Le tartarughe del Mediterraneo nidificano sempre più a nord e a ovest

A causa dell'aumento delle temperature ora depongono le uova anche in Toscana e Liguria: è una buona notizia solo fino a un certo punto

Fotografia scattata al buio da una fototrappola in cui si vedono cinque piccole tartarughe emergere da una buca nella sabbia
Tartarughe marine appena nate sulla spiaggia di Laigueglia, in Liguria, il 27 agosto 2024 (ARPAL)
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Tra il 27 e il 30 agosto sulla spiaggia di Laigueglia, in Liguria, sono nate 92 tartarughe marine della specie Caretta caretta, la più diffusa nel mar Mediterraneo, da una buca nella sabbia scavata alla fine di giugno. In questi mesi il nido era stato osservato con grande attenzione da un gruppo di studiosi e volontari, non solo per proteggere lo sviluppo delle uova, ma anche per l’eccezionalità del luogo in cui erano state deposte. Infatti finora ci sono stati solo cinque casi noti di nidificazioni di tartarughe Caretta caretta in Liguria: uno nel 2021, uno nel 2022 e tre quest’estate. Secondo vari studiosi l’aumento delle temperature sta spingendo le tartarughe del Mediterraneo a spostarsi verso nord e verso ovest per nidificare, per cui nei prossimi anni i nidi nella regione, e in Italia in generale, potrebbero aumentare.

Storicamente le Caretta caretta sono le uniche tartarughe marine che nidificano in Italia. Gli animali adulti si trovano un po’ in tutto il Mediterraneo, ma la deposizione delle uova – tra la fine di maggio e l’inizio di agosto – avviene generalmente nella regione più orientale del bacino e principalmente in Grecia e in Turchia. Il requisito indispensabile delle spiagge affinché una tartaruga ci possa deporre le uova è che siano sabbiose: le femmine adulte devono poter scavare una buca e deporvi in sicurezza le uova. La temperatura della sabbia, che si scalda molto durante il giorno, permette poi l’incubazione delle uova.

Anche le spiagge sabbiose italiane sono frequentate dalle Caretta caretta, ma fino a poco tempo fa i nidi si trovavano soprattutto in Sicilia, Calabria, Campania e Puglia, non più a nord. Dal 2013 però sono osservati nidi in Toscana, lungo le coste del Tirreno, e più di recente in Liguria e, sull’Adriatico, ancora più a nord, in provincia di Rovigo e di Venezia. E anche nelle regioni in cui i nidi erano fatti da tempo, le nidificazioni osservate sono aumentate. Da maggio al 20 agosto di quest’anno ce ne sono state almeno 531, secondo i dati raccolti da Tartapedia, un’associazione di esperti e appassionati di tartarughe che portano avanti un monitoraggio nazionale. Negli ultimi vent’anni inoltre sono stati trovati sempre più spesso dei nidi anche sulle coste spagnole, ben più a ovest.

L’attenzione alle tartarughe marine, anche da parte di chi lavora sulle spiagge o le frequenta per fare il bagno, «è sicuramente cresciuta», spiega la biologa Chiara Mancino, ricercatrice dell’Università La Sapienza di Roma che studia questi animali, ma anche escludendo gli effetti di tale sensibilizzazione sulle segnalazioni di nidi si osserva un aumento del loro numero verso l’ovest del Mediterraneo.

Mancino lo ha verificato insieme ad alcuni colleghi con uno studio pubblicato nel 2022: negli anni Sessanta il centro della distribuzione spaziale dei nidi di Caretta caretta era a sud-est dell’isola di Creta, nel mar Egeo, stando alle osservazioni scientifiche; già negli anni Settanta questo punto ideale si era spostato verso ovest, nel mar Ionio, e nell’ultimo decennio è arrivato vicino alla Sicilia. Le zone con maggior densità di nidi sono tuttora nel Mediterraneo orientale ma, è sicuramente in corso un ampliamento della regione di nidificazione verso nord e verso ovest.

«È una conoscenza comune che le tartarughe depongono le uova dove sono nate», aggiunge Mancino, «e per questo molte volte mi è stato chiesto se il fatto che oggi ci siano nidi in Liguria non significhi che c’erano anche anni fa: in realtà non è detto, è stato dimostrato che la “filopatria”, la tendenza a tornare nel luogo di nascita, è influenzata anche dai cambiamenti ambientali».

