I produttori italiani di formaggi temono il ritorno di Trump

Già nel 2019 aveva introdotto dazi sulle importazioni che avevano rovinato i mercati di prodotti molto noti come il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano

Il controllo della qualità delle forme di Parmigiano Reggiano durante la stagionatura
Il controllo della qualità delle forme di Parmigiano Reggiano durante la stagionatura (AP Photo/Antonio Calanni)
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L’ipotesi di nuovi dazi imposti dalla Cina sulle importazioni di prodotti alimentari ha messo in guardia produttori di formaggi italiani molto noti come il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano, che temono un calo delle esportazioni e quindi degli affari. Più che i dazi cinesi, però, i consorzi dei produttori temono nuovi dazi da parte degli Stati Uniti, uno dei mercati più in crescita negli ultimi anni.

Nel 2019 Donald Trump, all’epoca presidente degli Stati Uniti, introdusse dazi su molte merci prodotte nell’Unione Europea, compresi i formaggi. Con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali statunitensi di novembre, una sua eventuale rielezione comincia a spaventare non poco i produttori italiani, che sono riusciti a recuperare il mercato americano dopo anni difficili.

Nel 2019 i formaggi italiani finirono al centro di una disputa legale in un settore – l’aviazione civile – che non aveva niente a che fare con la produzione di alimenti. Tutto iniziò alcuni anni prima, quando Boeing, azienda statunitense, aveva accusato Airbus, europea, di aver ricevuto negli anni sussidi illeciti da parte dell’Unione Europea, e Airbus aveva sostenuto che gli Stati Uniti avessero fatto lo stesso con Boeing. Nel 2016, l’Organizzazione mondiale del commercio aveva stabilito che l’Unione Europea stesse avvantaggiando Airbus con dei sussidi impropri e Trump aveva minacciato di imporre dazi per circa 11 miliardi di dollari all’anno.

In seguito a quella causa, l’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) stabilì che gli Stati Uniti potessero imporre dazi su merci provenienti dall’Unione Europea per 7,5 miliardi di dollari all’anno (6,8 miliardi di euro). I dazi furono introdotti il 18 ottobre 2019 e colpirono sia una serie di prodotti tecnologici del settore aeronautico realizzati in Regno Unito, Francia, Germania e Spagna (i quattro paesi del consorzio Airbus), sia prodotti del settore agro-alimentare dell’Italia.

I dazi prevedevano una tariffa aggiuntiva del 25 per cento per l’esportazione negli Stati Uniti. Nell’elenco furono inseriti prodotti caseari come il parmigiano e il pecorino, salumi come il prosciutto, e crostacei, molluschi, agrumi, succhi e liquori. Negli Stati Uniti il prezzo dei formaggi italiani aumentò al punto da scoraggiare gli importatori e il giro d’affari diminuì fino a quasi azzerarsi.

Nel 2021, dopo 17 anni di dispute commerciali, l’Unione Europea e gli Stati Uniti concordarono una tregua nella causa tra Boeing e Airbus. La decisione consentì di eliminare i dazi sui prodotti alimentari europei. Qualsiasi possibilità di negoziare una sospensione dei dazi era fallita nel periodo della presidenza di Donald Trump, che aveva imposto una politica molto severa sui dazi, sia nei confronti dell’Unione Europea sia della Cina. Le cose erano cambiate all’inizio del 2021, dopo l’insediamento della nuova presidenza di Joe Biden, aperta a riallacciare e normalizzare i rapporti commerciali con i governi europei.

Il direttore generale del consorzio di tutela del Grana Padano, Stefano Berni, sostiene che qualsiasi limitazione – cinese o statunitense – è un fatto negativo che condiziona e orienta i mercati in modo artefatto. Nel 2023 le esportazioni di Grana hanno raggiunto complessivamente 2.482.891 forme, in crescita del 6,55 per cento rispetto all’anno precedente: quasi la metà della produzione totale è stata destinata ai mercati esteri. Gli Stati Uniti sono una delle principali destinazioni del Grana Padano fuori dall’Europa.

Nicola Bertinelli, presidente del consorzio Parmigiano Reggiano, ha detto di essere preoccupato a prescindere da come finiranno le elezioni americane. Già ora, infatti, il Parmigiano Reggiano subisce la concorrenza agguerrita dei produttori locali di formaggi duri che possono acquistare latte a un costo molto basso grazie ai sussidi economici statali assicurati al settore. «Noi siamo meno del 5 per cento del mercato dei formaggi duri e veniamo venduti a 20 dollari a libbra, mentre il parmesan intorno ai 10 dollari», ha detto Bertinelli. «Quello su cui noi puntiamo è il fatto che l’Europa abbia un atteggiamento di tutela delle sue produzioni di eccellenza in casa anche attraverso un’etichettatura chiara e trasparente di prodotti come il parmesan, in modo da non permettere la confusione con prodotti come il nostro. A noi preoccupa che in questa fase storica, in cui i vari blocchi stanno ridefinendo la loro forza, le situazioni sfuggano di mano».

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Preoccupa di meno, invece, l’eventuale introduzione di dazi da parte della Cina. Nel 2023 sono state esportate oltre 28mila tonnellate di Parmigiano di cui solo 35 tonnellate sono state spedite in Cina. Nel 2024 si stima di esportare in Cina circa 45 tonnellate a fronte di esportazioni complessive che si aggirano sulle 30mila tonnellate.