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  • Mercoledì 4 settembre 2024

Cosa sappiamo degli ostaggi rapiti da Hamas e ancora a Gaza

Delle 251 persone sequestrate il 7 ottobre, 125 sono tornate in Israele, almeno 70 sono morte e le restanti non si sa dove siano

I manifestanti con i ritratti delle persone rapite da Hamas, il 2 settembre a Gerusalemme
I manifestanti con i ritratti delle persone rapite da Hamas, il 2 settembre a Gerusalemme (AP Photo/Leo Correa)
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Le grosse manifestazioni di domenica e lunedì contro il governo israeliano e il primo sciopero generale in Israele dall’invasione della Striscia di Gaza sono stati organizzati dopo la diffusione della notizia del ritrovamento dei corpi di sei ostaggi a Rafah, comunicata domenica dall’esercito israeliano. Le manifestazioni e lo sciopero chiedevano al governo di Benjamin Netanyahu di permettere un accordo con Hamas: è il modo ritenuto più efficace per riportare in Israele le persone rapite, anche secondo le loro famiglie.

Il 7 ottobre 2023 Hamas aveva rapito 251 persone tra israeliani e stranieri, quasi tutti civili. Finora la stragrande maggioranza degli ostaggi tornati vivi in Israele è stata rilasciata durante la tregua di novembre dell’anno scorso: sono 105 persone. Altre 12 sono state rilasciate in diversi momenti precedenti e successivi alla tregua, e solo 8 ostaggi sono stati liberati con operazioni militari, durante le quali sono state uccise decine di civili palestinesi. Quindi in totale sono 125 le persone prese in ostaggio che son tornate in Israele finora.

Gli ostaggi ancora in vita sono una questione centrale nelle trattative per un cessate il fuoco con Hamas, gruppo che secondo il governo israeliano negli ultimi mesi non è stato in grado di produrre una lista degli ostaggi vivi: un numero su cui anche l’intelligence israeliana ha fatto solo ipotesi. «Nessuno ha un’idea [di quanti siano]», ha detto recentemente un funzionario di Hamas in Libano. Secondo le ultime ricostruzioni delle autorità israeliane, nella Striscia di Gaza ci sono ancora più di 60 ostaggi vivi. Secondo l’intelligence americana, invece, potrebbero essere di meno: al massimo una cinquantina.

Oltre a loro, Hamas non ha restituito i corpi di 34 persone che sono morte sotto la custodia del gruppo: in totale, contando anche i 37 cadaveri recuperati a Gaza, sono almeno 70 gli ostaggi morti a partire dagli attacchi del 7 ottobre. Israele ritiene inoltre che Hamas stia tenendo ancora i cadaveri di due soldati israeliani uccisi nel 2014 e di due persone rapite prima del 7 ottobre.

La commemorazione di Hersh Goldberg-Polin, uno dei sei ostaggi uccisi scoperti a Gaza lo scorso weekend, il 1° settembre a Gerusalemme

La commemorazione di Hersh Goldberg-Polin, uno dei sei ostaggi uccisi scoperti a Gaza lo scorso weekend, il 1° settembre a Gerusalemme (AP Photo/Leo Correa)

Come detto, 105 delle 125 persone liberate finora erano state rilasciate durante la tregua di fine novembre 2023. In cambio, il governo israeliano aveva scarcerato 240 detenuti palestinesi. Gli ostaggi liberati sono quasi tutti donne o minorenni: gli uomini sono considerati da Hamas potenziali combattenti e quindi più “preziosi” in un eventuale scambio di prigionieri.

Un numero più contenuto di ostaggi – otto – è stato liberato nel corso delle operazioni militari o di missioni specifiche. L’ultimo, la settimana scorsa, è stato Kaid Farhan Elkadi, che lavorava come guardia di sicurezza nel kibbutz Magen. A giugno l’esercito aveva recuperato altri quattro ostaggi e a febbraio altri due, con operazioni che secondo il ministero della Sanità di Gaza hanno ucciso complessivamente più di 270 palestinesi. A fine ottobre 2023 era stata invece liberata Ori Megidish, una militare catturata il 7 ottobre.

Lo scorso dicembre l’esercito israeliano aveva ucciso per errore tre ostaggi. Le indagini dei militari avevano concluso che i tre erano riusciti a fuggire dai loro sequestratori, ma i soldati non li avevano riconosciuti e – scambiandoli per miliziani, nonostante fossero disarmati e avessero una bandiera bianca – gli avevano sparato.

Gli ostaggi liberati finora che se la sono sentita di parlare della loro esperienza hanno tutti descritto condizioni durissime. Hanno detto che i miliziani li hanno nascosti nella rete di tunnel; in appartamenti, moschee e in alcuni casi ospedali. Hanno denunciato di aver subìto abusi fisici e psicologici da parte dei rapitori, che hanno negato loro sia l’assistenza medica sia cibo e acqua in quantità adeguate. Infine gli ostaggi sono stati spesso spostati, per rendere più difficile individuarli, e un numero imprecisato di loro era stato consegnato ad altre fazioni islamiste (per esempio il Jihad Islamico disse a ottobre dell’anno scorso di averne una trentina).

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