Un’istituzione giapponese rischia di diventare straniera

Un'azienda canadese vuole comprare 7-Eleven, la più grande catena di konbini, i tipici minimarket che rappresentano un simbolo nazionale

Un negozio della catena 7 Eleven dall'esterno
Un negozio della catena 7 Eleven a Higashiōsaka, in Giappone, nel 2019 (Noriko Hayashi/The New York Times)

Una grande società canadese che possiede più di 16mila minimarket in Nord America e in alcuni paesi europei vorrebbe comprare 7-Eleven, la più grande e nota catena di konbini del Giappone. È una delle aziende più rappresentative del paese, non solo per ragioni economiche ma anche culturali. I konbini infatti si distinguono da negozi simili in altri paesi per la varietà di prodotti e servizi che offrono, perché sono pressoché onnipresenti e fanno parte della quotidianità di milioni di persone. Per questo la notizia dell’offerta della società canadese, Alimentation Couche-Tard, è molto discussa in Giappone.

Konbini è una parola giapponese che deriva dall’abbreviazione dell’inglese “convenience store”, che si potrebbe tradurre in italiano come “negozio comodo”. I convenience store infatti sono minimarket molto diffusi, aperti fino a tarda notte o 24 ore al giorno tutti i giorni, e permettono di soddisfare agevolmente necessità improvvise. In un certo senso possono essere accostati alle vecchie drogherie italiane, ma rispondono ai bisogni di una società molto più frenetica in cui le persone trascorrono la maggior parte del proprio tempo fuori casa.

Principalmente i konbini vendono prodotti alimentari. Propongono vasti assortimenti di snack che in Italia si troverebbero nei bar e nelle stazioni di servizio, anche se con una varietà significativamente maggiore, ma anche diverse tipologie di bento, cioè di pasti completi confezionati in un unico imballaggio e pensati come pranzo per chi lavora negli uffici. Gran parte dell’offerta alimentare dei konbini è fatta di prodotti a lunga conservazione, ma sono abbondanti anche le opzioni di cibi freschi. I bento contengono spesso pesce crudo e ci sono scaffali dedicati ai prodotti da forno dolci; la frutta è venduta già lavata e tagliata all’interno di confezioni monoporzione di plastica.

Il commesso di un konbini 7-Eleven sistema dei prodotti in un banco frigo

Un commesso di un 7-Eleven sistema dei prodotti freschi, il 6 dicembre 2017 (REUTERS/Toru Hanai)

Una caratteristica di questa ampia selezione è che l’offerta viene costantemente rinnovata in modo da non annoiare la clientela abituale di ciascun punto vendita. La qualità dei prodotti inoltre è abbastanza alta rispetto a quello che ci si potrebbe aspettare da una catena di negozi che propone alimenti confezionati.

Oltre a 7-Eleven le principali catene di konbini sono Lawson e FamilyMart. Le loro insegne si vedono costantemente nelle strade di Tokyo e delle altre città giapponesi, anche quelle più piccole. I negozi più simili ai konbini che si possono trovare nelle città italiane sono forse i punti vendita Carrefour Express o La Esse di Esselunga, che però offrono assortimenti analoghi a quelli dei supermercati e concettualmente non sono così distanti.

Nei konbini invece si trovano molti meno prodotti per la cura della casa e abbondano invece quelli di cui si può aver bisogno durante una giornata lavorativa: oltre a riviste e giornali, vendono prodotti per l’igiene personale e cosmetici, calze, mutande e magliette, offrono servizi per il prelievo di contanti e il pagamento delle bollette, per la stampa di documenti e per la spedizione di pacchi.

– Leggi anche: L’uomo dietro al successo della catena di minimarket 7-Eleven

Essendo molto presenti nella vita quotidiana giapponese i konbini compaiono spesso anche nei prodotti culturali del paese. Negli ultimi anni hanno raggiunto una particolare notorietà anche all’estero grazie al romanzo La ragazza del convenience store di Sayaka Murata, che nel 2016 vinse il più importante premio letterario giapponese, l’Akutagawa, e poi fu tradotto in molti paesi del mondo, diventando un bestseller nel mercato editoriale anglofono. La protagonista del romanzo è una donna con caratteristiche simili a quelle delle persone nello spettro autistico; ama moltissimo il suo lavoro di commessa in un konbini perché per lei questi negozi rappresentano un microcosmo pulito e allegro le cui regole fisse, da quelle sugli orari di apertura a quelle sull’assortimento dei prodotti, rappresentano certezze su cui fare affidamento.

La ragazza del convenience store, pubblicato in Italia da E/O nella traduzione di Gianluca Coci, inizia così:

Nei konbini in Giappone risuonano sempre mille rumori. Dal trillo all’ingresso che annuncia l’arrivo dei clienti alla voce cantilenante di una star della TV che pubblicizza nuovi prodotti e si diffonde nel negozio attraverso gli altoparlanti. Dal saluto dei commessi che accolgono i clienti gridando a perdifiato ai bip dello scanner alla cassa. Il tonfo dei prodotti sul fondo del cestino della spesa. Il fruscio dell’involucro di cellophane di dolcetti e focaccine. Il ticchettio dei tacchi sul pavimento. Una miriade di suoni che si fondono tra loro e si insinuano dentro di me senza sosta: è la “musica del konbini”.

La cassa di un konbini 7-Eleven con una protezione trasparente per evitare la trasmissione del coronavirus

La cassa di un 7-Eleven di Tokyo il 21 aprile 2020 (Noriko Hayashi/The New York Times)

7-Eleven possiede più di 21mila negozi in tutto il Giappone. La catena appartiene alla società Seven & i, che in passato si chiamava Ito-Yokado. In origine 7-Eleven era una catena statunitense, fondata a Dallas, in Texas nel 1927. Nel 1974 aprì il suo primo negozio in Giappone, dove ebbe molto successo, e con la gestione dell’imprenditore Masatoshi Ito divenne qualcosa di diverso rispetto a quello che era negli Stati Uniti. Nel 1991, in un momento di crisi della Southland Corporation, la società statunitense che possedeva la catena 7-Eleven, Ito acquisì le quote di maggioranza e negli anni seguenti continuò a espandere la catena di in vari paesi asiatici. Dal 2007 7-Eleven è interamente giapponese.

Alimentation Couche-Tard invece è una società che possiede più di 16mila minimarket e stazioni di servizio in Nord America e in Europa. Nel 2021 aveva già provato a comprare la catena di supermercati francese Carrefour, ma l’acquisizione era stata vietata dall’autorità garante della concorrenza sul mercato francese, cosa che potrebbe succedere anche in Giappone. La scorsa settimana, dopo aver ricevuto l’offerta dal Canada, Seven & i ha annunciato di aver organizzato un gruppo di lavoro speciale per studiare i termini dell’offerta.

Un commesso tra gli scaffali di un konbini con un piccolo carrello

In un 7-Eleven di Osaka, il 25 dicembre 2019 (Noriko Hayashi/The New York Times)

Il mercato giapponese è storicamente molto chiuso e non è mai successo che un’azienda grande come Seven & i fosse acquistata da una società straniera. Nell’ultimo anno il governo giapponese ha cercato di facilitare gli investimenti stranieri, attualmente favoriti dal valore dello yen, ma Seven & i possiede anche società attive in settori particolari come quello bancario e logistico, per cui è probabile che lo stesso governo possa vedere male un’acquisizione da parte di un’azienda straniera.

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