Cosa si sa dell’omicidio di Antonio Bellocco
L'esponente della cosca omonima è stato ucciso vicino a Milano da un capo ultras dell'Inter: l'ipotesi è che c'entrino gli affari criminali che ruotano intorno al tifo organizzato
Mercoledì mattina Antonio Bellocco – legato a una cosca della ‘ndrangheta di Rosarno, in Calabria, ed esponente del tifo organizzato dell’Inter – è stato ucciso a Cernusco sul Naviglio, vicino a Milano, da un capo ultras sempre dell’Inter: Andrea Beretta.
Secondo le prime ricostruzioni dei carabinieri l’omicidio è avvenuto poco prima delle 11 in via Besozzi, all’interno di un’auto parcheggiata nel cortile della palestra “Testudo”, frequentata da Bellocco e Beretta, dagli ultras interisti e anche da esponenti di CasaPound. Bellocco era arrivato in palestra, dove Beretta si stava allenando, pochi minuti prima del fatto. I due, dopo essersi salutati, sarebbero usciti insieme per salire sull’auto. Per motivi che non sono ancora stati chiariti Bellocco avrebbe sparato con la pistola a Beretta tra la gamba e il fianco, e lui avrebbe reagito accoltellandolo alla gola e uccidendolo. Sul posto sono arrivati i carabinieri di Pioltello e i soccorsi. Beretta, ferito all’anca, è stato arrestato e portato all’ospedale San Raffaele di Milano.
Bellocco e Beretta si conoscevano, si frequentavano e la sera prima dell’omicidio avevano giocato insieme a calcetto.
Andrea Beretta è uno dei capi ultras della Curva Nord dell’Inter. Ha un lungo elenco di condanne per reati da stadio, ma non solo: furto, droga, violenza, minacce, lesioni. Negli anni ha ricevuto diversi Daspo, cioè divieti di accedere alle manifestazioni sportive, che ha più volte violato: l’ultimo, di dieci anni, gli era stato dato anche a seguito di una brutale aggressione a un venditore ambulante avvenuta all’esterno dello stadio Meazza di Milano prima di una partita. Beretta ha un negozio di abbigliamento e merchandising dell’Inter a Pioltello. Secondo il Corriere della Sera era in società a Cernusco con Roberto Manno, figlio di Francesco e nipote del boss della ‘ndrangheta Alessandro Manno.
Antonio Bellocco era un capo riconosciuto dell’omonima cosca, nata vicino a Rosarno in Calabria ma da tempo radicata anche nel Nord Italia. Arrestato per associazione mafiosa in un’operazione portata avanti dalla direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, aveva scelto di essere processato con rito abbreviato e nel 2014 era stato condannato a 14 anni di carcere. Nel 2019 c’era stata la condanna definitiva con riduzione di pena a nove anni. Dopo essere stato scarcerato e essersi trasferito in Lombardia con la famiglia, Bellocco si era avvicinato alla tifoseria organizzata dell’Inter, ma secondo le prime indagini dei carabinieri la lite con Beretta non sarebbe avvenuta per ragioni legate allo stadio.
Sui giornali circola l’ipotesi che l’omicidio sia in qualche modo legato agli affari criminali che ruotano intorno al tifo organizzato. Repubblica ha ricordato oggi l’intervento di un anno fa del procuratore di Milano Marcello Viola a un’audizione alla Commissione nazionale antimafia, durante la quale aveva parlato di «rapporti non occasionali tra esponenti delle tifoserie organizzate di squadre di calcio e soggetti appartenenti ad associazioni di stampo mafioso, e in analoghi contesti fra tifoserie e gruppi eversivi». Il fenomeno, aveva precisato Viola, «non riguarda solo la criminalità organizzata ma anche gruppi eversivi che operano sul territorio nazionale, con profili di infiltrazione delle tifoserie e, in alcuni più limitati casi, delle stesse società, con attività delittuose di controllo del territorio in maniera concreta. Parlo di controllo dei parcheggi, di rivendita dei biglietti, delle attività di ristorazione».
Questi legami, riferiti alla tifoseria dell’Inter o ad alcuni suoi leader, erano già emersi nel 2022 quando Vittorio Boiocchi, capo ultras della curva dell’Inter di cui Beretta viene descritto come il “braccio destro”, era stato ucciso nella periferia ovest di Milano. Boiocchi aveva una lunga storia criminale, iniziata negli anni Settanta con rapine a supermercati e banche e proseguita con il coinvolgimento in grossi traffici di cocaina. Aveva avuto legami con il clan mafioso dei fratelli Fidanzati negli anni Ottanta e Novanta, mentre in tempi più recenti era stato visto con importanti esponenti della ‘ndrangheta.