Il fantacalcio, a mano o con l’app

«Con Simone, il presidente del fantacampionato a cui gioco dal 1994, chiacchieriamo su come il suo ruolo sia cambiato: oggi la maggior parte del lavoro è preparare l’asta e la stagione, perché i conti li fa in automatico il sistema. Prima invece bisognava ingegnarsi sulla carta e con i fogli Excel, e si andava incontro alle continue recriminazioni di chi aveva perso. Per non parlare dell’aleatorietà nel determinare se un giocatore avesse o no fatto un assist o se si trattasse di gol di un attaccante o autogol del difensore. Oggi tutto è sancito dall’app, si possono avere più squadre e le dinamiche di gioco sono molto più complesse. Ma i nostalgici non mancano mai»

Una rissa scoppiata allo stadio Giuseppe Meazza durante il derby Milan-Inter del 22 aprile 2024. (Marco Luzzani/Getty Images)
Una rissa scoppiata allo stadio Giuseppe Meazza durante il derby Milan-Inter del 22 aprile 2024. (Marco Luzzani/Getty Images)
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Faccio il fantacalcio da trent’anni, ormai. Ho iniziato nel 1994, in seconda superiore. Quell’anno il campionato cominciò il 4 settembre, e da allora la prima giornata non ha fatto che arretrare. Quest’anno è stata il 17 agosto, il secondo inizio più anticipato di sempre, dopo il 2022-23, quando iniziò il 13. Trent’anni fa le cose erano molto diverse. C’è chi rimpiange quell’età d’oro, quando a fare il fantacalcio eravamo in pochissimi, facendo i calcoli a mano su fogli sparsi e quadernini e chi invece rivolge uno sguardo entusiasta alle possibilità offerte dall’algoritmo e al futuro brillante di un gioco di fantasia che, ormai, ha rimpiazzato a tutti gli effetti la schedina del Totocalcio.

Nel fantacalcio ciascun giocatore assembla una squadra di fantasia comprando dei calciatori reali all’inizio di ogni stagione. A ogni giornata vera corrisponde una giornata di fantacalcio. Prima che inizi la prima partita della giornata, ciascun giocatore schiera 11 calciatori titolari e una decina di panchinari. Alla fine della giornata si sommano i voti assegnati ai titolari e agli eventuali sostituti, a cui saranno stati già aggiunti automaticamente bonus (gol, assist, rigore parato) e malus (ammonizione, espulsione, autogol). Chi fa più punti, vince (in realtà è molto più complicato perché i punti vengono convertiti in gol – 66 punti un gol, 72 punti 2 gol etc – e ci si affronta in scontri diretti, ma se volete tutte le regole sono qui). Detto questo, il momento più divertente dell’anno è senz’altro l’inizio della stagione quando – dopo la chiusura del calciomercato, che quest’anno è finito il 30 agosto – i fantallenatori si contendono i calciatori facendo un’asta a cui partecipano con crediti finti (100, 500, 1000, a seconda delle scuole di pensiero).

Alla mia prima asta nel 1994 eravamo quattro compagni di classe quindicenni del liceo linguistico Orazio di Roma. Con me c’erano Simone, Francesco e Leonardo. All’epoca Francesco Totti e Alessandro Del Piero erano soltanto delle giovani promesse. Un difensore molto ambito era Lorenzo Minotti, del Parma: oltre a prendere ottimi voti in pagella, faceva anche qualche gol. Stesso discorso per Giovanni Bia dell’Udinese, che prendeva un sacco di 5, ma un golletto riusciva a farlo spesso. Uno di noi puntò quasi tutto sul genoano Marco Nappi, che però quell’anno fu una grande delusione. Perché c’è questo che il calcio ha in comune con Sanremo: le canzoni e i giocatori si agganciano ai ricordi di precise fasi ed eventi della nostra vita. La classifica cannonieri di quella stagione recitava: primo Gabriel Omar Batistuta, Fiorentina (26); secondo Abel Balbo, Roma (22); terzi Ruggiero Rizzitelli, Torino, e Gianfranco Zola, Parma (19). Al quarto posto Tovalieri, Bari; Vialli, Juventus; Signori, Lazio; Simone, Milan (15). E poi a seguire nomi come Ravanelli, Chiesa (Enrico, non il figlio Federico), Muzzi, Skuhravy, Casiraghi, Gullit. Per calcolare i punteggi compravamo la Gazzetta dello Sport e ovviamente facevamo i conti su fogli di carta, a mano, sommando e sottraendo bonus e malus. Un’altra epoca.

