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  • Mercoledì 28 agosto 2024

È stato trovato il corpo di un alpinista italiano morto sulle Ande nel 1959

L'identità di Vincenzo Chiaranda è stata confermata dopo oltre due anni di ricerche, fatte da due alpinisti cileni che sono riusciti a risalire ai familiari

Il Mercedario, montagna della cordigliera delle Ande
Il Mercedario, montagna della cordigliera delle Ande (Wikimedia/WeHaKa)
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Per oltre due anni due alpinisti cileni hanno cercato di ricostruire la storia del corpo di un uomo trovato nel gennaio del 2022 scendendo dalla vetta del Mercedario, una montagna cilena della cordigliera delle Ande alta circa 6.770 metri. Le ricerche si sono concluse solo lo scorso anno, quando gli alpinisti sono riusciti a confermare l’identità di quel corpo ibernato risalendo ai familiari di Vincenzo Chiaranda, un alpinista italiano originario del Friuli Venezia Giulia morto durante una spedizione nel 1959. La notizia è stata resa nota solo ora dal Messaggero Veneto.

Chiaranda era originario di Grizzo, una frazione di Montereale Valcellina, in provincia di Pordenone. Era nato nel 1909. Prima di partire per il Sudamerica era emigrato in Bulgaria e in Svizzera. Nel 1946 raggiunse in Argentina il fratello Angelo. Nel 1948 si trasferirono a Santiago, la capitale del Cile, dove aprirono un ristorante molto frequentato da artisti e scrittori. Lo chiamarono Chiaranda.

Parallelamente al lavoro nel ristorante, Vincenzo Chiaranda coltivava la passione dell’alpinismo. Nel 1953 salì sulla vetta dell’Aconcagua (6.960 metri), la montagna più alta del continente americano, e nel 1956 raggiunse la cima dell’Ojo de Salado (6.880 metri), il vulcano più alto del mondo.

Chiaranda affrontò la salita verso la cima dell’Aconcagua portando con sé un tavolino di alluminio. Quando arrivò sulla vetta salì sul tavolo per proclamarsi la persona più alta salita su quella montagna. L’impresa fu documentata con una macchina da presa e finì in un cortometraggio intitolato Un metro mas alto que el Aconcagua, un metro più alto dell’Aconcagua.

Il ritrovamento del corpo di Chiaranda e le ricerche dei due alpinisti cileni hanno permesso di ricostruire cosa accadde durante la spedizione del 1959, quando l’alpinista italiano morì. Nel gennaio del 2022 Horacio Ritter ed Erick Pizarro si sono imbattuti nel telaio dello zaino di Chiaranda dopo essersi persi nella nebbia, verso il campo base del Mercedario, durante un tentativo di raggiungere la cima non andato a buon fine. Accanto allo zaino c’erano sei contenitori di alluminio con all’interno altrettante bobine registrate da Chiaranda durante la sua ultima scalata. Il corpo dell’alpinista italiano era poco distante, ibernato. Aveva con sé la piccozza, la macchina fotografica e un orologio che gli alpinisti cileni hanno poi portato al campo base.

Durante le ricerche per risalire all’identità del corpo, i due alpinisti cileni hanno recuperato il diario di un altro alpinista che partecipò alla spedizione del 1959. Secondo il racconto del diario, Chiaranda raggiunse la cima del Mercedario insieme ad altri due alpinisti. Durante la discesa, molto complicata a causa della nebbia, uno di loro si congelò i piedi e fu portato in braccio dall’altro alpinista che era con lui. Nel diario si legge anche che Chiaranda rimase indietro per fare delle riprese e che i due alpinisti provarono a chiamarlo, invano.

Uno dei due alpinisti che hanno trovato il corpo di Chiaranda, Ritter, ha incontrato i familiari dell’alpinista italiano, a cui ha portato l’orologio recuperato sul Mercedario e altri oggetti di Chiaranda. Ha detto che il corpo era in una posizione rilassata, come se si fosse fermato a riposare, appoggiato allo zaino in una posizione tipica di chi si ferma per raccogliere le forze e ripartire. «Oggi, finalmente, posso pensare che mio zio, il mio mito sin da bambino, si sia addormentato sereno tra le sue amate montagne», ha detto il nipote Luciano Chiaranda al Messaggero Veneto.