Case da disco
Alcune abitazioni finite su grandi copertine sono diventate oggetto di pellegrinaggi, altre sono state demolite, e altre ancora sono su Airbnb
Gli American Football vengono dall’Illinois e sono una tra le band emo e post-rock più amate. Per molti fan, la prima immagine che viene in mente quando si parla di loro è quella della copertina del loro primo, omonimo disco del 1999, che hanno anche ripreso nelle scenografie dei loro recenti concerti in Europa. Ritrae una casa bianca costruita nel 1893 che si trova al 704 di West High Street a Urbana, in Illinois, vicino al campus dell’università.
Nel tempo ha ospitato un sacco di studenti, feste e concerti punk, e la facciata fotografata da Chris Strong per il disco di debutto della band è così famosa che durante la pandemia da coronavirus ne è stata ricreata una versione digitale nel videogioco Minecraft.
Nel maggio del 2023 i membri della band hanno comprato l’edificio assieme a Strong, alla loro etichetta discografica (la Polyvinyl), al fotografo e skateboarder Atiba Jefferson e a una società immobiliare, con l’obiettivo di tutelarlo ed evitare una possibile demolizione, trasformandolo in uno spazio aperto dedicato ad artisti e musicisti. Da qualche mese la casa si può affittare tramite Airbnb: sul sito dedicato viene offerto uno sconto alle band in tour che hanno bisogno di un posto dove stare tra una data e l’altra.
È una delle case più famose del rock alternativo americano, ma la sua storia non è così unica: molte altre abitazioni finite sulle copertine di dischi famosi sono diventate mete di pellegrinaggio dei fan, oggetto di leggende e speculazioni o anche soltanto della curiosità degli appassionati.
Eminem – The Marshall Mathers LP (2000)
È la casa d’infanzia di Eminem e compare sia sul suo primo disco sia sull’ottavo, The Marshall Mathers LP 2, del 2013. Il rapper statunitense disse di avere «un sacco di ricordi belli e brutti legati a quella casa», e che metterla sulla copertina dell’album significava un po’ avercela fatta. Si trovava al 19946 di Dresden Street a Detroit, non lontano dalla 8 Mile, l’autostrada che attraversa la città resa celebre proprio da Eminem. Ormai però non esiste più.
Il disco del 2000 aveva una copertina alternativa in cui il cantante era accovacciato all’esterno della casa, circondato da bottiglie di alcolici e boccette di farmaci, mentre quello del 2013 la mostrava in rovina, con porte e finestre sbarrate. La casa l’aveva comprata nel 1987 sua madre, Deborah Nelson, ma nel 2001 fu pignorata e all’uscita di The Marshall Mathers LP 2 era disabitata da tempo. Due giorni dopo la pubblicazione del disco fu danneggiata in un incendio e infine demolita per motivi di sicurezza.
CCCP – Epica Etica Etnica Pathos (1990)
Quella che si vede sulla copertina e nel libretto del quarto e ultimo disco in studio dei CCCP è Villa Pirondini, una villa del Settecento che si trova a Rio Saliceto, in provincia di Reggio Emilia. Era abbandonata da tempo e la band – una delle più amate e influenti della storia del rock e del punk italiani – ci si trasferì per circa tre mesi per registrare le sue nuove canzoni, quasi del tutto in analogico, in presa diretta: il risultato, dicono le note di copertina, fu «tutto lo sporco degli anni ’90 con la tecnologia degli anni ’70».
La foto di copertina fu scattata dal celebre fotografo Luigi Ghirri e mostra la cappella della villa adattata a studio di registrazione, con mixer, strumenti, cavi e apparecchiature che occupano la stanza, dalle pareti affrescate e scrostate. Da quel ritiro uscì il disco più maturo e ricco dei CCCP, anche grazie alla presenza di musicisti nuovi, come il bassista Gianni Maroccolo, il chitarrista Giorgio Canali, il tastierista Francesco Magnelli e il batterista Ringo De Palma: oltre a ballate note anche a un pubblico più ampio, come “Amandoti” e “Annarella”, conteneva pezzi lunghi e strumentalmente articolati come “Aghia Sophia”, “Narko’$” e “Maciste contro tutti”, che anticipavano quello che sarebbero stati i CSI.
Oasis – Definitely Maybe (1994)
La notizia musicale di questi giorni è la reunion degli Oasis, la celeberrima band dei fratelli Liam e Noel Gallagher, che proprio il 29 agosto festeggerà il 30esimo anniversario del suo primo album, Definitely Maybe, che li rese uno dei gruppi rock di maggior successo degli anni Novanta. Anche la copertina di questo disco ha per protagonista una casa, e in particolare il salotto del chitarrista Paul Arthurs, che allora viveva all’8 di Stratford Avenue, nel sud di Manchester.
