Che squadra, la Lazio di Sven-Göran Eriksson
Tra il 1997 e il 2001 vinse sette trofei, tra cui lo Scudetto del 2000, con in rosa alcuni dei migliori calciatori di quegli anni come Alessandro Nesta, Pavel Nedved e Juan Sebastián Verón
Lunedì mattina è morto l’allenatore di calcio svedese Sven-Göran Eriksson, che allenò diverse squadre in Europa e in Italia ma è ricordato soprattutto per la sua esperienza alla Lazio, con la quale tra il 1997 e il 2001 vinse ben sette trofei: il più importante fu lo Scudetto del 2000, il secondo e ultimo, per ora, nella storia della Lazio. La vittoria del campionato non fu casuale e quella Lazio non era una underdog, una squadra di cui i pronostici non si erano accorti: era piuttosto una delle migliori squadre di quegli anni, ricca di calciatori forti e ben allenata, competitiva nel campionato che allora era considerato il più difficile del mondo, cioè la Serie A. Lo Scudetto però fu anche l’inizio del declino di quel ciclo, perché nel giro di pochi anni Eriksson si dimise, la squadra rischiò la bancarotta a causa dei problemi finanziari del suo presidente Sergio Cragnotti e tutti i migliori giocatori furono ceduti per evitare il fallimento.
Eriksson arrivò alla Lazio nell’estate del 1997 dopo aver allenato per cinque anni la Sampdoria; in precedenza era stato anche al Benfica, alla Fiorentina e alla Roma. Era un allenatore già conosciuto e stimato ma, pur avendo vinto diversi campionati e coppe nazionali, non era ancora considerato del tutto un vincente. La Lazio era stata acquistata nel 1992 dall’imprenditore Sergio Cragnotti, che sin da subito si era dimostrato molto ambizioso, spendendo parecchi soldi per acquistare i calciatori.
In squadra c’erano già calciatori molto promettenti come Alessandro Nesta, che con Eriksson sarebbe diventato a 22 anni il capitano della Lazio e poi, con il Milan, uno dei migliori difensori centrali del mondo, e il centrocampista ceco Pavel Nedved, che nel 2003 vinse il Pallone d’Oro, quando giocava nella Juventus. Nella prima estate con Eriksson arrivarono tra gli altri Matías Almeyda, Roberto Mancini e Giuseppe Pancaro. La prima stagione fu nel complesso positiva: la Lazio fu seconda per buona parte del campionato, ma nel finale calò e arrivò solo settima; in compenso raggiunse la finale di Coppa Uefa, la seconda competizione europea per club, dove perse con l’Inter, e vinse la Coppa Italia in finale contro il Milan, perdendo 1-0 all’andata e vincendo 3-1 al ritorno (in quegli anni la finale di Coppa Italia si giocava in due partite). Oltre a questo, in stagione giocò e vinse quattro derby su quattro contro la Roma, e questo fu più che sufficiente per far apprezzare molto Eriksson tra i tifosi della Lazio.
Uno di quei quattro derby lo vinse 4-1, in Coppa Italia
L’anno successivo arrivarono altri calciatori forti e apprezzati, che sarebbero stati fondamentali nella vittoria dello Scudetto del 2000: Sinisa Mihajlovic e Dejan Stankovic (all’epoca entrambi jugoslavi), l’attaccante cileno Marcelo Salas e i portoghesi Sérgio Conceição e Fernando Couto. Arrivò anche Christian Vieri, il centravanti titolare della Nazionale italiana e uno dei migliori attaccanti al mondo. La stagione 1998-1999 della Lazio cominciò con la vittoria della Supercoppa italiana, che si gioca tra le precedenti vincitrici del campionato e della Coppa Italia, contro la Juventus. In campionato la Lazio perse la prima posizione alla penultima giornata, pareggiando contro la Fiorentina e facendosi superare dal Milan, che la giornata successiva vinse ancora e si aggiudicò lo Scudetto: a otto giornate dalla fine la Lazio aveva avuto addirittura sette punti di vantaggio.
