Tra Salieri e Mozart non c’era poi tutta questa rivalità

Nel film “Amadeus”, uscito quarant'anni fa, il primo è così invidioso dell'altro da ucciderlo, ma è una specie di leggenda

Una scena di Amadeus in cui Mozart bacia la mano a Salieri (Photo12/ AMLF/ Saul Zaentz Company via Contrasto)
Una scena di Amadeus in cui Mozart bacia la mano a Salieri (Photo12/ AMLF/ Saul Zaentz Company via Contrasto)
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Il 6 settembre del 1984, quarant’anni fa, fu proiettato per la prima volta a Los Angeles Amadeus, il film del regista ceco Miloš Forman vincitore di otto Oscar, tra cui miglior regia, miglior film e miglior attore protagonista. Amadeus racconta la vita, il successo e i tormenti del celeberrimo compositore austriaco Wolfgang Amadeus Mozart, raccontati da un ancora più tormentato Antonio Salieri, a sua volta uno dei compositori di maggior successo di fine Settecento.

Tutto il film si basa sulla presunta invidia di Salieri per lo straordinario talento di Mozart e ha contribuito ad alimentare l’errata convinzione che fosse un compositore scarso e così astioso da averlo persino ucciso: è un ritratto però molto fuorviante, che romanza ed esagera una rivalità che non fu affatto così aspra, e minimizza molto l’importanza e il talento di Salieri, ampiamente riconosciuti dagli intenditori di musica classica.

Le opere e le sinfonie di Mozart sono tra le più conosciute della storia, così come la sua biografia, a partire da quando era un bambino prodigio, portato dal padre Leopold in giro per le corti europee per far ammirare il suo talento. Meno nota ai non appassionati è invece la storia di Salieri, che trascorse la gran parte della sua vita a Vienna, dove nel 1774 fu nominato compositore di corte dell’imperatore Giuseppe II d’Asburgo, e oggi è un po’ dimenticato, o ricordato perlopiù nella versione raccontata in Amadeus.

La storia del presunto rapporto complicato tra i due fu raccontata dal poeta e drammaturgo russo Alexander Pushkin nel dramma del 1830 Mozart e Salieri, circolò per tutto l’Ottocento e poi fu amplificata soprattutto dal film, pur senza evidenti prove storiche. Dal momento che Amadeus è un adattamento dell’omonima opera teatrale del 1979 di Peter Shaffer, ispirata a sua volta a quella di Pushkin, c’è chi è arrivato a dire che «Salieri non uccise Mozart, ma Salieri fu di sicuro ucciso da Pushkin».

Quando Mozart si stabilì nella capitale austriaca, nel 1781, Salieri era già una celebrità. Nato a Legnago nel 1750, Salieri cominciò a interessarsi alla musica grazie al fratello maggiore Francesco, e continuò a studiare musica e canto prima a Padova e poi a Venezia. Lì fu notato dal compositore austriaco Leopold Florian Gassmann che nel 1766 lo portò con sé appunto a Vienna, che era uno dei principali centri culturali del tempo sia per la tradizione musicale classica italiana, sia per lo sviluppo di quella tedesca.

Grazie alla guida dell’operista Christoph Willibald Gluck, nei due decenni successivi Salieri diventò uno dei maggiori esponenti europei del Classicismo, dedicandosi a composizioni musicali che integrassero anche elementi recitati e corali. Tra le altre cose scrisse la musica per L’Europa riconosciuta, l’opera presentata durante l’inaugurazione del Teatro alla Scala di Milano nel 1778, mentre a Parigi ebbe un grande successo sia con Les Danaïdes (1784) che con Tarare (1787), con libretto scritto dal drammaturgo francese Pierre-Augustin de Beaumarchais, quello a cui si devono Il barbiere di Siviglia e Il matrimonio di Figaro. Nel 1788, ormai molto noto, tornò definitivamente a Vienna, dove rimase fino alla morte, nel 1825.

Secondo le poche testimonianze dirette del tempo Salieri era un uomo riflessivo e composto, a volte irascibile ma amichevole, mentre Mozart un tipo decisamente più eccentrico. Questa è anche la caratterizzazione dei personaggi in Amadeus, dove Salieri (interpretato dal vincitore del premio Oscar F. Murray Abraham) ritiene che la musica di Mozart (Tom Hulce) sia divina e miracolosa, ma al tempo stesso è disgustato dal suo stile di vita lascivo, che ritiene immaturo e immorale, al punto di risultare arrogante. Se è plausibile che i due fossero in competizione tra loro, secondo la gran parte degli storici e dei musicologi Salieri non aveva motivo di essere invidioso di Mozart.

Un ritratto di Antonio Salieri dipinto da Joseph Willibrord Mähler (Wikimedia Commons)

Salieri aveva una posizione di maggiore prestigio rispetto a Mozart, che nel frattempo si era a sua volta affermato tra le altre grazie alla commedia Le nozze di Figaro (1786) e al dramma giocoso Don Giovanni (1787). In genere poi le opere da musicare venivano proposte prima a lui.

