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  • Domenica 25 agosto 2024

La crisi umanitaria nella Repubblica Democratica del Congo e la diffusione dell’mpox

La situazione nel paese dell'Africa centrale è critica da tempo, con grossi conflitti e milioni di sfollati interni che vivono in condizioni disastrose

Sarah Bagheni, una donna che abita nel campo per sfollati di Bolengo, nella città di Goma (AP Photo/Moses Sawasawa)
Sarah Bagheni, una donna che abita nel campo per sfollati di Bolengo, nella città di Goma (AP Photo/Moses Sawasawa)
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La nuova variante del virus dell’mpox, la malattia in precedenza nota come “vaiolo delle scimmie” che lo scorso 14 agosto è stata dichiarata emergenza sanitaria internazionale dall’Organizzazione mondiale della sanità, è stata rilevata per la prima volta a Kamituga, una cittadina mineraria nella provincia orientale di Sud Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo. Da lì si è diffusa anche nei paesi circostanti (Uganda, Kenya, Ruanda e Burundi), un caso è stato trovato anche in Svezia, il primo in Europa, e uno in Thailandia, il primo in Asia.

Dei 17mila casi di mpox registrati dall’inizio dell’anno, il 96 per cento oggi si trova in Congo, e il virus si è diffuso in tutte le 26 province del paese secondo le agenzie di stampa locali. Qui la diffusa povertà, la presenza di milioni di sfollati interni e migranti, oltre alla diffusione del fenomeno della prostituzione sono fattori che hanno reso più facile la diffusione del virus.

La Repubblica Democratica del Congo ha 100 milioni di abitanti ed è un paese estremamente povero, in cui il 70 per cento della popolazione sopravvive con meno di due dollari al giorno e ha scarso accesso ai servizi di base, tra cui anche quelli sanitari, in cui le strade non sono sicure e le zone più remote sono inaccessibili. È anche tra i paesi che hanno più sfollati interni, 7 milioni in totale, a causa di conflitti decennali tra almeno 120 milizie ribelli.

La regione orientale del paese, cioè quella in cui è stata trovata la nuova variante del virus, è un posto particolarmente instabile e complicato, in cui le milizie armate si contendono il controllo del territorio, che è anche quello dove si concentra la maggior parte delle risorse minerarie del paese, specialmente oro e coltan, un minerale usato nella produzione di piccoli componenti elettronici, ad esempio per gli smartphone.

Tra queste ci sono anche i ribelli del “Movimento per il 23 marzo” (M23), un gruppo sostenuto dal vicino Ruanda che all’inizio di quest’anno ha ricominciato le ostilità lanciando una serie di attacchi e ha circondato Goma, la città più grande della regione di Nord Kivu. Il conflitto, che ha anche ragioni radicate nella storia coloniale e nell’odio etnico, ha costretto altre centinaia di migliaia di persone a lasciare le proprie case, aggravando le condizioni di vita in campi profughi sempre più affollati.

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Nella città di Goma, quella in cui quest’anno è stato riscontrato uno dei più grandi focolai di mpox, solo negli ultimi due anni sono arrivate oltre 700mila persone. Le condizioni dei profughi in città sono disastrose: c’è poco cibo, non ci sono strutture sanitarie se non quelle mobili, si vive ammassati nei campi informali nati ai margini di quelli ufficiali e le persone condividono spesso utensili e panni per lavare. I ribelli dell’M23, che oggi controllano alcune parti della regione di Nord Kivu, negano che il virus sia arrivato anche lì, ma è non è plausibile.

Il fatto che nel paese milioni di persone vivano in campi per sfollati, in condizioni igienico-sanitarie pessime, è uno dei fattori principali della diffusione del virus. Pierre Olivier Ngadjole, un medico che lavora per l’organizzazione umanitaria Medair, ha detto ad Associated Press che il 70 per cento dei casi che ha trattato negli ultimi due mesi arrivava dai campi per sfollati. Mahoro Faustin, che gestisce il campo profughi di Bolengo, nei pressi della città di Goma, ha detto di aver visto le prime persone con febbre, dolori muscolari e brividi già tre mesi fa. Sono tutti sintomi compatibili con l’mpox, ma assicurarsi di cosa si trattasse era stato e rimane tuttora molto difficile, perché non ci sono abbastanza test.

