Il mandato di arresto contro Edmundo González Urrutia
In Venezuela il candidato dell'opposizione alle ultime elezioni è ricercato dalla polizia per accuse ritenute perlopiù pretestuose e motivate politicamente
Lunedì in Venezuela un tribunale ha emesso un mandato di arresto per Edmundo González Urrutia, il candidato dell’opposizione alle elezioni che si erano tenute a fine luglio e che il presidente Nicolás Maduro aveva vinto solo grazie a brogli elettorali. González Urrutia è accusato di usurpazione di funzioni pubbliche, falsificazione di documenti ufficiali, associazione a delinquere, sabotaggio e associazione terroristica: sono accuse considerate pretestuose e motivate politicamente, che rientrano nelle politiche di repressione del dissenso e della persecuzione degli oppositori politici in atto da tempo in Venezuela.
Il mandato d’arresto è stato emesso dopo che il pubblico ministero aveva convocato González in tribunale per tre volte, di cui l’ultima lo scorso venerdì. González, che da circa un mese si trova in un luogo sconosciuto per sfuggire a un probabile arresto da parte del regime, non si era mai presentato. L’ultima sua apparizione pubblica era stata lo scorso 30 luglio, cioè due giorni dopo le elezioni. González aveva spiegato il suo rifiuto di comparire in tribunale accusando la magistratura di essere politicamente motivata e di sottoporlo a un processo «senza garanzie di indipendenza».
La magistratura venezuelana, che è controllata dal regime di Maduro, ha aperto un’indagine su González dopo che l’opposizione aveva raccolto e caricato online oltre l’80 per cento delle ricevute delle macchinette per il voto elettronico, funzionanti il giorno delle elezioni. Le ricevute, che vengono emesse dalle macchinette e mostrano i voti espressi dagli elettori che le hanno utilizzate, avevano dimostrato che era stato González a vincere, come era stato ampiamente previsto dai sondaggi indipendenti. Secondo le ricevute, González aveva ottenuto il 67 per cento dei voti.
Nonostante le richieste dell’opposizione e di vari altri governi stranieri, Maduro nell’ultimo mese si è sempre rifiutato di pubblicare i documenti che avrebbero potuto dimostrato la sua vittoria, prima giustificando il ritardo con un presunto attacco informatico, poi affermando che le ricevute pubblicate online dall’opposizione fossero false. Alla fine di agosto la Corte Suprema del Venezuela, composta da molti alleati del regime, aveva confermato la vittoria del presidente in carica e dichiarato definitivi i risultati comunicati dal Consiglio elettorale nazionale in seguito alle elezioni.
Nelle ultime settimane in Venezuela ci sono state grosse proteste contro il governo e contro i brogli elettorali, durante le quali sono morte 27 persone e oltre 2.400 sono state arrestate. Di questi, più di un centinaio erano minorenni (circa ottanta sono stati liberati lunedì).
Alla repressione si era aggiunto poi un grosso blackout nazionale che venerdì aveva paralizzato il paese. Maduro aveva detto che la mancanza di elettricità era stata causata da un sabotaggio della «destra fascista». È il modo in cui Maduro chiama l’alleanza rappresentata da González Urrutia e da María Corina Machado, importante leader dell’opposizione che aveva ampiamente vinto le primarie ma a cui era stato impedito di candidarsi con una sentenza molto contestata.
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