Michael Spencer Jones, il fotografo che ideò la copertina, raccontò che Noel Gallagher avrebbe voluto la band attorno a un tavolo da pranzo: la stanza però era così piccola che per farci stare tutti Spencer Jones dovette usare il grandangolo e chiedere a suo fratello di sdraiarsi per terra, in modo da sfruttare uno spazio altrimenti vuoto. Il fotografo propose a ogni membro della band di metterci qualcosa di suo: Noel Gallagher scelse di includere il poster del pianista e compositore Burt Bacharach, che si vede sulla sinistra, e il film Il buono, il brutto, il cattivo alla tv. Siccome sia i fratelli Gallagher sia il bassista Paul McGuigan erano tifosi del Manchester City, davanti al camino c’è una foto del calciatore degli anni Settanta Rodney Marsh, mentre sul davanzale se ne intravede una di George Best del Manchester United, la squadra del padrone di casa.
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Sul set la band stava bevendo birra Red Stripe, ma includerla nella copertina sarebbe stata pubblicità occulta, così Spencer rimpiazzò le bottiglie con bicchieri riempiti con una bibita a base di ribes nero diluita per sembrare vino. C’è una leggenda metropolitana secondo cui gli Oasis usarono quella perché il vino non se lo potevano permettere, ma il fotografo ha spiegato che non è così: diluire la bibita Ribena con l’acqua era un trucco che aveva imparato al college e che si faceva in tutti i set in cui bisognava fotografare il vino rosso.
Eric Clapton – 461 Ocean Boulevard (1974)
461 Ocean Boulevard è l’indirizzo della casa di Golden Beach, in Florida, dove Eric Clapton viveva mentre registrava il suo secondo album di studio, pubblicato nel luglio di cinquant’anni fa. Il chitarrista inglese era tornato a fare musica dopo una pausa legata ai suoi problemi di dipendenza dall’eroina, e alla fine 461 Ocean Boulevard vendette più di 2 milioni di copie in tutto il mondo, anche grazie al successo del singolo “I Shot the Sheriff”, una cover di Bob Marley, a cui sembra che la sua versione fosse piaciuta.
Minor Threat – Salad Days (1985)
Parlando di case che sono diventate mete di pellegrinaggio, non si può non citare quella che compare sulla copertina di Salad Days, l’ultimo EP della band hardcore punk dei Minor Threat di Washington D.C.. Nel 1981 il cantante Ian MacKaye e il batterista Jeff Nelson si erano trasferiti in una casetta di Arlington, in Virginia, che diventò contemporaneamente il posto in cui i due vivevano, provavano e gestivano la loro etichetta discografica, la Dischord. Lo scantinato divenne una sala prove a tempo pieno e la casa si trasformò in un luogo di ritrovo per le persone della scena, uno spazio condiviso e un simbolo dell’etica del “do it yourself”, ovvero di gestire le cose da sé.
La fotografia della copertina fu scattata da Glen E. Friedman, uno dei fotografi più influenti della cultura dello skateboard e della musica hardcore negli Stati Uniti, e lo scatto in cui i quattro membri della band sono seduti sui gradini dell’ingresso della “Dischord House” è stata citata, imitata e riprodotta innumerevoli volte, anche dalla band stessa. Salad Days (che vuol dire qualcosa come “i bei tempi andati”) fu pubblicato due anni dopo lo scioglimento della band; pochi anni dopo MacKaye formò i Fugazi, una delle band post hardcore più influenti della storia.
Idles – Crawler (2021)
Nella copertina del quarto album della band di Bristol, ormai una delle più affermate del post-punk contemporaneo, compare un astronauta sospeso fuori da una villa con grosse finestre, dietro alle quali si vedono una scala, ampi tendaggi, lampade moderne e altre finestre: forse un richiamo all’esperienza del cantante Joe Talbot dopo un incidente d’auto legato al consumo di droghe. Anche qui si può alloggiare tramite Airbnb: si trova a Bridlington, nello Yorkshire, nel nord-est dell’Inghilterra.
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Tame Impala
- The Slow Rush (2020)
La copertina dell’ultimo disco degli australiani Tame Impala ricorda un paesaggio onirico e spettrale, ma per quanto sia stata ritoccata deriva dalla foto di un posto reale: Kolmanskop, una città della Namibia che a inizio Novecento era tra le più ricche del continente grazie alle sue miniere di diamanti.
