Produrre sia pianoforti sia motociclette

Yamaha è forse la più conosciuta tra le tante aziende che, per contingenze storiche e per altri fattori, producono da oltre un secolo cose impensabilmente diverse l’una dall’altra

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Un meme circolato molto su X nelle settimane scorse ha descritto le reazioni di curiosità e sorpresa che suscita a volte apprendere che una certa azienda nota per un determinato prodotto, per esempio pianoforti, ne produca anche altri completamente diversi, per esempio motociclette. È un argomento che riemerge spesso sui social, generando ciclicamente reazioni di stupore, interesse e ilarità.

L’esempio dei pianoforti e delle motociclette è uno dei più citati perché descrive un caso reale, probabilmente il più conosciuto: quello dell’azienda giapponese Yamaha. Ma altri esempi abbastanza chiari di società che producono cose impensabilmente diverse l’una dall’altra sono LG, che produce televisori ma anche frigoriferi e lavatrici, o Hitachi, il cui logo si può osservare tanto su un climatizzatore quanto su una draga, un escavatore o una macchina per le risonanze magnetiche.

L’eterogeneità della produzione di diverse grandi aziende multinazionali ha a che fare in alcuni casi con le storie particolari e più o meno eccezionali di ciascuna azienda, a volte influenzate da fattori contingenti o da passate condizioni favorevoli per un’espansione delle aziende stesse sul mercato. In altri casi è una conseguenza dell’applicazione di strumenti e competenze specifiche, precedentemente maturate in un determinato settore, estesa a settori affini per interesse economico o per ragioni di altro tipo. Ed è una condizione che, tra le aziende del mondo, interessa in particolare alcune fondate in Giappone.

È facilmente intuibile, per esempio, che alcune conoscenze tecniche o infrastrutture necessarie per la produzione di una draga possano tornare utili anche per produrre escavatori. Ma lo stesso discorso vale per l’elettronica di consumo, un settore da tempo centrale per la produzione di vari elettrodomestici, anche molto diversi l’uno dall’altro. Che è la ragione per cui non è poi così sorprendente che un’azienda specializzata in smartphone, tablet o altri dispositivi elettronici possa anche produrre climatizzatori e aspirapolveri, peraltro di ottima qualità.

Un pregiudizio abbastanza diffuso quando si valuta l’acquisto di uno di questi prodotti di consumo è che un’azienda famosa per l’eccellenza di una certa produzione difficilmente otterrà risultati altrettanto eccellenti in una produzione completamente diversa. È un pregiudizio che tende a trascurare, prima di tutto, che possono esserci molti punti in comune tra settori industriali apparentemente distanti – l’elettronica e l’industria automobilistica, per esempio – e che essere forte in uno dei due può essere trainante anche per l’altro.

Ma tende a trascurare anche un’altra possibilità: che a una stessa azienda multinazionale facciano capo divisioni più o meno autonome, spesso aziende più piccole che esistevano già – ed erano specializzate in una certa produzione – prima di essere acquisite da un’azienda più grande, che magari si occupava di tutt’altro.

Anche la storia di Yamaha, lunghissima e per molti aspetti abbastanza eccezionale, dimostra in generale come sia possibile per una stessa azienda costruire prodotti di primo livello in settori ad altissima specializzazione, tenendo testa ad aziende concorrenti che magari fanno soltanto pianoforti (Steinway), o soltanto sistemi hi-fi (Marantz), o soltanto batterie (Tama). Che sono peraltro tutti settori non solo commerciali ma artistici, in cui sfumature e sottigliezze pesano moltissimo sui gusti personali.

Quando fu fondata nel 1887 da Torakusu Yamaha a Hamamatsu, in Giappone, Yamaha si occupava principalmente di organi a canne e pianoforti, come peraltro mostra il logo dell’azienda: tre diapason incrociati (all’inizio era una fenice cinese con un diapason nel becco). Nei primi decenni del Novecento l’azienda intensificò ed estese la produzione di strumenti musicali, anche di armoniche, diventando un riferimento per l’industria manifatturiera nazionale. Durante la Seconda guerra mondiale fu quindi incaricata della produzione di eliche per gli aeroplani.

Alla fine della guerra, per far fronte alle gravi difficoltà economiche condivise con altri settori in tutto il paese, l’azienda riutilizzò parte delle attrezzature e dei prodotti bellici per sviluppare veicoli per il pubblico: attività che portò alla creazione di una divisione motociclistica, nel 1955. Ma sfruttò anche l’esperienza maturata nel suo business principale, quello degli strumenti musicali: per produrre i cilindri del motore, per esempio, impiegò le tecniche di fusione utilizzate per creare i telai dei pianoforti.

Il primo prodotto della nuova divisione fu la YA-1, una motocicletta monocilindrica a due tempi da 125 cc: era di fatto una copia della tedesca DKW RT 125, liberamente riprogettata da Yamaha – con qualche modifica – perché il diritto d’autore della DKW sul progetto era stato annullato dagli Alleati dopo la guerra.

I successi della YA-1, sia nelle vendite che in diverse gare sportive, permisero a Yamaha di diventare in breve tempo una delle principali aziende automobilistiche nazionali, al livello di Honda e Suzuki. Le ingenti risorse economiche e professionali portarono alla diversificazione della produzione, che incluse progressivamente motori, motoslitte, barche, golf cart, biciclette, scooter, trattori e spazzaneve.

