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  • Sabato 31 agosto 2024

I tentativi di bloccare i referendum sull’aborto negli Stati Uniti

I gruppi anti scelta ci stanno provando soprattutto per vie legali o presentando quesiti referendari alternativi: si voterà a novembre in diversi stati, insieme alle presidenziali

Manifestanti davanti all'edificio della Corte Suprema con cartelli blu con su scritto "Safe Abortion is a Human Right" e "Keep Abortion Legal"
Manifestanti per il diritto all'aborto protestano davanti alla Corte Suprema a Washington il giorno del secondo anniversario del ribaltamento di Roe v. Wade, il 24 giugno 2024 (REUTERS/Evelyn Hockstein)
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Insieme alle elezioni presidenziali, al rinnovo parziale di Camera e Senato e a un’altra serie di votazioni, a novembre negli Stati Uniti si terranno anche alcuni referendum sul diritto all’aborto: in dieci stati americani si voterà per introdurlo nelle Costituzioni statali, dopo la storica sentenza con cui nel 2022 la Corte Suprema l’aveva eliminato a livello federale. In caso di approvazione dei referendum, in cinque di questi stati interrompere volontariamente una gravidanza diventerebbe legale o molto più accessibile, mentre in altri cinque, dove lo è già, il diritto verrebbe rafforzato.

Il tema sta prendendo sempre più spazio anche in campagna elettorale, dopo mesi in cui Donald Trump aveva cercato di ignorare la questione per timore che le posizioni intransigenti della destra che lo appoggia – piuttosto impopolari nel paese – potessero fargli perdere consensi: giovedì per esempio ha detto un po’ inaspettatamente che avrebbe votato a favore del referendum sull’aborto in Florida, dove risiede, nonostante poi sia stato mezzo smentito dai responsabili della sua campagna elettorale (il messaggio di Kamala Harris sull’aborto è invece molto più chiaro e convincente). Ai referendum si stanno però opponendo i gruppi anti scelta, quelli contrari al diritto all’aborto, che stanno mettendo in atto diverse politiche per bloccarli o boicottarli.

Salvo sorprese, gli stati dove si terranno i dieci referendum sull’aborto sono: Arizona e Nevada, considerati due swing state (stati in bilico); Montana, Nebraska, Florida, Missouri e South Dakota, tutti stati Repubblicani; e New York, Maryland e Colorado, stati Democratici dove l’aborto è già legale e non a rischio. Negli ultimi due anni i referendum di iniziativa popolare si sono rivelati tra i metodi più efficaci per estendere l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza: ne sono già stati organizzati sette e in tutti i casi ha prevalso la difesa del diritto all’aborto.

– Leggi anche: Cosa ne pensa Kamala Harris?

Da mesi i gruppi anti scelta e alcuni deputati e senatori del Partito Repubblicano si oppongono all’approvazione di questi referendum, in modi più o meno efficaci. In molti casi hanno avviato cause legali con l’intento di farle arrivare alle Corti Supreme di stati a guida Repubblicana, formate interamente da giudici conservatori nominati da governatori Repubblicani.

Attiviste del comitato pro scelta che ha organizzato la raccolta firme per il referendum di iniziativa popolare in Arizona davanti alla sede del governo dello stato durante la consegna dei moduli contenenti più di 800mila firme, a luglio del 2024 (AP Photo/Ross D. Franklin)

È successo per esempio in Arkansas, dove non ci sarà un referendum sul diritto all’aborto perché la Corte Suprema statale ha giudicato non valide le firme raccolte dall’associazione pro scelta Arkansans for Limited Government, per un errore di forma nella presentazione della documentazione. In Arkansas abortire è completamente illegale, anche nei casi di stupro o incesto, e può essere eseguito solo quando è necessario per salvare la vita della persona incinta.

In South Dakota, dove per ora il referendum è confermato e dove la situazione è la stessa dell’Arkansas, lo scontro è ancora aperto: il gruppo antiabortista Life Defense Fund ha citato in giudizio l’organizzazione pro scelta Dakotans for Health, accusandola di aver condotto la campagna di raccolta firme in modo scorretto e di aver falsificato delle firme. A luglio un giudice aveva respinto le accuse ma a inizio agosto la Corte Suprema dello stato ha ribaltato la sentenza, accogliendo la causa e rimandandola indietro per essere valutata nuovamente da una corte inferiore. Nel frattempo la segretaria di Stato Repubblicana Monae L. Johnson ha approvato il referendum, ma un giudice potrebbe ancora annullarlo.

In altri tre stati, ossia Florida, Nebraska e Arizona, gli sforzi non hanno portato all’annullamento dei referendum ma hanno reso più complicato un loro esito positivo.

Attiviste anti scelta in Arizona protestano contro il referendum costituzionale che propone di inserire il diritto all’aborto nella Costituzione dello stato, a luglio del 2024 (AP Photo/Ross D. Franklin)

In Florida il quesito referendario sarà affiancato da un testo che dice che rendere più accessibile l’interruzione di gravidanza comporterà un numero «significativamente» maggiore di aborti e un minor numero di nascite, il che «potrebbe influire negativamente sulla crescita delle entrate statali e locali nel tempo». Per legge tutti i referendum costituzionali in Florida devono essere accompagnati da un testo che spiega il potenziale impatto della modifica proposta sul bilancio pubblico.