Il 19 maggio 1999 a Birmingham vinse comunque un trofeo importante, la Coppa delle Coppe, che si giocava tra le squadre europee vincitrici delle varie coppe nazionali. Fu il primo trofeo europeo nella storia della Lazio e anche l’ultima edizione di quella coppa, che dall’anno successivo venne abolita. In finale la Lazio vinse 2-1 contro il Maiorca, allenato da Héctor Cúper, con i gol di Pavel Nedved e Christian Vieri.
Anche la stagione 1999-2000 cominciò con la vittoria di un trofeo internazionale, e cioè la Supercoppa europea, giocata nel Principato di Monaco contro il Manchester United che l’anno prima aveva vinto il campionato inglese, la FA Cup e la Champions League, ed era quindi una delle migliori squadre al mondo. In un articolo su quella Lazio, il sito di approfondimento sportivo Ultimo Uomo racconta così la partita: «I vincitori dell’ultima edizione della Coppa delle Coppe palleggiano in faccia ai campioni d’Europa del Manchester United per 90 minuti, manipolando a proprio piacimento il centrocampo inglese e chiudendo con un successo di misura (1-0, rete di Salas) che non rende giustizia al dominio espresso sul campo». Sin da quella partita, la Lazio sembrò pronta per competere per un obiettivo difficile come lo Scudetto.
La Lazio sapeva sia “palleggiare”, come si dice in gergo di una squadra che ha grande qualità nel possesso del pallone, sia essere molto verticale, quindi abile ad attaccare velocemente gli avversari, una qualità importante nel calcio diretto e talvolta poco ragionato che si giocava in quegli anni. Eriksson riuscì a sfruttare molto bene la tecnica in velocità e la forza dei suoi migliori calciatori, in particolare del centrocampo, che nell’estate del 1999 diventò uno dei più completi al mondo con gli arrivi degli argentini Juan Sebastián Verón e Diego Pablo Simeone, finanziati dalla cessione di Vieri, passato all’Inter dopo una sola stagione per 90 miliardi di lire (un record per quei tempi, sarebbero oggi 75 milioni di euro).
Verón era un calciatore molto peculiare perché aveva una tecnica e una visione di gioco fuori dal comune ma era anche fisicamente imponente e poteva giocare sia da regista, cioè davanti alla difesa, sia da trequartista, quindi alle spalle degli attaccanti. Assieme a Nedved era il fulcro del gioco della Lazio 1999-2000. Simeone invece era un giocatore di gran temperamento e oggi verrebbe chiamato centrocampista box-to-box, capace di eccellere sia in fase difensiva sia in fase offensiva: nella stagione dello Scudetto segnò 5 gol, tutti di testa (la Lazio era molto pericolosa sulle punizioni e sui calci d’angolo, grazie soprattutto all’abilità nel calciarli di Verón e di Mihajlovic), tra i quali quello fondamentale nello scontro diretto contro la Juventus del primo aprile, vinto 1-0 dalla Lazio in trasferta.
Anche in difesa era una squadra peculiare e ambiziosa, soprattutto per l’epoca: sia Nesta che Mihajlovic erano difensori con una grande tecnica e una certa propensione per la gestione della palla e i lanci. Lo stesso Eriksson ha definito Nesta «forse il miglior giocatore che avevamo», pur in una squadra fortissima, e probabilmente anche per questo lo scelse come capitano. Mihajlovic aveva già lavorato con Eriksson alla Sampdoria, e fu lui a volerlo alla Lazio. Fino a quel momento aveva sempre giocato in ruoli più offensivi, e lui stesso diceva di sentirsi più adatto a fare l’esterno di difesa o addirittura la seconda punta: Eriksson lo convinse a fare il centrale di difesa e fu una delle intuizioni migliori di quel periodo, che permisero alla Lazio di giocare con moltissimi giocatori di grande qualità contemporaneamente.