Come ha ricordato il professore di musicologia Bruce Alan Brown, la moglie di Mozart, Constanze, spiegò che originariamente il libretto di Così fan tutte, una delle sue opere di maggior successo, era stato offerto a Salieri: quest’ultimo però abbandonò la stesura ritenendo il soggetto troppo licenzioso e «non degno di essere musicato». Nel 1791 Mozart musicò anche La clemenza di Tito, che anche in questo caso era stata proposta prima a Salieri: il musicologo statunitense John A. Rice cita una sua lettera in cui spiegava di averci dovuto rinunciare perché era così impegnato da aver declinato anche un’opera per una cerimonia di incoronazione in Boemia.

Nel periodo in cui entrambi vissero a Vienna inoltre Salieri guidò spesso Mozart nel suo lavoro. Composero insieme la cantata per voce e piano Per la ricuperata salute di Ofelia e quando Salieri fu scelto come responsabile del coro imperiale, nel 1788, decise di presentare proprio un’opera di Mozart, anziché una sua. Nella sua ultima lettera prima di morire, nell’ottobre del 1791, Mozart scrisse che Salieri aveva «visto e ascoltato con tutta la sua attenzione» Il flauto magico, la sua ultima opera, e non c’era stato «un attimo dall’ouverture all’ultimo coro in cui non avesse esclamato un ‘Bravo!’ o un ‘Bello!’».

Eventuali risentimenti potevano dipendere più che altro dal fatto che alla fine del Settecento la gran parte dei direttori d’orchestra e compositori più stimati era italiana, ed era parere condiviso anche nella corte imperiale che l’opera dovesse essere in italiano. In questo contesto i compositori che volevano musicare opere in tedesco si sentivano in qualche modo ostacolati, e come compositore di corte Salieri era il principale destinatario di questo risentimento. Tra le altre cose Mozart si sarebbe indispettito perché nel 1781 come insegnante di musica per la duchessa Elisabetta di Württemberg era stato scelto Salieri e non lui; in una lettera destinata al padre inoltre si lamentò del fatto che «l’unico che contava» agli occhi dell’imperatore fosse proprio Salieri.

Una scena del film in cui Mozart fa la sua risata fastidiosa e irriverente: un dettaglio che deriverebbe da alcune lettere scritte da due donne che lo avevano conosciuto, di cui però non c’è traccia (Photo12/ 7e Art/ Contrasto)

Che i gusti della corte avessero un’influenza enorme al tempo lo ricorda sempre Rice, spiegando che secondo diversi storici Mozart aveva accettato di musicare La clemenza di Tito piuttosto malvolentieri. Giuseppe II non amava l’opera seria, che era un genere ritenuto antiquato ma piaceva invece al nuovo imperatore Leopoldo II. Secondo queste ricostruzioni Mozart insomma accettò di musicare un’opera che non gli interessava perché sapeva che quel tipo di repertorio sarebbe stato molto richiesto, e così si sarebbe garantito lavoro per l’imperatore anche in futuro.

Se mai Salieri fosse stato invidioso di Mozart, probabilmente lo sarebbe stato dopo la sua morte, che avvenne nel dicembre del 1791 in circostanze mai del tutto chiarite. A differenza di Mozart, lui era stato molto famoso anche in vita, ma dall’inizio dell’Ottocento la sua musica cominciò a essere considerata un po’ passata, e al contempo quella di Mozart cominciò a essere celebrata, così come la sua figura. Fu in quel periodo che assieme alle voci sulla loro presunta rivalità si diffusero anche quelle secondo cui era stato Salieri a provocare la sua morte.

La leggenda secondo cui Mozart sarebbe stato ucciso deriva da una lettera inviata alla moglie in cui scriveva di essere convinto che qualcuno lo stesse avvelenando. Era una teoria che risultava affascinante proprio perché Salieri e Mozart erano compositori molto noti ma anche due persone molto diverse, e che oltretutto sembrava verosimile anche perché attorno al 1823 fu lo stesso Salieri a sostenere di averlo avvelenato.

La confessione di Salieri è citata da diverse fonti, tra cui i cosiddetti Quaderni di conversazione, cioè una serie di raccolte di pensieri e appunti presi dagli interlocutori di Ludwig van Beethoven nell’ultima parte della sua vita. Salieri però soffriva di demenza, era ricoverato da tempo e in un momento di lucidità negò tutto. A oggi non c’è alcuna prova sul fatto che Mozart possa essere stato ucciso, anche perché il suo corpo fu sepolto in una tomba comune di Vienna, in quello che oggi è un parco pubblico, e non si sa esattamente dove si trovi.

Salieri morì nel 1825 a 74 anni, dopo aver trascorso quasi due decenni componendo pochissima nuova musica e insegnando canto e composizione ad allievi celebri, come appunto Beethoven, Franz Schubert e Franz Liszt. L’opera di Shaffer in effetti non lo presenta come un assassino, mentre quella di Pushkin si basa sull’idea che un talento come quello di Mozart doveva essere necessariamente un’opera di Dio. Agli occhi di Salieri, come si vede nel film, pertanto non c’era giustizia nel fatto che quel talento fosse nelle mani di una persona così frivola. Nell’opera di Pushkin dice: «Dov’è giustizia, Dio, se il dono sacro, se l’immortale genio non è dato in premio a sacrifici, amore ardente, preghiere, zelo diligente, studio, e illumina un pazzo, un vagabondo ozioso! … Oh Mozart, Mozart!».

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