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  • Venerdì 6 settembre 2024

«Dipingere è un altro sport»

Emiliano Ponzi, tra i più noti illustratori italiani contemporanei, racconta in un libro com'è tornare dal lavoro in digitale alla pittura

Emiliano Ponzi intento a dipingere
Emiliano Ponzi mentre dipinge (Marco Rosella)
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La casa editrice Corraini ha appena pubblicato Work in progress un libro che racconta la storia artistica di Emiliano Ponzi, probabilmente il più noto e importante illustratore italiano contemporaneo. Ponzi è famoso soprattutto per le sue illustrazioni in digitale, che ha realizzato per copertine di libri, riviste, quotidiani e per importanti marchi internazionali, come l’azienda di gioielli Tiffany e l’azienda di abbigliamento e accessori di lusso Hermès (ha anche disegnato i quattro manifesti del festival Pensavo Peccioli, curato dal Post).

Dopo più di 20 anni di lavoro in digitale, Ponzi ha ripreso a dipingere sulla tela, dove ha riportato alcune delle sue illustrazioni più famose. In Work in progress racconta la sua scelta, spiega le differenze tra le due tecniche, riflette sul suo modo di lavorare e sull’attività artistica in generale. Le sue osservazioni sono accompagnate da contributi della curatrice d’arte Maria Vittoria Baravelli, dell’art director Steven Heller e del curatore d’arte Damiano Gullì, da immagini di sue illustrazioni e tele, e da fotografie che lo mostrano al lavoro. Di seguito trovate un po’ di foto e qualche estratto dal libro.

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Una foto di Ponzi al lavoro

(Foto di Marco Rosella)

ERRORI
Spaventarsi per un errore di valutazione, fallire in qualcosa è, nel mondo statunitense in cui vivo, parte di un processo culturalmente accettato e sedimentato. Cadere e rialzarsi sono entrambi funzionali all’atto di camminare, sono quasi inscindibili. L’apprendimento non è una linea retta ma è costituita da picchi e valli. Sbagliare, essere frustrati per questo e ricominciare è l’unico modo per migliorarsi.

Nelle illustrazioni digitali l’errore è gestibile e il processo creativo è qualcosa che avviene su una linea retta i cui estremi sono la confusione, da un lato, e l’ordine, dall’altro. Lungo quest’asse mi muovo in maniera fluida cambiando i colori, ricalibrando la composizione (ingrandendo o rimpicciolendo un soggetto o un oggetto), concentrandomi in maniera rapida e dinamica sul particolare e poi sul generale. Non devo avere la mano ferma per tracciare una linea retta perché lo fa il computer e nemmeno devo preoccuparmi della diluizione di un colore bagnando spesso il pennello per ottenere una superficie mossa, anche in questo caso posso delegare al computer. Certo, devo conoscere il mezzo, le sue potenzialità e i suoi limiti.

Dipingere è un altro sport. Nel mio modo di approcciare la pittura tutta la sperimentazione viene fatta altrove. Quando sono sulla tela devo sapere con un’ottima approssimazione cosa fare. Ho una versione digitale dell’opera su cui ho una versione digitale dell’opera, da cui effettuo lo studio dei colori originali, li riproduco in acrilico dividendoli poi in vasetti numerati più o meno grandi. Traccio le forme sul quadro, trasferisco il disegno a matita sulla tela in maniera abbastanza precisa grazie a un proiettore, in modo da restituire le stesse proporzioni del disegno-test in digitale, le stesse morfologie e la stessa armonia tra le forme. Capisco quale parte va dipinta per prima, la gerarchia degli elementi, di solito inizio dai soggetti più lontani come fossero livelli, dal background al primo piano, in modo da non avere sporcature eccessive sui contorni.

Una foto di Ponzi al lavoro

(Foto di Marco Rosella)

FISICITÀ
Dal 2000, l’anno in cui mi sono laureato allo IED di Milano e dunque l’anno in cui ho iniziato la carriera di illustratore, ho sempre lavorato in digitale sperimentando diversi programmi, diversi computer, attraversando le tecnologie così come ci venivano proposte, aspettando gli eventi Apple a Cupertino, guardandoli in streaming di notte, in attesa del computer che avrebbe reso il lavoro più veloce e più performante… tutto questo mondo visto e vissuto da una sedia.

Se hai bevuto un po’ troppo la sera prima, se hai un po’ di mal di testa, qualche linea di febbre non c’è problema. Sarai un po’ più lento nelle varie operazioni, un po’ meno lucido nel riempire il file digitale di pennellate che abbiano una bella forma, nel trovare l’accostamento giusto, farai qualche “undo” in più rispetto alla norma, salverai più versioni del file: final image 1.psd, final image 2.psd… final image 8.psd, ma in qualche modo riuscirai a consegnare il tuo lavoro dignitosamente.