Un campo profughi alla periferia di Goma, 11 luglio 2024 (AP Photo/Moses Sawasawa)

Un campo profughi alla periferia di Goma, 11 luglio 2024 (AP Photo/Moses Sawasawa)

Un altro fattore che impatta sulla diffusione del virus in Congo è che qui è molto diffuso il lavoro sessuale, specialmente nella regione dove sorge la maggior parte delle miniere del paese. Al Jazeera ha raccontato per esempio di quanto accaduto alla città di Luhihi, nella regione di Sud Kivu. A maggio del 2020 è stato trovato un grosso giacimento di oro e nel giro di qualche settimana centinaia di minatori si sono trasferite qui alla ricerca di fortuna. Assieme a loro però sono arrivati anche i bar, le bische e i bordelli, e quindi anche le ragazze e le donne che si prostituiscono. «Dopo che ti hanno dato i soldi, a volte ti forzano ad avere rapporti senza preservativo, oppure si rifiutano di pagarti se hai chiesto loro di indossarne uno» ha raccontato all’emittente qatariota una di loro.

Contrariamente a quanto credono in molti, il virus dell’mpox, indicato dalla sigla MPXV, non si trasmette unicamente per via sessuale, anche se è una modalità di contagio comune. Il virus si trasmette anche stando a lungo molto vicino a una persona infettata (anche solo parlandole faccia a faccia), o attraverso oggetti con cui era stata in contatto, come lenzuola, abiti o aghi per iniezioni. Inoltre può passare da una donna incinta al feto.

In molti casi l’mpox è asintomatico, mentre chi sviluppa sintomi segnala la presenza di eruzioni cutanee, febbre, mal di gola, mal di testa, dolori muscolari e alla schiena, spossatezza e linfonodi ingrossati. Come avviene con altre malattie, l’mpox è più pericoloso per le persone con difese immunitarie indebolite, per gli anziani e in alcuni casi per i bambini (molte delle persone decedute nella Repubblica Democratica del Congo erano adolescenti o bambini).

La nuova variante del virus è ancora oggetto di studi e analisi per determinare se sia effettivamente più contagiosa e pericolosa delle precedenti. Tra il 2022 e il 2023 il virus dell’mpox si era già diffuso in varie parti del mondo, Europa compresa, ma con alcune importanti differenze rispetto a oggi. La prima riguarda il tasso di letalità, che era prossimo allo zero (cioè inferiore a 1 su 100), al contrario di quello attuale che varia dal 4 al 10 per cento. La seconda è la popolazione in cui si sta diffondendo: se prima la maggior parte dei casi riguardava persone adulte e in particolare maschi che fanno sesso con altri maschi, oggi il 70 per cento dei casi è riscontrato in bambini sotto i 15 anni, che rappresentano anche l’85 per cento dei decessi.

Secondo Medair, che gestisce una struttura di isolamento nei pressi di Goma, il 75 per cento delle persone infette che sono arrivate lì aveva meno di dieci anni. Si ritiene che la diffusione tra i bambini e le bambine più piccole sia resa più facile dalla malnutrizione e dalla diffusione precedente di altre malattie, come il colera o il morbillo.

Il ministro della Salute della Repubblica Democratica del Congo, Samuel-Roger Kamba, ha fatto sapere che al momento nel paese non ci sono dosi di vaccino. Dopo la dichiarazione dell’emergenza sanitaria internazionale per l’mpox, l’azienda farmaceutica danese Bavarian Nordic ha annunciato la donazione al Congo di circa 40mila dosi del proprio vaccino contro la malattia, e impegni simili sono stati presi da alcuni paesi o organizzazioni occidentali, tra cui l’Unione Europea.

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