da coronavirus tra il 2020 e il 2022 hanno influito fortemente sui prezzi e sull’offerta dei voli di linea. Oggi i pasti compresi nel prezzo del biglietto sono quasi esclusivamente offerti sui voli intercontinentali o comunque di lunga durata, mentre per tutti gli altri i pasti sono extra quasi sempre da ordinare a bordo.
Le porzioni non sono l’unica cosa a essersi ridotta sugli aerei. Gli spazi in classe economica sono diventati più risicati, al punto da rendere difficoltoso il consumo stesso dei pasti sui tavolini dei sedili. Le compagnie aeree gestiscono del resto i loro voli con margini economici ridotti e cercano di ottimizzare gli spazi e ridurre le spese ovunque sia possibile. Negli ultimi anni si sono raggiunti nuovi estremi, ma non è certo un fenomeno recente.
Negli anni Ottanta American Airlines, una delle principali compagnie aeree statunitensi, era alla ricerca di nuovi accorgimenti per ridurre i costi e competere meglio con la concorrenza, mentre il settore si confrontava con i primi effetti della deregolamentazione. Fu in quella circostanza che il suo capo, Robert L. Crandall, ebbe l’idea di risparmiare dove nessun altro si era ancora avventurato: le olive. Chiese di eliminarne solo una dall’insalata che veniva offerta ai passeggeri sui voli American Airlines, dicendo che nessuno si sarebbe mai accorto della differenza di un’oliva. Quella differenza portò a un risparmio annuo di circa 40mila dollari.