Il Kosovo ha chiuso cinque “istituzioni temporanee” serbe nel nord del paese, causando grosse preoccupazioni agli Stati Uniti

Le bandiere della Serbia e del Kosovo (AP Photo/Marjan Vucetic, file)
Le bandiere della Serbia e del Kosovo (AP Photo/Marjan Vucetic, file)

Venerdì le autorità del Kosovo hanno chiuso cinque “istituzioni temporanee” gestite nel nord del paese dalla Serbia. L’ambasciata degli Stati Uniti in Kosovo ha risposto alla decisione esprimendo la «preoccupazione e la delusione di Washington per le continue azioni non coordinate» intraprese dal governo kosovaro «che continuano ad avere un effetto diretto e negativo sui membri della comunità etnica serba e su altre comunità minoritarie in Kosovo». Lo scorso anno c’erano stati grossi e violenti scontri tra la comunità serba del Kosovo e le autorità kosovare, e gli Stati Uniti sono preoccupati che questa decisione possa contribuire a creare nuove tensioni.

Il Kosovo era stato una provincia della Jugoslavia (e quindi della Serbia) prima di dichiarare l’indipendenza nel 2008. La Serbia non ha mai riconosciuto l’indipendenza del Kosovo e si è anche sempre opposta al suo ingresso nelle organizzazioni internazionali. I serbi kosovari sono circa il 10 per cento della popolazione del Kosovo e abitano prevalentemente nel nord. Non hanno mai voluto integrarsi nel resto del paese e sono sempre rimasti molto legati al governo serbo, anche materialmente: i servizi pubblici (come le scuole, le poste e gli ospedali) e i sussidi per le comunità del nord del Kosovo sono tutti pagati dalla Serbia, gestiti attraverso “istituzioni temporanee” controllate dal governo serbo e giudicate incostituzionali da quello kosovaro.

Il governo del Kosovo ha sempre rifiutato la richiesta di concedere un’autonomia più ampia ai comuni serbi del nord, così come di formare una comunità autonoma che la garantirebbe, per il timore di non riuscire più a esercitare la piena sovranità su questo territorio.