La cessione di Vieri costrinse la Lazio a distribuire i gol tra più giocatori: ben quindici in quella stagione ne fecero almeno uno in Serie A e l’unico a segnarne più di 10 fu Marcelo Salas (12). Verón ne segnò 8, Simone Inzaghi (arrivato in estate dal Piacenza) 7, Mihajlovic 6, Simeone e Nedved 5 a testa, Alen Boksic 4. Dopo essersi fatta rimontare dal Milan nella stagione precedente, questa volta fu la Lazio a rimontare uno svantaggio consistente, visto che la Juventus era a +9 a metà marzo. La vittoria dello scontro diretto e altri risultati negativi imprevisti della Juventus permisero alla Lazio di arrivare all’ultima giornata ancora in corsa per lo Scudetto, ma con due punti di svantaggio sui rivali (71 Juve, 69 Lazio). Nonostante quel periodo sia passato alla storia come quello delle sette sorelle, ovvero le sette squadre migliori del campionato, tutte potenzialmente in grado di vincere lo Scudetto, erano nove anni che la Serie A veniva vinta o dal Milan o dalla Juventus.
Il 14 maggio 2000 la Juventus giocava a Perugia, mentre la Lazio ospitava allo Stadio Olimpico la Reggina. La squadra di Eriksson vinse 3-0 con i gol di Inzaghi, Verón e Simeone ma quando la partita finì, allo stadio Renato Curi di Perugia doveva ancora cominciare il secondo tempo: un acquazzone aveva infatti allagato il campo tra un tempo e l’altro, costringendo l’arbitro Pierluigi Collina a tardare l’inizio della ripresa. La partita ricominciò dopo oltre un’ora di sospensione, sul risultato di 0-0 e tra le polemiche per le condizioni del campo. A quattro minuti dalla ripresa il Perugia andò in vantaggio con un gol del difensore Alessandro Calori, mentre all’Olimpico tifosi e giocatori seguivano assieme la partita alla radio e sul maxischermo, in un’atmosfera abbastanza surreale e difficilmente replicabile oggi.
La Juventus alla fine non riuscì a pareggiare e a Roma, dove il pubblico aveva già invaso il campo, iniziarono quindi i festeggiamenti per il secondo Scudetto, arrivato a 26 anni di distanza dal primo. Fu una vittoria eccezionale: pochi giorni dopo lo Scudetto, peraltro, la Lazio vinse anche la Coppa Italia, ottenendo quindi la prestigiosa doppietta campionato-coppa.
Simeone racconta il momento in cui Calori segnò, permettendo alla Lazio di vincere lo Scudetto
Nella stagione successiva arrivarono gli attaccanti argentini Hernán Crespo, pagato 110 miliardi di lire al Parma (un nuovo record, quasi 90 milioni di euro oggi) e Claudio López, e la Lazio cominciò vincendo di nuovo la Supercoppa italiana. Dopo lo Scudetto, la Lazio puntava alla Champions League, dalla quale nella stagione 1999-2000 era stata eliminata ai quarti di finale: quello rimase però anche il suo miglior risultato nella principale competizione europea, perché l’anno successivo uscì nella seconda fase a gironi (in quegli anni si giocavano due fasi a gruppi e la fase a eliminazione diretta cominciava dai quarti di finale).
In campionato la Lazio arrivò terza, ma nel frattempo Sven-Göran Eriksson, che si era accordato con la Nazionale inglese per diventarne l’allenatore, si era già dimesso. La gioia per lo storico Scudetto non durò a lungo per i tifosi della Lazio, perché nel 2000-2001 vinse lo Scudetto la Roma – la rivale cittadina – e negli anni successivi la squadra si ridimensionò fino alla cessione, nell’estate del 2004, a Claudio Lotito, l’attuale presidente del club: Lotito di fatto salvò la squadra dalla bancarotta, visto che Cragnotti aveva dichiarato il fallimento ed era stato indagato per via del crollo di una delle società da lui controllate, la Cirio. Quella di Eriksson rimane comunque una delle migliori versioni, se non forse la migliore di sempre della Lazio, definita dallo stesso allenatore svedese «la squadra migliore che io abbia mai allenato, con alcuni tra i più forti calciatori al mondo».