Le proteste contro l’uccisione di una specializzanda in India non si fermano
Criticano la mancanza di progressi nelle indagini dopo due settimane, e recentemente sono state represse duramente dalla polizia
Martedì a Calcutta, nello stato indiano del Bengala occidentale, la polizia ha sparato gas lacrimogeno e usato cannoni ad acqua contro migliaia di manifestanti che protestavano per la mancanza di progressi nelle indagini sullo stupro e sull’uccisione di una specializzanda, avvenuto all’inizio del mese nell’ospedale in cui lavorava. I manifestanti stavano marciando verso un edificio governativo di Calcutta per chiedere le dimissioni della prima ministra dello stato del Bengala Occidentale, Mamata Banerjee, quando si sono scontrati con la polizia. Un funzionario ha detto all’agenzia di stampa AFP in forma anonima che per i disordini sono state arrestate almeno cento persone.
Queste manifestazioni vanno avanti da due settimane a Calcutta, dove è avvenuto l’omicidio, e in altre città indiane: sostengono che le autorità non stiano facendo abbastanza per trovare i responsabili, ma protestano anche contro i molti casi di violenza documentati sia nei confronti delle donne che nei confronti delle persone che lavorano nella sanità pubblica indiana. La protesta più grande era avvenuta la sera del 14 agosto e aveva visto la partecipazione di decine di migliaia di persone, soprattutto donne.
La specializzanda, di cui non si conosce il nome, è stata trovata morta la mattina del 10 agosto in una stanza dell’ospedale in cui lavorava, dove era andata a dormire dopo un lungo turno. Secondo l’autopsia, resa nota ai giornali dalla famiglia, la donna sarebbe stata strangolata dopo «un attacco brutale e violento» e la quantità di sperma trovata nel suo corpo ha fatto pensare alle autorità che avesse subito uno stupro di gruppo.
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Nonostante gli indizi facciano pensare a un crimine commesso da più persone al momento la polizia ha arrestato solo un volontario che lavorava in ospedale e che era stato accusato in passato di violenza da altre donne: per questo motivo il 17 agosto era stato indetto uno sciopero dalla Indian Medical Association (IMA), la più grande associazione di medici del paese, che nel suo comunicato aveva scritto che «la scena del crimine è stata gestita in modo poco accorto dalle autorità» e che le indagini della polizia si erano «arenate dopo il primo giorno».
La scorsa settimana la prima ministra Banerjee ha annunciato una serie di misure per la sicurezza delle donne sul posto di lavoro, tra cui la creazione negli ospedali pubblici di sale e “zone sicure” in cui recarsi in un momento di pericolo, monitorate da telecamere a circuito chiuso.
In questi giorni il suo governo è duramente attaccato dal Bharatiya Janata Party (BJP), il partito del primo ministro nazionalista induista dell’India Narendra Modi, che nello stato è all’opposizione e che ha accusato Banerjee di aver permesso la proliferazione di ambienti non sicuri per le donne. Gli attivisti del BJP hanno anche partecipato a diverse proteste organizzate principalmente da associazioni di studenti e in alcuni casi sono stati accusati di aver cercato per primi il confronto con la polizia rispetto agli altri manifestanti.
Il partito di Banerjee, il Trinamool Congress, ha accusato a sua volta il BJP di star usando come pretesto le manifestazioni per attaccarlo.