I luoghi notevoli di Camera e Senato
Tra gli altri c'è il Transatlantico, una galleria chiamata "Corea", una sala che è il "suk" e la barberia: anche in questi locali dai soprannomi bizzarri si fa politica
Quasi sempre, quando parliamo del parlamento italiano, ci riferiamo in realtà alle aule dove si riuniscono le assemblee dei deputati e dei senatori. Ma la Camera dei deputati e il Senato sono molto di più delle aule che vi sono contenute. Sia Montecitorio, la sede della prima, sia Palazzo Madama, la sede del secondo, sono luoghi ampi e con tanti piani, decine di corridoi e centinaia di stanze. Molti di questi spazi hanno assunto col tempo un grande valore pratico e simbolico, al punto che nell’economia di cosa succede in parlamento sono diventati importanti almeno quanto le aule dove i parlamentari votano, o quelle delle commissioni.
Il luogo più raccontato e più frequentemente citato nei retroscena è il Transatlantico, cioè l’ampio e sontuoso corridoio che si trova al piano terra di Montecitorio, e separa l’aula della Camera dal giardino d’onore, recentemente ristrutturato. È il posto dove i deputati passano per raggiungere l’aula. Spesso lo fanno correndo se sono in ritardo per qualche voto importante. Ma è anche il principale luogo di incontro della Camera, dove i politici si fermano a discutere, a scambiarsi informazioni, e dove i cronisti stazionano anche per ore nell’attesa di intercettare un ministro, un sottosegretario, un deputato.
Questo senso di attesa spesso esasperante, caratterizzato da lunghi tempi morti e colloqui spesso frivoli o inconcludenti, è ben riassunto in uno dei soprannomi con cui viene indicato questo lungo salone: corridoio dei passi perduti. È probabile che l’origine di questa espressione abbia a che vedere con un recupero, più o meno scherzoso, del lessico massonico: le sale dei passi perduti sono quelle antistanti alle camere dove si celebrano i riti più segreti della massoneria. Ma se nel gergo parlamentare questo riferimento ha avuto fortuna è proprio perché descrive efficacemente ciò che spesso i giornalisti fanno nel Transatlantico: andare avanti e indietro, più o meno svogliatamente, nell’attesa di un incontro che possa valere quell’attesa.
Il nome col quale è noto, Transatlantico, ha a che vedere invece con l’aspetto del salone. Infatti il maestoso soffitto ligneo, le lampade e i marmi policromi delle pareti e del pavimento a inizio Novecento ricordavano l’aspetto dei grandi saloni sulle navi da crociera. Il tutto nello stile liberty voluto dall’architetto palermitano Ernesto Basile, che fu l’ideatore di un’ampia parte dei locali della Camera.
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Anche il Senato ha il suo “Transatlantico”, anche se l’utilizzo del termine è in questo caso improprio, e viene adottato spesso per semplice analogia con la Camera. Il principale luogo di transito e convivialità a Palazzo Madama è il Salone Garibaldi, che prende il nome dal busto in marmo di Giuseppe Garibaldi posizionato al centro di uno dei lati del locale. Il pavimento del salone è in parquet, e le assi sono un po’ scricchiolanti in certi punti: nelle cronache parlamentari, però, nelle giornate di maggior tensione, il pavimento scricchiola immancabilmente «più del solito».
Tra il Salone Garibaldi e l’aula c’è la Sala del Risorgimento – con un grande busto in marmo di Giuseppe Mazzini – al cui centro c’è un grande tavolo con i principali quotidiani italiani e internazionali. Nel settembre del 2021, su quel tavolo, fu trovato un biglietto che riportava un messaggio anonimo: «Si invita il senatore Dini a desistere dal sottrarre il Financial Times alla lettura dei colleghi del Senato». L’accusa di appropriarsi indebitamente della copia del quotidiano britannico era rivolta all’ex presidente del Consiglio Lamberto Dini, che come molti ex parlamentari continua abitualmente a frequentare la Camera e il Senato. Dini si difese da quell’accusa, negando di aver mai portato via il giornale, ma rivendicando di essere «l’unico là dentro», cioè in Senato, «che quei giornali li sa leggere».
Anche la Camera ha la sua sala adibita per la lettura dei quotidiani. È la Sala verde, così chiamata per via del colore della tappezzeria e delle poltroncine, e sta al capo opposto del Transatlantico rispetto alla buvette, cioè il bar dove deputati, giornalisti e funzionari mangiano panini e tramezzini e bevono caffè: ci sono anche lì le copie dei giornali, italiani e stranieri, e varie postazioni per consultare le agenzie. I deputati si appartano lì anche per trovare un po’ di silenzio e di quiete: e forse sarà che le luci soffuse – verdi pure quelle – conciliano il sonno, ma non è raro trovarci gente appisolata nelle pause dei lavori dell’aula.
