Perché gli arrivi di migranti via mare sono molti meno delle ultime estati
C'entrano soprattutto gli accordi che il governo italiano ha fatto con la Tunisia, e forse nuove politiche del governo ivoriano verso i migranti
Nell’ultima settimana sono arrivati in Italia via mare 2.469 migranti, buona parte delle quali è sbarcata sulla piccola isola di Lampedusa, più vicina alle coste della Tunisia che a quelle siciliane. A meno di sorprese e di ingenti arrivi nelle prossime settimane, però, questi numeri non cambieranno una tendenza evidente: quest’estate gli arrivi via mare di migranti sono stati molti di meno rispetto agli ultimi anni.
Secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno italiano, dal primo giugno al 27 di agosto del 2024 sono arrivati sulle coste italiane 19.025 migranti. Fra giugno e agosto del 2023 erano stati 64.257, più del triplo. Nello stesso periodo nel 2022 erano sbarcati 38.776 migranti. Era dal 2020, cioè l’anno in cui iniziò la pandemia, che non si osservavano numeri così bassi.
Alcuni dati riservati del ministero dell’Interno mostrano in particolare che rispetto all’anno scorso sono arrivati molti meno migranti dalla Tunisia, che nel 2023 era stato di gran lunga il paese principale di partenza. Dal primo gennaio al 27 agosto del 2023 arrivarono dalla Tunisia via mare 74.413 migranti; nello stesso periodo del 2024 sono stati 14.027, meno di un quinto. Si sono ridotti anche gli arrivi dalla Libia, anche se in maniera più contenuta: dal primo gennaio al 27 agosto del 2023 erano stati 33.844, mentre nel 2024 sono stati 23.548, una riduzione del 30,4 per cento.
La netta riduzione si spiega soprattutto con l’aumento degli sforzi delle autorità tunisine e libiche per impedire con la forza le partenze di migranti, sia in mare sia a terra: una richiesta esplicita dell’Italia e dell’Unione Europea, nonostante venga spesso realizzata con metodi poco rispettosi dei diritti umani. L’approccio è stato rivendicato anche dal ministro dell’Interno italiano, Matteo Piantedosi, che durante una conferenza stampa tenuta il 15 agosto ha parlato degli sforzi italiani per rafforzare la «capacità operativa e di controllo delle frontiere marittime e terrestri» di Libia e Tunisia.
A ridurre il numero di arrivi sulle coste italiane potrebbe aver contribuito anche la maggiore frequentazione di altre rotte migratorie verso l’Europa, anche se ricostruire come cambiano le reti di trafficanti e facilitatori è sempre piuttosto complesso. Secondo i dati dell’UNHCR, l’agenzia ONU per i rifugiati, nel 2024 in Grecia sono arrivati finora via mare 27.414 migranti. Nei primi otto mesi del 2023 erano stati 14.651. Anche in Spagna gli arrivi via mare sono aumentati di circa il 63 per cento rispetto ai primi otto mesi del 2023.
La riduzione degli arrivi verso l’Italia sembra comunque dovuta in gran parte a quello che sta succedendo in Tunisia.
Nell’estate del 2023 il governo italiano e la Commissione Europea avevano stretto un accordo col governo autoritario tunisino del presidente Kais Saied, a cui avevano chiesto un maggiore impegno nel fermare le partenze dei migranti. In cambio l’Unione Europea aveva promesso aiuti e finanziamenti in altri settori, oltre a un aiuto nel sbloccare la richiesta della Tunisia di ricevere un prestito da 1,9 miliardi di euro dal Fondo Monetario Internazionale (richiesta che al momento non è stata ancora accolta).
Nell’ambito dell’accordo la Tunisia aveva anche ricevuto 105 milioni di euro dalla Commissione Europea per rafforzare le proprie autorità che si occupano di pattugliare i confini del paese. Di questi 105 milioni, 17 sono stati stanziati per fornire nuovi mezzi navali alla Garde nationale, il corpo militare tunisino che fra le altre cose svolge le funzioni di guardia costiera, e per permettere alla Tunisia di istituire una propria zona SAR, cioè una zona dove si impegna a mantenere attivo un servizio di ricerca e soccorso. Prima ne aveva una soltanto informale.
