Nelle somiglianze tra le bandiere ci sono molte storie
Dai colori che accomunano quelle arabe alla struttura di quelle scandinave, i modi in cui le une si ispirarono alle altre furono sempre diversi e sempre simili
Per quanto possano sembrare diverse l’una dall’altra nelle varie occasioni in cui capita di vederle insieme, le bandiere dei paesi del mondo hanno molti aspetti in comune. Salvo poche eccezioni, è quasi impossibile osservarne una qualsiasi senza capire prima di tutto che è una bandiera, appunto, anche senza sapere di quale paese sia. E la ragione per cui molte si assomigliano per forma, colori e distribuzione degli elementi interni è innanzitutto storica.
Prima del XIX secolo, quando l’uso delle bandiere nazionali cominciò a diffondersi nel mondo, di quelle utilizzate ancora oggi ne esistevano soltanto poco più di una decina. Sette tra queste – Danimarca, Francia, Paesi Bassi, Russia, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti – furono di ispirazione per più di 130 bandiere nazionali ancora attuali, come raccontato dall’illustratore polacco Alfred Znamierowski nel libro The World Encyclopedia of Flags.
A quell’epoca risalgono anche le ragioni per cui lo stile a tre bande orizzontali è il più diffuso (52 bandiere), seguito dallo stile a tre bande verticali (22 bandiere), a tre o due colori. Era infatti uno stile più pratico, perché permetteva di cucire insieme più facilmente tre strisce di tessuto. Fin dal XVIII secolo era inoltre già molto comune rappresentare un regno o una casata convertendo i colori dello stemma in strisce orizzontali su una bandiera.
La bandiera dei Paesi Bassi fu una delle prime in assoluto a utilizzare lo stile a tre strisce, e diventò poi un esempio per le bandiere nazionali di tutta l’Europa, perché fu associata a una forma di governo repubblicano durante la lunga guerra d’indipendenza del paese dalla Spagna, nel XVI secolo. I tre colori utilizzati – rosso, bianco e blu – formano la combinazione di tre colori più diffusa ancora oggi: si trova nelle bandiere di 31 paesi del mondo. La Francia fu uno dei primi paesi a utilizzare lo stile innovativo a bande verticali anziché orizzontali, scegliendo peraltro gli stessi colori dei Paesi Bassi. Dopo la Rivoluzione francese adottò dapprima una bandiera che aveva il rosso attaccato all’asta, e dopo il 1794 quella con la sequenza attuale blu, bianco e rosso.
Alla bandiera dei Paesi Bassi si ispirò lo zar Pietro il Grande nel 1699 per progettare personalmente una bandiera mercantile della Russia, poi diventata bandiera ufficiale del paese nel 1833. La bandiera russa fu a sua volta di ispirazione per molte altre dei paesi della regione slava, che formano la famiglia delle bandiere “panslave”: la maggior parte mantenne il bianco, il rosso e il blu, tranne la Bulgaria, che cambiò la banda blu della bandiera russa con una banda verde.
L’analisi per colori è uno dei modi più basilari di classificare le bandiere dei 195 Stati sovrani riconosciuti a livello internazionale. Secondo un’infografica interattiva pubblicata nel 2014 dalla rivista Time, che estrasse 63 diversi colori da tutte le bandiere del mondo, il bianco è il colore più presente nell’immagine che si ottiene mettendo insieme tutte le bandiere nazionali: occupa il 17,7 per cento del collage. Subito dopo c’è il rosso, che nella sua tonalità più diffusa occupa il 14,3 per cento (molto di più, oltre il 30 per cento, considerando anche altre tonalità del rosso). L’altro colore più diffuso è il blu, seguito dal verde, dal giallo e dal nero.
Se invece si prende in considerazione il singolo colore dominante in ciascuna bandiera anziché nell’immagine formata da tutte le bandiere, e si sorvola sulle differenze di tonalità, il rosso è il colore dominante nella maggior parte dei casi, tra cui Marocco, Danimarca, Portogallo e Turchia. L’altro colore subito dopo il rosso è il blu e le sue varie tonalità, che è dominante nelle bandiere di Argentina, Nicaragua, Guatemala e altri paesi dell’America centrale e meridionale, come mostra un’altra serie di infografiche molto riprese negli ultimi anni, prodotta dall’azienda danese di design Ferdio, in un progetto chiamato Flag Stories.