Queste appendici vengono scritte dalla Financial Impact Estimating Conference, una commissione in teoria apartitica ma i cui membri vengono nominati dal governatore dello stato, in questo caso il Repubblicano Ron DeSantis. La commissione che ha redatto il testo che accompagna il quesito referendario è infatti composta principalmente da personalità conservatrici, fra cui anche una ricercatrice della Heritage Foundation, il centro studi conservatore che ha curato il discusso programma di governo Project 2025.

– Leggi anche: La campagna elettorale di Donald Trump sta facendo di tutto per distanziarsi dal Project 2025

Gli attivisti pro scelta dello stato hanno criticato il testo deciso dalla commissione, definendolo ingannevole e «pieno di argomenti contro l’aborto e di scenari inverosimili pensati per spaventare gli elettori» e hanno chiesto che venisse modificato: la scorsa settimana la Corte Suprema della Florida, composta da sette giudici conservatori, cinque dei quali nominati da DeSantis, ha però respinto la loro richiesta.

La Florida, dove abitano 22 milioni di persone, è estremamente importante per la questione dell’accesso all’aborto: prima che a maggio entrasse in vigore una legge che abbassava il limite per accedere alla procedura alla sesta settimana di gravidanza, la Florida era l’unico stato del sud est degli Stati Uniti dove ancora si poteva interrompere una gravidanza fino alla fine del primo trimestre. Secondo i dati dell’Agenzia statale per l’amministrazione dell’assistenza sanitaria, nel 2023 circa 8mila donne erano arrivate in Florida da stati vicini per abortire, quasi il 10 per cento di tutti gli aborti praticati in quell’anno.

Per ora le possibilità che in Florida questo referendum passi non sono alte: non solo perché lo stato è storicamente Repubblicano, ma anche perché il quesito deve essere approvato da almeno il 60 per cento dei votanti, mentre negli altri stati basta il 50 e solo in un caso il 55.

– Leggi anche: In Florida non si può più abortire dopo la sesta settimana di gravidanza

In Nebraska, dove si può abortire fino alla dodicesima settimana, i gruppi anti scelta non hanno cercato di annullare il quesito referendario proposto dai gruppi pro scelta, ma ne hanno proposto uno a loro volta: a novembre i cittadini del Nebraska si troveranno quindi davanti due quesiti referendari. Nel caso entrambi superino il 50 per cento dei voti a favore verrà approvato quello che ne ha presi di più.

Il referendum di iniziativa popolare presentato dai gruppi pro scelta propone di inserire nella costituzione il diritto ad abortire liberamente fino al momento della viabilità, ossia quello, collocabile fra la 22esima e la 24esima settimana, in cui il feto ha buone possibilità di sopravvivere fuori dall’utero.

Quello dei gruppi anti scelta invece chiede di lasciare accessibile l’aborto fino alla dodicesima settimana, ma di renderlo illegale in seguito, salvo in casi di emergenze mediche, stupro o incesto. Questo secondo quesito è abbastanza simile alla legge italiana sull’interruzione di gravidanza, che permette di abortire liberamente fino alla dodicesima settimana e lo ammette in seguito solo in alcuni casi particolari, a cui si aggiunge, rispetto al quesito del Nebraska, quello di gravi malformazioni del feto.

Attiviste pro scelta protestano dentro alla sede del governo del Nebraska per l’entrata in vigore della legge che limita l’accesso all’aborto, a maggio del 2023 (AP Photo/Margery Beck)

Un altro stato al centro di diverse cause legali è l’Arizona, storicamente Repubblicano che alle elezioni del 2020 fu vinto dai Democratici, e oggi considerato in bilico. In Arizona è legale abortire fino alla 15esima settimana. Il quesito referendario propone di estendere il limite fino al momento della viabilità e di inserirlo in Costituzione, specificando che l’aborto è permesso in qualsiasi momento se serve a proteggere la vita o la salute della persona incinta. La campagna per questo referendum di iniziativa popolare ha raccolto più di 820mila firme: significa che la proposta è stata firmata da un elettore su cinque dello stato.

L’associazione antiabortista Arizona Right to Life ha provato a impedire il referendum citando presunti errori e irregolarità nella compilazione delle liste e nella presentazione dei documenti, ma ha poi ritirato le accuse perché considerate da subito prive di fondamento. Ci ha poi riprovato sostenendo che il quesito fosse formulato in modo «intrinsecamente fuorviante», ma la causa è stata respinta.

Un ultimo tentativo è stato quello di chiedere che nel quesito o nel materiale informativo riguardante il referendum non si usassero le parole “embrione” e “feto”, cioè i termini appropriati per indicare alcune delle fasi della gravidanza, ma «essere umano non nato»: una formula appartenente al vocabolario dei gruppi antiabortisti che sostengono che la vita inizi al momento del concepimento ed equiparano l’aborto a un omicidio.

Questa formulazione è stata esclusa dal quesito referendario, che viene sempre redatto dal segretario di Stato, in questo caso del Democratico Adrian Fontes, ma a metà agosto la Corte Suprema dell’Arizona ha ammesso che venga usata nell’opuscolo informativo che lo stato manderà a casa degli elettori per descrivere la proposta di emendamento costituzionale.

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