Spostare un milione di persone da una baraccopoli indiana
È un progetto estremamente ambizioso che riguarda il quartiere Dharavi di Mumbai, una delle aree più densamente popolate al mondo
Lo scorso anno il gruppo industriale Adani, uno dei più grandi e importanti dell’India, ha ottenuto un enorme appalto per il rinnovamento del quartiere Dharavi, a Mumbai. Dharavi è una delle più grandi baraccopoli (o “slum”) dell’India e dell’Asia, nata spontaneamente oltre un secolo fa e diventata nei decenni una tra le aree con più densità di popolazione al mondo: in circa 2,6 chilometri quadrati vive un milione di persone, in condizioni igieniche assai precarie. Secondo i progetti presentati, il rinnovamento dovrebbe trasformare Dharavi «in una città all’avanguardia», ma per farlo dovrà trasferire la gran parte della sua popolazione.
Il rinnovamento di Dharavi è molto complesso, anche per un gruppo enorme come Adani (che peraltro fornisce l’energia a tutta Mumbai): il progetto prevede la costruzione di case, di aree industriali e commerciali, di spazi aperti pubblici, di un ospedale e di scuole, dopo l’abbattimento di quasi tutti gli edifici attuali. I residenti nelle abitazioni al piano terra che dimostrino di abitare nel quartiere da prima del 2000 avranno diritto gratuitamente a una casa da 32 metri quadrati (con zona letto, cucina e bagno); gli abitanti degli altri piani o arrivati fra il 2000 e il 2011 una casa da 28 metri quadrati in un raggio di 10 chilometri da Dharavi, con un pagamento una tantum dell’equivalente di circa 3.000 euro; chi è arrivato dopo una casa in affitto (entro la stessa distanza).
Le dimensioni delle abitazioni sono nella maggior parte dei casi un miglioramento (famiglie di 5-6 persone vivono oggi in case di meno di 10 metri quadrati), ma le condizioni richieste per essere considerati “idonei” al ricollocamento sono considerate troppo stringenti e hanno provocato già numerose proteste. Le associazioni dei residenti sostengono che solo il 5 per cento della popolazione, circa 50.000 abitanti, abbia documenti validi per provare i propri diritti, mentre molte famiglie vivono su piani diversi degli stessi edifici e secondo il progetto dovrebbero dividersi o ricollocarsi tutti in una singola abitazione.
Molti dei residenti non hanno poi la disponibilità economica per pagare i 3.000 euro necessari o l’affitto, mentre i proprietari di negozi o aziende temono di perdere la loro clientela e i loro affari in caso di ricollocamento.
Non è la prima volta che si parla di un progetto di rinnovamento di Dharavi, ma a marzo erano cominciate le interviste porta a porta per definire chi avesse diritto a una nuova casa. Il gruppo Adani aveva assicurato che il progetto si sarebbe concluso entro i sette anni previsti: ora però ci sono molte meno certezze.
I primi insediamenti a Dharavi, su un’area che in precedenza ospitava un villaggio di pescatori e una discarica, risalgono alla fine del 1800, durante il periodo coloniale inglese. L’area crebbe nei decenni successivi con insediamenti informali messi in piedi da immigrati provenienti da altre zone dell’India. Ospitava non solo abitazioni di fortuna, ma anche industrie: all’inizio furono i vasai del Gujarat (ovest del paese), poi i conciatori di pelli del Tamil Nadu (sud), poi tessitori e ricamatori dell’Uttar Pradesh (nord).
Oggi Dharavi è anche un importante centro di riciclaggio dei rifiuti, settore che secondo le stime impiega oltre 250mila persone e contribuisce all’enorme inquinamento delle sue vie, dei suoi vicoli e delle sue acque. Attirate dalle possibilità di lavoro, migliaia di famiglie si sono stabilite nella baraccopoli, il cui PIL (prodotto interno lordo) è stato stimato in 1 miliardo di dollari l’anno.