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Spesso le somiglianze nei colori e nella struttura delle bandiere sono determinate dalla condivisione di una storia e di una cultura comuni tra paesi diversi, come nel caso di Romania e Moldavia, le cui bandiere differiscono soltanto per la presenza di uno stemma (l’aquila e lo scudo) in quella moldava, adottata dopo il crollo dell’Unione Sovietica. È invece del tutto casuale la correlazione storica tra queste due bandiere e quella del Ciad, che è praticamente identica, ma usa un blu di una tonalità leggermente più scura, e il suo sviluppo ebbe una storia autonoma e più recente rispetto alla bandiera della Romania.
In altri casi le somiglianze derivano da influenze reciproche, per cui si parla di “famiglia di bandiere”. Le bandiere della Colombia, dell’Ecuador e del Venezuela, per esempio, appartengono alla famiglia cosiddetta Miranda perché utilizzano tutte varianti della bandiera della Grande Colombia, il paese nato nel 1819 dopo l’indipendenza dalla Spagna, per volontà del generale e patriota venezuelano Francisco de Miranda.
Molte bandiere dei paesi dell’America centrale e meridionale con strisce blu (o celesti) e bianche appartengono invece alla famiglia Belgrano, perché derivano dalla bandiera argentina, usata per la prima volta dall’economista, politico e generale Manuel Belgrano, nel 1812, a Rosario, quattro anni prima che l’Argentina ottenesse l’indipendenza. A quei colori si ispirarono in seguito il generale salvadoregno Manuel José Arce e i militari e politici di altri paesi della ex Repubblica Federale del Centro America, una volta diventati indipendenti.
Nella bandiera dell’Argentina e dell’Uruguay c’è anche uno stesso simbolo, il “sole di maggio”, che secondo lo storico Diego Abad de Santillán richiamerebbe il dio del Sole Inti, venerato dagli Inca. Il mese di maggio è invece un riferimento alla rivoluzione che nel 1810 a Buenos Aires portò alla destituzione del governatore spagnolo del vicereame del Río de la Plata e all’indipendenza dei paesi che ne facevano parte. Secondo una leggenda, al momento della proclamazione del nuovo governo locale il sole spuntò tra le nuvole, e questo fatto fu considerato di buon auspicio.
La famiglia “panafricana” raggruppa le molte bandiere che in Africa si ispirarono a quella dell’Etiopia, che dopo essersi difesa dal tentativo di colonizzazione italiana nella guerra di Abissinia e aver ottenuto la piena sovranità adottò nel 1897 una bandiera rossa, gialla e verde a bande orizzontali. Da quella bandiera prese spunto nel 1957 il Ghana, primo paese dell’Africa sub-sahariana a ottenere l’indipendenza dal Regno Unito, e tra i principali promotori di un’integrazione panafricana di paesi e gruppi etnici liberi dal controllo delle potenze coloniali europee.
Nel frattempo una variante dello schema dei colori panafricani, con il nero al posto del giallo, era stata sviluppata nel 1920 dal sindacalista di origini giamaicane Marcus Garvey, fondatore della Universal Negro Improvement Association (UNIA), un’organizzazione internazionale che aveva come obiettivi il superamento del razzismo e l’autosufficienza economica dei popoli africani. Paesi come il Malawi e il Kenya si ispirarono a questa combinazione di colori, ma in generale i significati di ciascun colore erano condivisi con altri paesi che si erano ispirati allo schema della bandiera dell’Etiopia.
Nella famiglia panafricana delle bandiere, considerata a grandi linee, il verde rappresenta le ricchezze naturali e il giallo quelle minerarie del continente. Il rosso simboleggia il sangue versato nella lotta contro l’oppressione del colonialismo, e il nero il colore della popolazione, in alcuni casi utilizzato anche in bandiere di gruppi non riconosciuti per indicare orientamenti nazionalisti piuttosto che gli ideali del panafricanismo.
Uno dei paesi africani che utilizzano nella propria bandiera tutti e quattro i colori, quindi sia il giallo che il nero, è il Mozambico. Insieme a quella del Guatemala, è anche una delle poche bandiere che includono il simbolo di un’arma da fuoco: un AK-47 quella del Mozambico, due fucili con baionetta quella del Guatemala. Tra le altre ci sono quella della Bolivia, che include il simbolo di due cannoni incrociati, e quella di Haiti, che oltre ai cannoni include sei fucili a baionetta.