Al tempo a Kolmanskop c’erano un casinò, una sala concerti e case ispirate a quelle europee: la città fu progressivamente abbandonata dopo la Prima guerra mondiale, quando l’attività estrattiva cominciò a calare, e oggi è una destinazione turistica molto popolare, anche per via dell’atmosfera che si crea durante le frequenti tempeste di sabbia. La foto di copertina è del fotografo Neil Krug, che l’ha pensata assieme al cantante della band, Kevin Parker.
Pink Floyd – Ummagumma (1969)
Ummagumma è uno dei pochi dischi dei Pink Floyd in cui compaiono i membri della band in copertina, che è nota soprattutto perché è un tipico esempio del cosiddetto effetto Droste: un effetto grafico “ricorsivo”, che si crea cioè quando un’immagine contiene sé stessa e via così, potenzialmente all’infinito. Il nome dell’effetto deriva da una pubblicità del marchio di cacao Droste, in cui si vedeva una latta di cacao che conteneva una versione più piccola della pubblicità stessa. È un espediente spettacolare e molto usato anche nell’arte, per esempio dall’artista olandese Maurits Cornelis Escher.
La copertina fu realizzata dal gruppo di artisti Hipgnosis, frequenti collaboratori della band inglese, e contiene una loro foto sull’uscio di una casa nota come Trinity House a Great Shelford, poco a sud di Cambridge, la loro città. Era una grande dimora in stile edoardiano che apparteneva alla famiglia della fidanzata di Storm Thorgerson, il fotografo che scattò la foto. La prima formazione della band, quella con Syd Barrett, ci suonò un concerto privato nel 1965 per il 21esimo compleanno di un amico. Nella stessa occasione suonarono anche i Jokers Wild, band in cui all’epoca suonava David Gilmour, che avrebbe poi preso il posto di Barrett. Nel 2017 la casa e il suo grande giardino sono stati messi in vendita per oltre 3 milioni di sterline.
Keith Jarrett – The Survivors’ Suite (1977)
Non è chiaro se la casa bianca accanto a un lago o a un fiume sulla copertina di Survivors’ Suite di Keith Jarrett abbia un qualche significato per il noto pianista jazz. A ogni modo la foto di copertina fu scattata proprio da Jarrett, che registrò l’album con il suo cosiddetto “quartetto americano”, composto anche da Dewey Redman, Charlie Haden e Paul Motian. È il disco più amato di Jarrett, se si esclude il suo famoso Köln Concert, che ebbe un enorme successo anche fuori dal pubblico del jazz.
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Fabrizio de André – Crêuza de mä (1984)
Crêuza de mä è considerato il disco più rappresentativo della canzone genovese e l’espressione che dà il titolo all’album indica uno di quei viottoli o mulattiere tipiche della Liguria che salgono dal mare verso le colline. Fabrizio De André tuttavia avrebbe voluto scrivere le sue canzoni in una lingua immaginaria, ricavata dalla commistione di lingue parlate nel bacino del Mediterraneo, come arabo e turco. Probabilmente è anche per questo che per la sua copertina scelse il profilo di una casa greca, dietro alla quale si vede un cielo blu molto terso.
La foto fu scattata dal fotografo statunitense Jay Maisel, peraltro autore di un’altra celeberrima foto di copertina: quella di Kind of Blue di Miles Davis (1959).
The National – Sleep Well Beast (2017)
Il fienile che si vede nella copertina del settimo album dei National è un po’ una seconda casa per la famosa band indie rock di Cincinnati. Risale al Settecento, si trova nella valle del fiume Hudson, a nord di New York, ed è stato comprato dal chitarrista Aaron Dessner, che lo ha trasformato in uno studio di registrazione. I National si sono formati nell’Ohio nel 1999, ma ora vivono sparsi tra altre parti degli Stati Uniti, Francia e Danimarca: per scrivere il disco si sono riuniti lì, dove hanno trascorso «la maggior quantità di tempo nella stessa stanza fin dagli inizi», ha detto il fratello di Dessner, Bryce, a sua volta chitarrista nella band.
La foto della copertina è stata scattata da Graham MacIndoe e mostra dietro a una grande finestra i membri della band e una donna, che secondo alcuni utenti dei social network sembrava essere Taylor Swift. I National in effetti hanno collaborato con la popstar più famosa del momento, ma con ogni probabilità quella nella foto è Carin Besser, la moglie del cantante Matt Berninger, che scrive i testi delle canzoni della band assieme al marito fin dal 2007.
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Arctic Monkeys – Favourite Worst Nightmare (2007)
Il cantante Alex Turner spiegò che l’idea per la copertina di questo disco era mostrare un edificio con un esterno «davvero piatto, noioso» e ispirato ai paesaggi industriali cupi di una volta, però con un’esplosione di colore all’interno. Per questo le persone dello studio di design Juno tirarono giù alcune pareti interne di un edificio in disuso nel quartiere di Garston, a Liverpool, e dipinsero con colori sgargianti le altre. Dopo l’uscita dell’album l’edificio diventò un ritrovo serale di gruppi di ragazzini.