Secondo vari biologi che studiano le Caretta caretta infatti l’ampliamento dell’areale di riproduzione delle tartarughe è probabilmente dovuto al cambiamento climatico. In tutto il mondo i suoi effetti hanno già varie ripercussioni sulla vita delle tartarughe marine, così come altri effetti delle attività umane. Ad esempio l’innalzamento del livello del mare riduce le spiagge sabbiose adatte per la deposizione delle uova, che già spesso sono diventate inospitali per le tartarughe a causa degli stabilimenti balneari e dell’illuminazione notturna, che le disturba. Gli eventi meteorologici estremi inoltre contribuiscono ad aumentare l’erosione delle spiagge.

Ci sono poi dei problemi legati alla temperatura media della sabbia, che sta aumentando insieme a quella dell’atmosfera e dell’acqua del mare. Nei rettili la temperatura in cui si sviluppano gli embrioni nelle uova influenza il sesso dei nascituri, e più è alta più femmine nascono: questo potrebbe creare degli squilibri demografici nelle popolazioni di tartarughe e potenzialmente causare una riduzione del loro numero a lungo andare. E se le temperature aumentano troppo può anche succedere che le uova non si schiudano proprio.

Lo studio di Mancino del 2022 ha trovato un legame tra l’ampliamento della regione in cui le Caretta caretta nidificano e l’aumento della temperatura media dell’acqua del Mediterraneo. Le spiagge più adatte per la deposizione delle uova, stando ai dati di cui disponiamo, sono quelle dove la temperatura superficiale dell’acqua del mare è di 25 °C. Le spiagge sabbiose dell’est del bacino mediterraneo continuano a essere adatte per i nidi, e quelle disponibili sono praticamente tutte usate; l’aumento delle temperature intanto sta rendendo più accoglienti le spiagge italiane e spagnole. Mancino continua a spiegare: «Può darsi che la popolazione delle tartarughe sia aumentata al punto da non trovare più spazio nel bacino orientale e si stia espandendo verso ovest dato che le condizioni attuali lo consentono. Ma questa ipotesi dobbiamo ancora verificarla».

Le Caretta caretta non sono le uniche tartarughe del Mediterraneo di cui sono stati osservati dei nidi in località nuove negli ultimi anni. Proprio nel luglio del 2024 un gruppo di volontari del WWF di Vibo Valentia ha visto una tartaruga verde tentare di nidificare su una spiaggia della costa ionica della Calabria. Le tartarughe verdi (secondo la nomenclatura scientifica Chelonia mydas) sono l’altra specie di tartarughe marine presenti e nidificanti nel Mediterraneo, ma nidificano sulle spiagge più orientali, in particolare di Turchia, Siria, Libano, Israele ed Egitto: finora mai in Italia.

Secondo un altro studio a cui ha lavorato Mancino, pubblicato a dicembre su Scientific Reports di Nature, ulteriori aumenti delle temperature dovuti al riscaldamento globale renderanno altre regioni del Mediterraneo più accoglienti dal punto di vista climatico anche per i nidi delle tartarughe verdi. Si tratta però di aree più antropizzate, cioè sfruttate e frequentate dalle persone, dunque potenzialmente insidiose per i nidi e le tartarughe appena nate.

Inoltre anche se l’ampliamento dell’area di riproduzione potrebbe facilitare un aumento del numero di tartarughe marine nel Mediterraneo, e quindi in un certo senso si può dire che il cambiamento climatico le stia favorendo, le temperature più alte nell’est del bacino potrebbero avere l’effetto opposto. In Turchia è stato osservato che tra le nuove nate le femmine sono più numerose dei maschi e quando le temperature aumentano eccessivamente le uova non si sviluppano correttamente e non nasce nessuna tartaruga.

«Poi bisogna vedere se le nuove spiagge trovate dalle tartarughe sono davvero idonee», aggiunge Mancino: «Può darsi che il successo di schiusa sia bassissimo, è quello che sto studiando ora».

Per chi si occupa di studiare le tartarughe marine e difenderle dalle minacce alla loro sopravvivenza dovute alle attività umane l’ampliamento del loro territorio di nidificazione rappresenta una sfida, perché richiede di mettere a conoscenza delle buone abitudini per non danneggiare i nidi nuove comunità di persone. Nel caso dei nidi di Laigueglia, Arma di Taggia e Alassio, le tre località liguri dove sono state osservate le nidificazioni di quest’anno, gli scienziati dell’Acquario di Genova e dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente ligure (ARPAL) hanno collaborato coi gestori degli stabilimenti balneari dove sono stati trovati i nidi, isolando una porzione della spiaggia. Se in futuro i nidi aumenteranno «bisognerà fare tanta sensibilizzazione», conclude Mancino.