Michel Barnier è il nuovo primo ministro francese
È stato nominato dal presidente Emmanuel Macron dopo settimane di stallo: è stato capo dei negoziatori europei di Brexit, tra le altre cose
Giovedì il presidente francese Emmanuel Macron ha nominato primo ministro l’ex commissario europeo Michel Barnier, dopo settimane di stallo e discussioni tra le principali forze politiche francesi. Barnier ha 73 anni e fa parte del partito dei Repubblicani, di orientamento conservatore. In passato è stato più volte ministro, e dal 2016 al 2021 ha ricoperto il ruolo di capo negoziatore dell’Unione Europea per l’attuazione di Brexit.
In un comunicato, Macron ha detto di aver incaricato Barnier di «formare un governo di unità al servizio del paese» e di averlo scelto perché lo ritiene la persona che ha più probabilità di riuscire a ottenere un consenso abbastanza ampio da poter governare, in un momento in cui l’Assemblea Nazionale, la camera bassa del Parlamento, è divisa in quattro blocchi che non vogliono collaborare: l’alleanza di sinistra del Nuovo Fronte Popolare (NFP), arrivata prima alle elezioni legislative di luglio; la coalizione centrista che sostiene Macron; il centrodestra dei Repubblicani, partito fondato dall’ex presidente Nicolas Sarkozy; e il partito di estrema destra Rassemblement National, insieme ad alcuni fuoriusciti dei Repubblicani sotto la guida del presidente del partito Eric Ciotti.
Formalmente Barnier è già primo ministro, perché in Francia questo viene nominato direttamente dal presidente e non ha bisogno di ottenere la fiducia del parlamento per assumerne le funzioni, come succede in Italia. È tuttavia una pratica consolidata, anche se non obbligatoria, che il primo ministro chieda la fiducia pronunciando un discorso davanti all’Assemblea Nazionale, chiamato “dichiarazione di politica generale”, in cui espone il suo programma di governo. Anche se i parlamentari approvassero questo discorso, il governo potrebbe comunque essere sfiduciato attraverso una “motion de censure” (ossia una mozione di sfiducia) proposta da almeno un decimo dei deputati e approvata dalla maggioranza, ossia con almeno 289 voti.
La nomina di Barnier è stata piuttosto inaspettata. Il suo nome era iniziato a circolare mercoledì sera dopo che negli ultimi giorni erano stati considerati come papabili il Socialista Bernard Cazeneuve, che era già stato primo ministro tra il 2016 e il 2017, e il Repubblicano Xavier Bertrand. Martedì scorso Macron aveva escluso di nominare una persona propostagli dal Nuovo Fronte Popolare sostenendo che qualsiasi nome proveniente da quello schieramento politico non avrebbe ottenuto l’appoggio degli altri partiti, che avrebbero subito votato a favore di una mozione di sfiducia.
Questa decisione era stata molto criticata dalla sinistra, poiché da tradizione il primo ministro viene scelto fra gli esponenti del partito o della coalizione che ha vinto le elezioni (quindi, nella situazione attuale, dal Nuovo Fronte Popolare). La nomina di Barnier, che fa parte di un partito che a luglio aveva fatto eleggere 47 parlamentari contro i 193 della sinistra, non ha fatto che peggiorare la situazione.
Bisognerà capire se Barnier riuscirà a mantenere un governo, anche di minoranza, o se l’opposizione riuscirà a raccogliere abbastanza voti per sfiduciarlo: il nuovo governo sarà con tutta probabilità sostenuto dai partiti della coalizione centrista di Macron e dai Repubblicani, che in totale avevano ottenuto l’elezione di 213 parlamentari, ma i principali partiti del Nuovo Fronte Popolare – incluso il più moderato, ossia il Partito Socialista – hanno già detto che proporranno una mozione di sfiducia.
Jordan Bardella, il leader del partito di estrema destra Rassemblement National, ha detto invece che i suoi deputati aspetteranno di sentire la dichiarazione di Barnier prima di decidere se sostenerlo o meno. Se l’estrema destra si astenesse dal votare un’eventuale mozione di sfiducia, il governo di Barnier reggerebbe. Per questo motivo esponenti di sinistra hanno accusato Macron di aver ignorato il risultato elettorale e di aver fatto una sorta di accordo con il Rassemblement National, a cui durante la campagna elettorale si era fortemente opposto.
L’ex presidente Socialista Hollande ha per esempio detto che se Barnier ha potuto essere nominato «è perché il Rassemblement National ha dato una forma di assenso». Questa opinione è stata condivisa anche dal leader di La France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, in un discorso che ha tenuto poco dopo l’annuncio della nomina di Barnier. Altri deputati di sinistra hanno attaccato Barnier per alcune sue prese di posizione quando era deputato, in particolare la scelta di votare contro la depenalizzazione dell’omosessualità nel 1981 (come fece la maggior parte dei deputati di destra di allora), o le sue opinioni molto contrarie all’immigrazione espresse durante le primarie presidenziali del 2022.
La situazione al momento è estremamente complessa anche perché il nuovo governo dovrà presentare al parlamento il progetto di legge di bilancio per il 2025 entro il 1° ottobre. La Francia è inoltre uno dei sette paesi (fra cui c’è anche l’Italia) per i quali la Commissione Europea ha raccomandato l’apertura di una procedura d’infrazione per deficit eccessivo, un’altra questione con cui il prossimo governo dovrà fare i conti.
Michel Barnier è il più anziano primo ministro della Quinta Repubblica francese, iniziata nel 1958, e prende il posto del più giovane mai nominato, ossia Gabriel Attal, che quando assunse l’incarico all’inizio del 2024 aveva 34 anni. Macron l’aveva già considerato come un papabile primo ministro nel 2020 per sostituire Edouard Philippe, ma Barnier aveva rifiutato perché Macron gli aveva chiesto di lasciare il partito dei Repubblicani.
Nonostante Barnier sia in politica dagli anni Settanta e sia stato ministro quattro volte (per l’Ambiente nel 1993, per gli Affari europei nel 1995, per gli Affari esteri nel 2004 e per l’Agricoltura nel 2007) non è molto conosciuto dalla popolazione francese perché negli ultimi 25 anni i suoi incarichi nazionali si sono alternati e poi sono stati sostituiti da incarichi a livello europeo. Dal 1999 al 2004 è stato commissario europeo per le Politiche regionali, e dal 2010 al 2014 commissario europeo per il Mercato interno e i Servizi finanziari. Tra il 2016 e il 2021 è stato capo negoziatore dell’Unione Europea per l’attuazione di Brexit.