Nel frattempo la divisione musicale, a fronte dell’aumento della domanda di sistemi di riproduzione dei dischi in vinile, aveva prodotto nel 1954 il Yamaha HiFi Player, uno dei primi giradischi stereo in commercio e il primo in assoluto ad avere nel nome la parola “Hi-Fi”. Nei decenni successivi, oltre che avviare la produzione di strumenti a fiato, avviò nei primi anni Ottanta quella di una serie di pianoforti di grande successo commerciale: i Clavinova, strumenti interamente elettronici che riproducono le sonorità e il tocco dei pianoforti acustici. E nel 1983 Yamaha commercializzò il primo vero sintetizzatore interamente digitale, lo Yamaha DX7.

– Leggi anche: Come i sintetizzatori impararono a parlare tra di loro

Il digitale è un settore in cui Yamaha è ancora oggi un punto di riferimento nel mercato, come mostra un’altra linea più recente di pianoforti “ibridi”, i silent piano (pianoforti acustici in cui è possibile disattivare il suono impedendo ai martelletti di colpire le corde, sfruttando comunque la tastiera per generare il suono digitale). Senza contare che anche per alcuni classici pianoforti a coda, in particolare il CFX, Yamaha è considerata da diversi musicisti una validissima alternativa a Steinway.

Le sovrapposizioni tra l’industria bellica, quella automobilistica e altre apparentemente slegate sono evidenti anche in un caso per certi versi simile a Yamaha, ancora più antico: l’azienda svedese Husqvarna. È una delle più importanti al mondo per le attrezzature da giardinaggio e gli utensili per l’edilizia leggera, la cui produzione dipende tra l’altro dalle divisioni aziendali più recenti. Fu fondata nel 1689 come fabbrica di armi da fuoco per l’esercito, ma nel corso degli anni convertì la produzione e sfruttò le conoscenze e le attrezzature acquisite per diversificare le attività, cominciando a produrre nella seconda metà dell’Ottocento macchine da cucire ed elettrodomestici (divisione che sarebbe poi stata acquisita dal gruppo svedese Electrolux nel 1977).

Nei primi anni del Novecento Husqvarna avviò anche la produzione di motociclette, che è la ragione per cui capita abbastanza spesso di leggere il nome dell’azienda oggi. Alcune sue moto furono tra le più vincenti degli anni Sessanta e Settanta nelle gare di motocross e di enduro (gare lunghe su percorsi accidentati). La divisione motociclistica fu poi acquisita nel 1987 dall’italiana Cagiva, ma il marchio passò nel 2007 al gruppo BMW e nel 2014 all’azienda austriaca KTM, che lo utilizza tuttora sulle proprie moto nella classe Moto3 del Motomondiale.

Veijer impegnato in una curva

Il pilota olandese Collin Veijer della squadra Husqvarna durante le qualifiche del Gran Premio di Gran Bretagna di Moto3 a Northampton, il 3 agosto 2024 (Mirco Lazzari/Getty)

Un altro esempio di azienda presente in numerosi settori industriali ma comunemente associata a quello automobilistico è la giapponese Mitsubishi, una delle più grandi società finanziarie al mondo. Fu fondata nel 1870 a Osaka come azienda di trasporti navali da Yataro Iwasaki, discendente di una famiglia di guerrieri samurai che un secolo prima aveva perso il proprio status durante la grande carestia di Tenmei. Sfruttando i suoi legami con il governo giapponese, a cui aveva fornito diverse imbarcazioni per l’invasione di Taiwan, Iwasaki estese i suoi interessi anche all’industria mineraria, alle costruzioni navali su larga scala e alla finanza.

Nel Novecento la diversificazione e la modernizzazione delle attività di Mitsubishi fu soprattutto merito dell’intraprendenza del figlio di Iwasaki e del figlio di suo fratello Yanosuke, che avevano entrambi studiato negli Stati Uniti e, da presidenti, trasformarono le divisioni esistenti in società semiautonome. Grazie all’esperienza delle società che confluirono nel gruppo, Mitsubishi diventò una delle prime aziende nel settore dei macchinari, delle apparecchiature elettriche e dell’industria chimica, oltre che nella progettazione di automobili, aeromobili, carri armati e autobus.

Alla costruzione di uno dei più famosi carri armati giapponesi prodotti da Mitsubishi e usati nella Seconda guerra mondiale, il Type 95 Ha-Go, contribuì peraltro un’altra azienda poi diventata una grande società multinazionale, la Hitachi, che nel 1910 era un’officina di macchinari per l’estrazione mineraria gestita da un riparatore molto intraprendente, Namihei Odaira. La costruzione artigianale di un piccolo motore elettrico da 5 cavalli lo aveva convinto due anni dopo a fondare l’azienda, che nei primi anni produsse oltre ai motori apparecchiature elettriche, macchine industriali, attrezzature per l’edilizia, generatori, pompe, cavi elettrici e trasformatori.

Tre persone dialogano vicino a un grande escavatore arancione

L’escavatore Hitachi EX1200 alla fiera internazionale delle attrezzature per l’edilizia a Changsha, in Cina, il 22 maggio 2021 (Huangdan2060/Wikimedia)

Come altre aziende simili, Hitachi ebbe un ruolo fondamentale nella ricostruzione dell’industria giapponese dopo la Seconda guerra mondiale, dapprima nella produzione di energia elettrica, e in seguito anche nella costruzione di reattori nucleari: attività da cui ricavò nel tempo un’esperienza poi riutilizzata anche nello sviluppo di apparecchiature per la radiodiagnostica in ambito medico.

A partire dagli anni Cinquanta, sfruttando stabili rapporti di cooperazione con il governo e stipulando diversi accordi all’estero (principalmente negli Stati Uniti), Hitachi estese progressivamente sia la ricerca e lo sviluppo che la produzione, fino a comprendere elettrodomestici, condizionatori d’aria, radio a transistor, tv a colori, semiconduttori, microprocessori, chip e computer.