– Leggi anche: Il fenomeno dei fantasport

Oggi, trent’anni dopo, il fantacalcio è diventato un brand e una passione nazionale. Ora si fa tutto con l’app – quella che usano tutti si chiama Leghe Fantacalcio – e i conti sono più semplici e per di più automatici, e questo induce a moltiplicare le squadre che ogni giocatore può gestire. Lo scorso anno ho partecipato a ben tre campionati di fantacalcio: quello storico, che non credo di aver mai vinto, va avanti da trent’anni. Ormai da molto tempo siamo in dodici: i sopravvissuti del torneo originale sono solo due, io e Simone, il presidentissimo. Un altro con lo Juventus Club Senago, di cui faccio parte (siamo ben 32 a giocare). Da poco ho aggiunto un terzo torneo: si gioca in modalità Mantra, un’evoluzione del fantacalcio classico con molte più scelte di ruoli e di moduli di gioco. Siamo in dieci fra giornalisti e funzionari della bolla europea di Bruxelles. C’è persino un redattore del Post. Impegnativo, vero, ma c’è chi è più impallinato di me: secondo il libro di Mario Giunta Come sopravvivere al fantacalcio, il telecronista storico di Sky Riccardo Trevisani ne ha curati ben dieci in una sola stagione.

Con Simone chiacchieriamo su come il ruolo del presidente di una Lega sia cambiato con il tempo: oggi la maggior parte del suo lavoro è preparare l’asta e la stagione, poi i conti li fa in automatico il sistema. Prima invece bisognava ingegnarsi a scarabocchiare sulla carta e poi con fogli Excel pieni di formule e filtri, e si andava incontro a snervanti recriminazioni e continue richieste di ricalcolo da parte dei fantallenatori che quella giornata avevano perso. Per non parlare dell’aleatorietà nel determinare se un giocatore avesse o no fatto un assist o se si trattasse di gol di un attaccante o autogol del difensore.

Oggi è tutto ufficialmente sancito dall’app che determina scompensi o euforie di chi vince o perde per mezzo punto. Trent’anni fa era praticamente impossibile pensare di fare più di un fantacalcio, a meno di non voler completamente rinunciare al resto della propria vita, e anche le dinamiche di gioco erano molto più semplici e rudimentali. Certo, i nostalgici non mancano mai. C’è chi rimpiange per esempio l’epoca in cui in Serie A potevamo comprare molti più campioni, cosa che è ancora possibile, a patto di volersi cimentare con le Euroleghe, il fantacalcio che comprende giocatori dei cinque campionati più importanti d’Europa. Per chi proprio non accetta il passare del tempo, c’è anche la possibilità di giocare al fantacalcio vintage, in cui si possono ancora comprare Hernan Crespo o Christian Vieri.

Il fantacalcio non esiste soltanto in Italia o soltanto nel calcio. L’idea di prendere uno sport reale e creare una sorta di gioco di ruolo parallelo che coinvolgesse giocatori, statistiche e risultati nasce negli anni Cinquanta negli Stati Uniti. Il primo protagonista fu il golf e il suo ideatore l’imprenditore californiano Bill Winkenbach. Poi toccò al baseball e infine al football americano. Proprio a quest’ultimo si ispirò il giornalista milanese Riccardo Albini per lanciare nel 1988, in collaborazione con Alberto Rossetti, l’idea del fantacalcio. Il primo test fu fatto con otto squadre in occasione degli Europei del 1988. Gli altri partecipanti erano amici di Albini e Rossetti che frequentavano il bar Goccia D’Oro in via Ausonio a Milano. Fu solo dopo i Mondiali di Italia ’90, però, che si partì con i primi esperimenti con la Serie A. Quando cominciai a giocare ero insomma uno dei primi fantallenatori italiani, e allora ci si contava in migliaia o decine di migliaia al massimo. Trent’anni dopo, i numeri sono imparagonabili.

«Oggi abbiamo oltre cinque milioni di iscritti», spiega Nino Ragosta, direttore di Fantacalcio.it, il brand registrato che da quattro anni è anche partner ufficiale della Serie A e sulla cui piattaforma si stima venga giocato oltre il 90% dei giochi di ruolo legati al calcio in Italia. «Il nostro target primario sono gli uomini fra i 18 e i 44 anni, e la stragrande maggioranza di loro sono fantallenatori. L’esperienza più simile alla nostra è quella del Comunio spagnolo. Noi, comunque, siamo in primis giocatori e quindi tutte le novità che introduciamo anno per anno le introduciamo perché le abbiamo provate e ci convincono. Anche noi giochiamo principalmente per divertirci». Sebbene, come dice Ragosta, nel fantacalcio si giochi quasi sempre fra maschi, ci sono anche esperienze di leghe (cioè tornei) per sole donne e, da pochi anni, c’è anche la possibilità di giocare al Fantawomen, comprando le giocatrici della Serie A femminile.