Solo dagli anni Settanta nel quartiere furono costruite strade asfaltate e reti fognaria, idrica ed elettrica, che comunque rimasero largamente insufficienti: ancora oggi la raccolta dei rifiuti è parziale e le discariche non autorizzate sono molte. Le abitazioni nacquero inoltre in modo disordinato e spontaneo, e spesso i proprietari aggiunsero livelli e piani alle costruzioni originarie, con distanze ridottissime le une dalle altre: il risultato è che oggi alcuni vicoli sono così stretti da permettere il passaggio di una sola persona alla volta.
Dharavi è in una zona piuttosto centrale, rispetto alle dimensioni di Mumbai, e vicina all’aeroporto internazionale, tanto da essere ben visibile dagli aerei in fase di partenza e atterraggio. È diventata famosa anche all’estero grazie al film The Millionaire, di Danny Boyle, che nel 2009 vinse otto premi Oscar. Per dare un’idea della densità abitativa, l’area non è molto più grande di quella del Principato di Monaco (2,02 chilometri quadrati), dove però i residenti sono meno di 40mila, contro il milione di Dharavi, e il quartiere più popolato d’Italia, il Don Bosco di Roma, ha una densità di un decimo.
Di rinnovare Dharavi si parla da decenni, sin dagli anni Novanta, ma vari progetti sono falliti o sono stati sospesi. Rendere le baraccopoli quartieri “normali”, meno soggette a epidemie, incendi e condizioni di vita difficili e pericolose viene indicato spesso come un’esigenza dalla classe politica indiana, ma è molto complesso. Lo è particolarmente a Dharavi, per le enormi dimensioni del quartiere e per la sua posizione, in un’area in cui i terreni hanno acquisito valori piuttosto alti.
Il gruppo Adani vinse la gara d’appalto nel 2022: a organizzarla era stato il governo dello stato del Maharashtra (dove si trova Mumbai). Il gruppo è stato fondato da Gautam Adani, oggi 62enne, cresciuto in una famiglia della classe media e diventato l’uomo più ricco dell’India. Adani ha costruito un impero economico nel campo delle infrastrutture e dell’energia, possiede la seconda più grande impresa di costruzioni del paese, tredici porti (fra cui il più grande del subcontinente indiano, quello di Mundra), alcune linee ferroviarie, fra cui quella in costruzione fra Delhi e Mumbai, otto aeroporti, sei centrali a carbone in India e due all’estero (Indonesia e Australia).
Negli ultimi anni sta riconvertendo molti dei suoi investimenti sulle fonti rinnovabili di energia, settore in cui conta di guadagnare la leadership mondiale entro il 2030.
La sua ascesa economica è coincisa con quella politica del primo ministro Narendra Modi, a cui è molto vicino. Negli anni le sue aziende sono state coinvolte in diversi scandali: l’ultimo è del gennaio 2023, quando una piccola ma stimata azienda di ricerca aveva pubblicato un’inchiesta che lo accusava di aver costruito la sua ricchezza tramite pratiche illegali, messe in atto grazie a una fitta rete di società registrate in cosiddetti “paradisi fiscali”. L’inchiesta aveva provocato grandi perdite in Borsa al gruppo ma la magistratura indiana aveva deciso di non far seguire azioni giudiziarie.
Rispetto alla vittoria dell’appalto per Dharavi ci sono accuse di eccessiva vicinanza con il partito di governo, il Bharatiya Janata Party (BJP), e cause legali di aziende rivali che avevano partecipato a una gara precedente, poi annullata.
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Nonostante le proteste, è probabile che il progetto del gruppo Adani andrà avanti comunque, anche grazie alla collaborazione fra il gruppo industriale e lo stato del Maharashtra. Esiste però un altro problema di difficile soluzione: il gruppo non è riuscito finora a individuare nessuna zona in cui acquistare terreni per ricollocare gli “esuberi” di Dharavi, che saranno come minimo 700mila. Alcuni portavoce del progetto hanno confermato che finora i tentativi di acquisto non sono andati a buon fine, anche perché Mumbai ha più di 20 milioni di abitanti ed è una delle megalopoli più in crescita del paese: gli spazi per nuove case sono pochi, e molto cari. I proprietari pubblici e privati non sono interessati a vendere al prezzo proposto dal gruppo.