Led Zeppelin – Physical Graffiti (1975)
È una copertina d’impatto e immediatamente riconoscibile, ideata dal designer Peter Corriston, che in un’intervista data al New York Times nel 2002 raccontò di essere andato in giro per settimane per trovare il posto che aveva in mente. Lo trovò tra il 96 e il 98 di Saint Mark’s Place, due palazzi residenziali di cinque piani di New York. Nel disegno finale ne tolse uno, per farci stare tutto nella copertina quadrata di un vinile. Aneddoto: gli edifici della stessa piazza compaiono anche nel video di “Waiting On A Friend” dei Rolling Stones.
Fontaines D.C. – Skinty Fia (2022)
Un’altra copertina piuttosto d’impatto che mostra una casa è quella del terzo disco della band post-punk irlandese dei Fontaines D.C., che dedicano sia quella sia il titolo a una vecchia imprecazione irlandese che significa suppergiù “la dannazione del cervo”. Il cantante Grian Chatten ha raccontato che “skinty fia” lo diceva sempre una prozia del loro batterista, che parlava solo irlandese e la usava come intercalare, e che l’idea di chiamare l’album così cominciò a prendere forma mentre la band era a Dublino durante la pandemia.
Per Chatten è un’espressione che ricorda «il cambiamento, un destino tragico e l’inevitabilità», ma anche una riflessione dell’identità irlandese fuori dall’Irlanda. La copertina con l’animale dentro a una casa sarebbe peraltro un’allusione alla cosiddetta alce irlandese, cioè il più grande cervo mai esistito, oggi estinto: Skinty Fia è stato il primo album scritto dalla band dopo che i suoi membri si erano trasferiti all’estero.
The Replacements – Let It Be (1984)
Della influente e prolifica scena della musica punk rock indipendente americana degli anni Ottanta, i Replacements furono una delle band che raggiunsero il maggior successo commerciale, sebbene molto meno di altre uscite da quel contesto. Erano di Minneapolis, come gli Hüsker Dü, un’altra band di quel mondo, ma facevano una musica molto più accessibile e tradizionalmente rock. Ne facevano parte i fratelli Bob e Tommy Stinson, il cantante Paul Westerberg e il batterista Chris Mars.
Sulla copertina del loro disco più famoso, Let It Be del 1984, i quattro compaiono seduti sul tetto della veranda della casa al 2215 di Bryant Avenue South, quella in cui crebbero i fratelli Stinson e dove la band provava agli inizi. Anche questa copertina è entrata nella cultura pop degli Stati Uniti, tanto da essere stata ricreata con il cast della serie tv It’s Always Sunny in Philadelphia.
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Bob Dylan – Bringing It All Back Home (1965)
Ci sono molte altre copertine di dischi che riprendono luoghi notevoli, oppure luoghi diventati famosi proprio per via delle copertine di dischi arcinoti, come il mulino del disco d’esordio dei Black Sabbath (1970) o la fabbrica di pelletteria di The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars di David Bowie (1972). Anche molti altri dischi di gruppi emo hanno case come protagoniste delle copertine dei loro album, forse anche per via dell’influenza del primo disco degli American Football. Una delle copertine più famose ed enigmatiche scattate in una casa però è quella del quinto album di Bob Dylan.
Bringing It All Back Home fu il primo disco del cantautore statunitense in parte elettrico, cioè accompagnato da una band amplificata, nonché quello che, nelle parole di Leonardo Tondelli, rivoluzionò «la sua identità di menestrello con chitarra, armonica e porta-armonica fatto a mano». La sua copertina è così piena di oggetti e a tratti sfuggente che c’è anche un video che racconta come è fatta.
È una foto del fotografo Daniel Kramer scattata nel salotto della villa di Albert Grossman, il manager di Dylan, che viveva a Bearsville, vicino a Woodstock, nello stato di New York. Mostra in primo piano il cantante che tiene in braccio il suo gatto, Rolling Stone, e dietro a lui Sally Grossman, moglie di Albert, quasi sdraiata. I due sono circondati da una specie di corona di luce, un effetto quasi surreale dato dalla tecnica con cui fu scattata la fotografia, e poi da quadri, libri, riviste e oggetti vari: tra questi si possono notare Another Side of Bob Dylan, il quarto disco del cantautore, l’unico numero della rivista Gnaoua, dedicata all’esoterismo, e una copia di Time con il presidente statunitense Lyndon Johnson come uomo dell’anno.
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