Anche Ragosta e i suoi collaboratori sanno che l’asta di inizio anno è il momento più importante e atteso di ogni lega che si rispetti. È tanto fondamentale che, per esempio, la nostra lega trentennale si chiama “Il giorno più bello dell’anno”. Le aste possono durare ore interminabili, durante le quali non si guarda in faccia nessuno e si possono rompere amicizie e alleanze concordate in precedenza, facendo accordi sottobanco. Sotto gli occhi di tutti avvengono piccoli e grandi psicodrammi, come quello accaduto ad Antonio, che ho incontrato per caso in aeroporto mentre cercavo un punto di assistenza per disabili.

«Ho fatto un Mantra manageriale – mi ha spiegato – in cui oltre ai bonus e ai malus legati ai singoli giocatori potevamo spendere crediti per l’allargamento dello stadio, l’acquisto di sponsor, di specialisti: un po’ come nel videogioco Football Manager. Una cosa da veri nerd del fantacalcio. Ma durante l’asta, siamo incappati nel peggiore degli incubi: io e l’amico con cui facevamo la squadra insieme, collegati online, non ci siamo resi conto che il nostro microfono era  aperto. In una chiacchierata di otto minuti abbiamo svelato tutte le nostre strategie, mentre gli altri ascoltavano in silenzio assoluto». Vi lascio immaginare come sia andata l’asta. Durante un’asta a me è capitato di assistere a un litigio furioso fra padre e figlio, che si è concluso a colpi di vaffa.

Che si riesca a ritrovarsi tutti insieme, che si faccia in modalità ibrida, con qualcuno in presenza e qualcuno online, che siano tutti collegati, che sia a chiamata selvaggia o per ruolo, in ordine alfabetico, a busta chiusa, rispettando le quotazioni dell’app o rilanciando ogni giocatore da uno a esaurimento crediti, durante l’asta ogni fantallenatore adotta le sue strategie e decide come spendere i propri fantamilioni per formare la sua rosa. È una cosa bella e per me una delle ragioni del successo di questo gioco: l’asta rivela la personalità di ogni giocatore, ed è come partecipare, spesso con i propri amici, a una specie di commedia umana improvvisata.

C’è il tattico, che imposta la squadra già pensando al modulo che intende utilizzare per tutta la stagione. C’è l’improvvisatore: a volte, ma non sempre, un novizio che non ha studiato e segue il listone rilanciando a istinto o sensazione, seguendo i rilanci di quelli che considera più esperti. C’è lo spendaccione, che si ritrova puntualmente senza soldi al momento dei grandi nomi, che spesso sono gli attaccanti che fanno molti gol e quindi portano molti bonus (c’è anche la versione sbadato che semplicemente fa male i conti e alla fine dell’asta ha speso più dei fantamilioni spendibili). C’è il pidocchioso, che al contrario a fine asta resta con un sacco di crediti non spesi e non sa che farsene. C’è lo scout, che si sente un direttore sportivo alla Sean Sogliano, ed è sempre in cerca di quelle che un mio compagno di fantacalcio chiama “le bestie alate”, i giocatori sconosciuti provenienti dalla serie B lettone che solo lui conosce e che si riveleranno dei fenomeni (spoiler: spesso finiranno ceduti in prestito in Belgio). C’è poi l’avvelenatore di pozzi, pronto a sviare gli altri fantallenatori dai suoi veri obiettivi, sminuendo i giocatori che vuole davvero comprare e tessendo le lodi di quelli che vuole sbolognare agli altri. C’è il recriminatore, quello che alla fine dell’asta inizia a mettere le mani avanti sull’andazzo della stagione: «Se avessi rilanciato X»; «ho troppe scommesse, quest’anno» o «i mediani dovrebbero ottenere bonus». E c’è chi, come me lo scorso anno, aveva puntato quasi tutto su uno dei giocatori usciti meglio dalle prime giornate di Serie A: il centravanti montenegrino Nikola Krstovic del Lecce, che partì fortissimo con tre gol nelle prime tre partite di Serie A. Ci investii 45 crediti, per ottenere la miseria di altri quattro gol nel resto della stagione.

Un discorso a parte va fatto per i nomi delle squadre, da cui si può capire di che tipo di fantacalcio si tratta. In quello che faccio con il succitato redattore del Post, la componente Unione Europea è presente in nomi quali Atletico Schinas (dal nome di un commissario) o Panca Centrale Europea (serve che la spieghi?), ma c’è anche una forte connotazione territoriale data da nomi come Atletico Flagey (Place Flagey è una piazza di Bruxelles) e Royale Union Portà Romanà (dalla zona di Milano) o semplicemente una componente più goliardica con nomi quali Lautaro Sì O Mi Signore. Molti sono giochi di parole: ricordo di aver chiamato una squadra Sempre ConTe, quando Antonio Conte era diventato allenatore della Juventus, per poi rinominarla in Ancora ConTe quando sono retrocesso e ho dovuto cambiare il nome. Ma ricordo anche BR7 in memoria di CR7, Atletico Stipati, Zero Tituli, Aston Birra, Casa e Chiesa, AC Tua o LiverPaul Pogba.