Se il fascino del Senato sta perlopiù nel susseguirsi di piccole stanze riservate, curate ma di scarse dimensioni, l’architettura della Camera colpisce al contrario per i suoi locali monumentali. È il caso, per esempio, della Galleria dei Presidenti: un salone che corre parallelo al Transatlantico ma dall’altro lato dell’aula, con divanetti e postazioni dove i deputati possono utilizzare i computer, e che deve il suo nome alla serie di foto e ritratti di tutti i presidenti di Montecitorio dall’Unità d’Italia a oggi, affissi alle pareti. Anche questa ha un nome gergale. Stando a quanto si racconta, in quel salone il segretario del leader comunista Enrico Berlinguer, Antonio Tatò, incontrava riservatamente gli esponenti della Democrazia Cristiana. Era quindi una specie di territorio neutrale, dove fare negoziati segreti e indicibili tra due parti avverse: come nel caso delle due Coree, quella del Nord e quella del Sud, separate al 38° parallelo in seguito alla guerra degli anni Cinquanta. E così anche il salone della Camera è diventato noto come la “Corea”.
Un po’ di quest’aura di presunta segretezza è stata conservata dalla Galleria: qui nel 2017 è stata inaugurata la cosiddetta Sala dei lobbisti, un locale neanche troppo appartato dove i vari portatori di interesse – rappresentanti di aziende pubbliche e private, imprenditori, ma anche sindacalisti e rappresentanti di associazioni varie – possono incontrare i deputati dopo essersi accreditati nell’apposito registro. La creazione di questa sala, con relativo regolamento, ha normato almeno in parte una pratica piuttosto diffusa in tutti i parlamenti occidentali, sottraendo alle speculazioni più maliziose il racconto sugli incontri tra politici e lobbisti, che in Italia vengono sempre accompagnati da narrazioni sospettose e retropensieri. Narrazioni che, per quel che riguarda la Camera, avevano (e in parte hanno ancora) soprattutto a che fare con un altro locale che si trova al quarto piano di Palazzo Montecitorio, quello che ospita le aule delle varie commissioni.
È una stanza che fa da anticamera rispetto all’ampia Sala del Mappamondo, una vecchia aula di lettura della biblioteca della Camera che è stata in tempi più recenti modificata per ospitare le sedute più importanti e affollate delle varie commissioni. Quasi sempre è qui che si svolgono le discussioni delle commissioni Bilancio e Finanze e le audizioni del ministro dell’Economia durante l’analisi della legge di bilancio, cioè il fondamentale provvedimento con cui ogni anno il governo e il parlamento stabiliscono come dovranno essere gestite le finanze pubbliche nell’anno seguente. Spesso l’esame del disegno di legge è caratterizzato dai tentativi, più o meno scomposti, più o meno azzardati, dei singoli deputati di ottenere emendamenti che mettano un po’ di risorse sui progetti di loro interesse. E spesso questa attività frenetica è svolta anche per compiacere aziende legate a questo o quel partito, o particolarmente attive in questa o quella provincia.
Soprattutto in passato, capitava che rappresentanti di quelle aziende, o lobbisti vari, stazionassero in quell’anticamera della Sala del Mappamondo per seguire da vicino l’andamento dei lavori. Magari riuscivano a intercettare qualche funzionario del ministero dell’Economia o qualche deputato, e a sollecitare un certo emendamento, o magari soltanto ad avere qualche informazione di prima mano. Tommaso Padoa-Schioppa, ministro dell’Economia nel secondo governo di Romano Prodi tra il 2006 e il 2008, descrisse scherzosamente quel luogo come un suk, alludendo ai grandi e caotici mercati tipici dei paesi arabi, con un termine che viene tuttora utilizzato nel gergo parlamentare.
Ma oltre che per l’ordinaria attività politica, Camera e Senato sono frequentate da parlamentari e funzionari di partito anche per questioni più pratiche, per le quali sono riservati appositi locali. Ci sono infatti in entrambe le camere sportelli bancari, con condizioni piuttosto agevolate; un’infermeria; e poi c’è la famosa barberia di Montecitorio, un locale al quale si accede dal piano terra, accanto ai bagni, e dove lavorano due parrucchieri.
Il locale è accessibile solo ai dipendenti della Camera, a parlamentari ed ex parlamentari. È stata in passato uno degli obiettivi ricorrenti della retorica populista “contro la casta”, alimentata soprattutto dal Movimento 5 Stelle nelle sue prime fasi per evidenziare sprechi veri o presunti del parlamento: anche per questo, tra il 2013 e il 2022, il numero dei dipendenti che ci lavorano è stato ridotto da sette a quattro, e poi a due. Nella scorsa legislatura due dei dirigenti del M5S, Luigi Di Maio e Alfonso Bonafede, frequentavano piuttosto spesso la barberia di Montecitorio.