Se invece devi dipingere il problema c’è. Il corpo ha un ruolo importante in una pratica dove il controllo e la resistenza sono fondamentali. Ho lavorato a un ritmo altissimo con quadri di una dimensione media di 1,5 × 1,5 metri. Ne ho realizzati 15 in 2 mesi. Circa 2 a settimana: srotolare la tela, tagliarla, appenderla sulla parete di legno, tirarla con martello e puntine, dare il fondo, realizzare il disegno di base, creare tutti i colori ad acrilico in appositi contenitori ermetici, campire, lavorare sui dettagli. Questo significa chiedere al corpo di essere presente sia in attività dove la forza fisica è coinvolta, come sollevare e appendere una tela di 2 metri, sia in attività dove la precisione, la coordinazione tra mano e mente sono fondamentali.

Sembra banale ma anche un pranzo troppo pesante inficia la quantità di tempo in cui si riesce a lavorare stando in piedi. Dipingere richiede una consapevolezza dei limiti che esulano la forza di volontà e si scontrano con la materia organica, la base del nostro essere, il nostro corpo, la sua resistenza e la sua tenuta.

Una foto di Ponzi al lavoro

(Foto di Marco Rosella)

TALENTO
Nell’antica Grecia il talento era un’unità di misura legata al commercio, il valore di una merce espresso attraverso un suo corrispondente in metalli preziosi. Semplificando, era una moneta. Dunque, anche in senso etimologico il termine “talento” è storicamente legato a qualcosa di valore. Non saprei però davvero in riferimento a cosa, a me continua a suonare come una parola vuota e fumosa. È un sostantivo con cui abbiamo apparentemente molta familiarità ma a pensarci bene non riesco a dargli una definizione precisa: riesco solo a declinarlo nel suo significato più “alto”, accostandolo ai geni nella storia passata e presente che hanno compiuto rivoluzioni epocali e la cui mente sfuggiva a qualsiasi logica e categorizzazione.

Nel suo uso più comune mi sembra più appropriato definirlo come una serie di capacità, un concentrato di hard o soft skills talvolta molto specifiche e talvolta diffuse che ci fanno pensare superficialmente a qualcuno come a “una persona di talento” quando invece avrebbe più senso dire “bravo a suonare l’arpa”, “bravo a dipingere paesaggi”, “bravo a tenere conferenze”. Ma è poi il concetto di talento così importante? O forse lo è più quello di vocazione e il conseguente concetto di dedizione? Sentirsi nel posto giusto e poter godere nel concentrarsi a fare qualcosa che ci appassiona. Quelle ore spese al tavolo dediti a disegnare una linea non sono forse la moneta più preziosa che abbiamo?

Una foto di Ponzi al lavoro

(Foto di Marco Rosella)

SINFONIA
Dipingere è un processo assai più lento del lavoro digitale, dove, in pochi minuti, si può avere un’idea complessiva delle forme, dei colori, dei rapporti e dei pesi tra i diversi elementi compositivi. Nei quadri, soprattutto quelli di grandi dimensioni, la visione d’insieme arriva dopo, serve una grande quantità di pazienza ed è necessario sospendere il giudizio per un po’.

Con le prime fasi del processo iniziano anche i primi dubbi su quanto i colori che sto utilizzando siano “giusti” rispetto alla reference da cui sono partito. Preparo i colori mischiandoli a mano, testandoli su un pezzo bianco di tela e affiancandoli alle altre tinte del quadro per capire se funzionano insieme. Devo fidarmi di quello che ho fatto e dei test cromatici. Salvo evidenti errori di cromie, devo andare avanti e aggiungere altri dettagli, perché la distanza tra il bozzetto che ho di fianco e l’opera diminuisca in fretta, rassicurandomi. Aggiungo quindi linee, dettagli e segni.

Tutto questo crea una sinfonia dove ogni sfumatura, ogni pennellata di colore diverso, rappresenta una nota. Più note aggiungo e più la musica assume un corpo e riesco quasi a sentirla. Valutare gli abbinamenti solo da un paio di colori è prematuro e non permette di percepire nessun ritmo o vibrazione d’insieme.

(da Work in progress, Emiliano Ponzi, Corraini 2024)

Una foto della copertina del libro; la foto è stata scattata da Marco Rosella

La copertina del libro; la foto è stata scattata da Marco Rosella (Corraini)