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Gli stessi colori possono avere un significato completamente diverso, come nel caso della famiglia panaraba, un insieme di bandiere con tre o quattro colori tra rosso, nero, bianco e verde. Hanno tre strisce orizzontali, spesso un simbolo al centro o vicino all’asta. Il verde è considerato il colore dell’Islam, e ciascuno degli altri colori è associato a un diverso califfato: bianco, nero e rosso furono utilizzati rispettivamente dalle dinastie degli Omayyadi, degli Abbasidi e degli Hascemiti.
Nel 1916 i quattro colori furono combinati nella bandiera della rivolta araba guidata dall’emiro hascemita al-Husayn ibn Ali contro l’Impero Ottomano, che portò all’indipendenza di molti paesi che utilizzarono poi quegli stessi colori per comporre le loro bandiere.
C’è poi la famiglia delle bandiere con la croce scandinava, a sua volta sottogruppo della famiglia di bandiere con la croce cristiana (che è la famiglia più antica e comprende quelle del Regno Unito e della Svizzera, tra le altre). Hanno una croce che si estende per tutta la larghezza e tutta la lunghezza della bandiera, ma con l’incrocio spostato verso l’asta anziché al centro. Il primo paese a utilizzarla fu la Danimarca, che la adottò ufficialmente nel 1625 (è la più antica bandiera nazionale ancora esistente) riprendendo uno schema già in uso fin dal XIV secolo.
Lo stesso disegno ma con una croce rossa su sfondo giallo era stato peraltro utilizzato nel XV secolo come bandiera dall’Unione di Kalmar, un’unione dei tre regni di Danimarca, Norvegia e Svezia, frutto della volontà della regina Margherita I di Danimarca di formare uno stato scandinavo unico. Alla dissoluzione di quell’unione, nel 1523, la Svezia combinò elementi di quella bandiera e del Dannebrog (il “panno danese”, uno dei nomi della bandiera danese) per comporre la propria bandiera: una croce gialla su sfondo blu. Anche la Norvegia adottò poi lo stesso disegno, nel 1821.
La prevalenza della combinazione di rosso, bianco e blu nelle bandiere composte da tre colori anche fuori dall’Europa è dovuta al fatto che molti paesi abbiano ereditato la propria bandiera da quella del paese da cui furono colonizzati.
Negli Stati Uniti, per esempio, le prime tredici colonie fondate nel XVII e XVIII secolo ereditarono i colori della bandiera del Regno di Gran Bretagna, che era formata dall’unione della croce bianca e rossa di San Giorgio, patrono d’Inghilterra, e della croce bianca e blu di Sant’Andrea, patrono di Scozia (i tre colori della bandiera erano presenti già prima dell’annessione del Regno d’Irlanda, nel 1801, e dell’inclusione della croce di San Patrizio). In altri casi la bandiera del Regno Unito è ancora oggi inclusa del tutto nel cantone – lo spazio in uno degli angoli – delle bandiere di diverse ex colonie britanniche che fanno parte del Commonwealth, tra cui l’Australia e la Nuova Zelanda.
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Uno dei colori meno diffusi in assoluto tra le bandiere dei paesi del mondo è il viola, principalmente per ragioni storiche: era infatti un colore difficile da realizzare e costoso, in epoca romana riservato alla nobiltà. Un po’ di viola, considerando le bandiere nazionali esistenti, è presente sull’unica bandiera che include al suo interno un pappagallo: l’amazzone imperiale, animale simbolo dello stato insulare della Dominica, nel mar dei Caraibi, che ha la testa e il petto di colore viola scuro (ed è in pericolo critico d’estinzione).
Secondo una scala di complessità delle bandiere che va da «gioco da ragazzi» a «impossibile», utilizzata da Ferdio nel progetto Flag Stories e basata sulle unità vettoriali (i punti in cui le linee si incontrano), la bandiera della Dominica rientra nel gruppo di 32 bandiere più difficili da riprodurre. Ne fa parte anche quella del Bhutan, che ha al centro un drago della mitologia bhutanese (Druk) con un gioiello tipico tibetano (norbu) in ciascuno degli artigli. È un’allusione al significato del nome del paese in lingua dzongkha (“terra del dragone del tuono”) e al simbolo della dinastia regnante della Drukpa, la scuola buddista più diffusa nel paese.