Negli ultimi mesi sembra però che le intercettazioni in mare della Garde nationale siano rimaste perlopiù stabili. Secondo i dati diffusi dal Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes) nel 2023 erano state in tutto 80.636. A Ferragosto il governo italiano ha detto che fra Libia e Tunisia nel 2024 erano state intercettate in mare circa 60mila persone. Non sono disponibili dati nazionali per la Libia e la Tunisia, ma il ministero ha fatto sapere che più o meno si equivalgono: parliamo quindi di circa 30mila intercettazioni per paese dall’inizio del 2024.
Le intercettazioni in mare delle autorità libiche e tunisine avvengono quasi sempre in maniera violenta, con scarso rispetto dei diritti umani delle persone migranti.
La cosiddetta guardia costiera libica, finanziata e addestrata dall’Unione Europea, compie spesso manovre pericolose quando approccia le imbarcazioni di migranti al largo delle proprie coste: sono noti diversi casi di migranti annegati durante le intercettazioni, mentre quelli caricati a bordo vengono colpiti con fruste e bastoni. Anche la Garde nationale tunisina è nota per i suoi metodi violenti. A luglio sul Manifesto il giornalista Matteo Garavoglia ha raccontato di un’intercettazione in mare assai spericolata compiuta dalle autorità tunisine, che hanno speronato più volte un barchino partito dalla periferia nord della città tunisina di Sfax. Durante l’intercettazione il barchino si è sfasciato: almeno 15 persone sono morte annegate.
I dati che riguardano queste intercettazioni, però, sono in linea con quelli del 2023. Il ministero dell’Interno italiano spiega che la riduzione degli arrivi degli ultimi mesi si deve soprattutto all’intensificazione delle attività a terra da parte delle autorità tunisine.
Già dalla scorsa estate la Garde nationale racconta regolarmente di operazioni per chiudere alcune officine che a Sfax, la città tunisina da cui parte la maggior parte delle imbarcazioni di migranti, realizzano barchini in ferro. Sono imbarcazioni usa e getta, assai instabili e inadatte a ospitare le decine di persone che vengono fatte salire a bordo dai trafficanti: anche quello speronato nell’operazione raccontata dal Manifesto era un barchino in ferro.
A utilizzarli sono soprattutto persone provenienti dall’Africa subsahariana che cercano di lasciare la Tunisia per via delle discriminazioni sistematiche nei loro confronti promosse dal governo autoritario di Saied. Da circa un anno e mezzo il governo Saied addossa le responsabilità della grave crisi economica tunisina proprio ai migranti subsahariani.
Le discriminazioni nei confronti delle persone subsahariane continuano ancora oggi, e anzi sono ulteriormente peggiorate. Da circa un anno le autorità tunisine compiono arresti di massa di migranti subsahariani sulla terraferma, soprattutto a Sfax. Durante queste operazioni decine di persone vengono caricate con violenza su dei pullman e abbandonate al confine desertico con la Libia oppure l’Algeria.
Fra l’estate del 2023 e il marzo del 2024 la missione dell’ONU in Libia ha contato 8.664 migranti individuati dalle autorità libiche al confine con la Tunisia. A maggio un’inchiesta di diversi giornali internazionali, fra cui il sito di news italiano IrpiMedia, ha verificato 11 casi di espulsione forzata di migranti in zone desertiche di confine. È probabile che siano molte di più, dato che le autorità tunisine sequestrano i telefoni delle persone che rapiscono.
Rispetto al 2023, fra l’altro, dalla Tunisia stanno arrivando in Italia molte meno persone provenienti dalla Costa d’Avorio. L’anno scorso la Costa d’Avorio era stata il terzo paese da cui provenivano più migranti via mare, con 16.051 arrivi (il primo paese di provenienza era stata la Guinea Conakry, il secondo la Tunisia). Quest’anno invece sono arrivati via mare in Italia appena 771 migranti ivoriani.
Secondo il ministero dell’Interno, la riduzione è dovuta a un accordo stretto fra il governo italiano e quello della Costa d’Avorio, che fra le altre cose prevede un maggiore impegno delle autorità ivoriane nel controllo dei propri confini. Una persona che lavora in una organizzazione internazionale che si occupa di migrazione e che preferisce rimanere anonima ritiene possibile che alcuni ivoriani siano stati disincentivati ad arrivare in Tunisia dopo aver saputo delle violenze e delle discriminazioni sistematiche nei confronti delle persone subsahariane.