Perché i pomodori sanno di poco

Si dice spesso che i pomodori "di una volta" erano più gustosi di quelli dei giorni nostri, ma è davvero così? C'entrano la selezione delle varietà più resistenti, ma anche il frigorifero

(Sean Gallup/Getty Images)
(Sean Gallup/Getty Images)
Caricamento player

I pomodori sono tra gli ortaggi più consumati e apprezzati in Italia, eppure c’è la convinzione piuttosto diffusa che il loro sapore non sia più “quello di una volta” e che col tempo la loro qualità sia peggiorata: la polpa è più dura, la buccia è più spessa e il profumo è meno invitante. È un’opinione condivisa da molte persone e deriva in parte da un certo effetto nostalgia, che riguarda molti altri alimenti che si ritiene fossero più gustosi nei tempi passati, ma c’è probabilmente qualche elemento di verità.

Negli ultimi anni alcuni studi scientifici hanno indicato come le varietà moderne più diffuse di pomodoro, selezionate per essere più adatte alla produzione industriale, siano un po’ meno saporite e con meno aroma rispetto a prima. La maggiore domanda, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, spinse i produttori di pomodori a privilegiare la coltivazione e la selezione di varietà che fossero più resistenti per proteggere meglio i singoli frutti (i pomodori sono bacche) nel momento della raccolta, del trasporto e della vendita al consumatore finale.

Si può ottenere un pomodoro più resistente intervenendo su diversi fattori, attraverso la selezione e l’incrocio delle piante che danno frutti corrispondenti agli effetti desiderati. Le cellule dei pomodori più acquosi, per esempio, sono più gonfie e tese (hanno un maggior turgore) e questo favorisce la capacità del frutto di mantenere la forma e di assorbire meglio i colpi. La maggiore quantità di acqua in alcune varietà può determinare una diluizione delle sostanze che danno sapore e aroma ai pomodori, che risultano quindi meno gustosi.

La buccia è un altro elemento importante per rendere più resistenti i pomodori e anche in questo caso nel tempo ci si è orientati e si sono selezionate varietà con una buccia più spessa. Questo spiega la grande offerta di pomodori di piccolo calibro, come le varie tipologie di ciliegino, soprattutto nei supermercati, dove le esigenze legate alla resistenza sono ancora maggiori. La buccia ha tendenzialmente un sapore più aspro e influisce sulla percezione della consistenza del pomodoro quando lo si mangia, contribuendo a far percepire un gusto diverso o più blando.

(Getty Images)

Sul sapore, l’aroma e la consistenza dei pomodori influiscono naturalmente anche le modalità di raccolta. Nella maggior parte dei casi consumiamo pomodori che vengono raccolti quando sono ancora acerbi, in modo che raggiungano il giusto stato di maturazione nei tempi necessari per lo smistamento, il trasporto e la loro messa in vendita. Come molti altri frutti, infatti, i pomodori sono climaterici, sono cioè in grado di maturare anche dopo essere stati separati dalla pianta. Il processo di maturazione avviene senza possibilità di scambi con quest’ultima e ciò può influire sulle sostanze che contribuiranno a dare sapore e aroma al frutto. Raccogliere i pomodori quando sono ormai pienamente maturi sarebbe però molto difficile per molte varietà, perché non resisterebbero fino alla loro messa in vendita o avrebbero comunque una breve durata sugli scaffali.

I pomodori diventano più saporiti nell’ultima fase della maturazione, quando si sviluppano maggiori quantità di zuccheri e acidi, che percepiamo con il gusto, e di aromi volatili che invece percepiamo con l’olfatto (da cui deriva la gradevole sensazione di “pomodoro appena tagliato”). Se mantenuto tra i 13 e i 22 °C nelle sue ultime fasi di maturazione, un pomodoro sviluppa al meglio quelle sostanze e soprattutto si riesce a conservarlo meglio. L’ideale sarebbe quindi tenere i pomodori fuori dal frigorifero, ma non è sempre possibile farlo considerato che l’intervallo di temperatura non è molto compatibile con le temperature domestiche soprattutto d’estate, proprio quando per noi è la stagione dei pomodori.

Le celle frigorifere dei grossisti, cioè di chi acquista grandi quantità di pomodori e poi li vende alla grande distribuzione o sui mercati, sono di solito impostate intorno ai 10 °C, mentre i frigoriferi di casa mantengono i 4 °C. A queste temperature la quantità di zuccheri e di acidi non varia in modo significativo rispetto ai pomodori tenuti a 20 °C, mentre ci sono differenze per quanto riguarda l’aroma sufficienti a farci percepire più blando un pomodoro (olfatto e gusto sono strettamente legati).