Per merito o colpa dell’app ci sono storie di fantacalcio ormai fuori controllo, come quella del Fantacalcio Chiampo, in provincia di Vicenza, con una lega partita ventotto anni fa con otto giocatori e arrivata ora a centoventi squadre divise in Serie A, B, C, D, Eccellenza e Promozione, con cinque promozioni e retrocessioni stagionali. E ci sono gruppi di amici per cui il fantacalcio è diventato, nel corso degli anni, molto più di un semplice gioco e per cui l’asta è diventato un modo per ritrovarsi e aggiornarsi sulle rispettive vite.

Finita l’asta si fanno i bilanci. Si scommette su quale sarà la squadra vincitrice, quale la rivelazione del campionato, chi ha fatto l’acquisto migliore per qualità/prezzo. E poi, finalmente, si schiera la prima formazione. Uno degli incubi classici di ogni fantallenatore è proprio quello di dimenticarsi di schierare la formazione: eppure c’è chi, non schierandola per diversi mesi, si è ritrovato a vincere mille euro. Un altro incubo ricorrente è ottenere 65,5 punti: cioè appena 0,5 punti in meno di quelli che servono per segnare un gol nelle partite fra fantallenatori (la soglia del gol è sempre di 66, cioè il voto totale se tutti i giocatori titolari avessero preso 6). Il famigerato centimetro di Al Pacino in Ogni maledetta domenica nel fantacalcio si traduce in mezzo punto.

Il gioco è diventato così diffuso da coinvolgere anche i calciatori veri. Secondo un recente articolo pubblicato dalla rivista Ultimo Uomo quello tra realtà e finzione è un rapporto delicato. Non è un mistero che diversi giocatori di Serie A siano anche fantallenatori e spesso si mettano al centro delle loro fantasquadre, forse per avere un ulteriore stimolo. È il caso, solo per fare un paio di esempi, dell’attaccante della Juventus Dusan Vlahovic o di quello appena svincolato dall’Empoli, Francesco Caputo che, a suo dire, in fase d’asta avrebbe pagato ben 157 fantamilioni per comprarsi come colonna offensiva della propria squadra.

Un altro dei cambiamenti epocali indotti dalla tecnologia nella storia ormai quasi quarantennale del fantacalcio sono i gruppi WhatsApp legati a ciascuna lega che fioriscono dopo l’inizio del campionato. Nel mio fantacalcio del 1994 ne abbiamo due: uno operativo e un altro per il cazzeggio, che puntualmente devo silenziare per non essere sommerso da video della prossima scommessa della Roma o dai meme post derby. I gruppi WhatsApp sono anche il brodo di coltura della scaramanzia, che nel fantacalcio è la regola. In uno di questi gruppi, per esempio, ho capito che il paranormale esiste, quando un fantallenatore ha scientificamente provato la sua capacità di tirare gufate millimetriche a ciascuno dei suoi avversari. Chiunque abbia fatto almeno un fantacalcio, però, si è sicuramente reso conto che il fattore più importante per vincere è la fortuna. È talmente importante che uno dei tanti strumenti online per avere consigli sull’asta, su chi comprare e chi vendere al mercato di riparazione, su chi schierare la prossima domenica, su chi svincolare alla prima occasione si chiama proprio fantaculo.

Se ancora non vi siete mai cimentati con il fantacalcio, se non avete un amico che vi inviti a un’asta, se già ne fate diversi ma volete aggiungerne un altro paio giusto per rovinare definitivamente la vostra vita, non temete: su Facebook ci sono innumerevoli gruppi che promuovono le proprie leghe per reclutare nuovi partecipanti. E se proprio il calcio non vi piace, ma vi piacerebbe trovare un modo divertente e di gruppo per riepilogare quello che è accaduto, anno dopo anno, nella tecnologia e nelle vostre vite, c’è sempre il fantasanremo.

Maurizio Molinari
Maurizio Molinari

È capo dell’Ufficio del Parlamento Europeo a Milano e responsabile delle relazioni con i media del Parlamento Europeo in Italia. Giornalista professionista dal novembre 2012, ha conseguito un diploma post-laurea in radio e giornalismo della Liverpool Hope University. Prima del 2015 ha lavorato in uffici stampa di ong e come giornalista freelance per media italiani e internazionali, tra cui la BBC e la RSI. Parla fluentemente inglese, francese, tedesco e spagnolo e ha una conoscenza base di russo, olandese e portoghese.

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