Nel suo libro La scienza delle verdure il chimico e divulgatore Dario Bressanini si sofferma a lungo sui pomodori segnalando che sull’aroma del pomodoro intervengono centinaia di diverse molecole e che: «Quando rompiamo un pomodoro, tagliandolo o masticandolo, si producono altre molecole determinanti: dalle cellule danneggiate si liberano enzimi, il più importante dei quali è la lipossigenasi. Gli enzimi prodotti ossidano gli acidi grassi polinsaturi presenti – l’acido linoleico e l’acido linolenico – trasformandoli in varie molecole odorose». A 4 °C la produzione di quegli enzimi avviene più lentamente e può essere una delle cause di un pomodoro maturo che sa comunque di poco quando viene tolto dal frigorifero e consumato.

Si è però scoperto che non tutto è perduto e che sull’aroma incidono comunque i giorni di frigorifero: fino a tre non cambia molto per l’aroma, ma è importante tenere il pomodoro a temperatura ambiente per circa 24 ore prima di consumarlo. Una maggiore quantità di giorni in frigorifero comporta la perdita di buona parte delle componenti aromatiche e a quel punto non funziona più nemmeno lo stratagemma di toglierlo dal frigo il giorno prima di consumarlo.

(Ben Pruchnie/Getty Images)

Nel caso dei prodotti acquistati al supermercato è più probabile che ci sia stato un periodo di refrigerazione, quindi le precauzioni per preservare l’aroma potrebbero non essere necessarie perché ormai si è persa buona parte dei composti. Riportare il pomodoro a temperatura ambiente prima di consumarlo potrebbe comunque renderlo più gustoso, anche perché tendiamo a percepire meno i sapori dei cibi molto freddi.

Per quanto riguarda il sapore, ciò che percepiamo di più mentre mangiamo un pomodoro è il contrasto tra gli zuccheri e gli acidi, questi ultimi presenti soprattutto in quella sostanza gelatinosa che si trova al centro del frutto insieme ai semi e che spesso viene scartata. Come ricorda Bressanini: «Quel gel, che alcuni gettano via, ha la più alta concentrazione di acidi del pomodoro ed è quindi un errore eliminarlo: la vitamina C, che è un acido, è in gran parte concentrata in questa zona. Sono poi presenti anche vari amminoacidi liberi, in particolare l’acido glutaminico, che contribuiscono notevolmente al gusto del pomodoro».

Le esigenze di produzione, trasporto e conservazione hanno fatto sì che venissero privilegiate la selezione e la coltivazione di varietà che non hanno grandi cavità al loro interno in cui si raccoglie la sostanza gelatinosa. Pomodori più compatti e meno cavi sono più resistenti, ma anche in questo caso si sacrifica un poco il sapore.

Le lamentele sui pomodori meno gustosi rispetto a un tempo hanno quindi una base di verità, anche se probabilmente sono un poco esagerate come avviene spesso quando si mitizza il passato. In generale i pomodori odierni sono più resistenti e durano più a lungo, cosa che contribuisce a ridurre gli sprechi alimentari, senza contare che possono essere consumati praticamente in qualsiasi periodo dell’anno.

Alcuni gruppi di ricerca hanno messo a confronto le varietà nelle loro versioni tradizionali con quelle più recenti, notando effettivamente la perdita o la modifica di alcuni geni coinvolti nel sapore e nell’aroma. Le differenze per alcune varietà sono minime, mentre per altre possono essere più marcate. La buona notizia è che l’identificazione dei geni che rendono gustosi i pomodori potrà consentire di avere in futuro pomodori non solo più resistenti, ma anche più saporiti, ricorrendo alle tecniche di evoluzione assistita (qui sono spiegate estesamente).

Per chi non può permettersi un orto in cui coltivare le varietà più saporite e raccoglierle solo quando sono mature, consumandole immediatamente, il consiglio che viene generalmente dato è di non conservare i pomodori in frigorifero. Quelli acquistati già maturi andrebbero consumati il prima possibile, mentre quelli ancora acerbi possono essere tenuti a temperatura ambiente fino al grado di maturazione desiderato. Una volta maturi, se non possono essere consumati subito, è meglio riporli in frigorifero evitando però di tenerli al freddo per più di tre giorni. Consumarli a temperatura ambiente permette di percepirne meglio il sapore e l’aroma. Sperimentare con le numerose varietà di pomodoro disponibili potrebbe inoltre farvi scoprire un pomodoro per voi più saporito di altri. I gusti sono gusti, del resto.