L’uomo che inventò Times Square
Se oggi è una delle zone più famose per i turisti e detestate dai newyorkesi lo si deve a un'intuizione del pubblicitario Oscar J. Gude
Immaginando posti pieni di grosse pubblicità luminose, di quelle colorate e messe una accanto all’altra, vengono subito in mente Piccadilly Circus a Londra, l’incrocio di Shibuya a Tokyo e soprattutto Times Square, una delle principali attrazioni di New York. Oggi siamo abituati a figurarcela con i suoi grattacieli e le migliaia di persone che ogni giorno visitano i suoi negozi, ristoranti e teatri con il naso all’insù, osservando le pubblicità che scorrono una dietro l’altra: non doveva essere molto diverso un secolo fa, quando le insegne luminose più spettacolari della città spuntarono proprio lì. Se Times Square è diventata quello che è oggi c’entrano l’intuito di un pubblicitario e la sua particolare conformazione.
Times Square è uno di quei posti che ha presente anche chi non è mai stato a New York, amata da molti turisti e detestata dai newyorkesi, che la considerano di solito il peggior posto in città e cercano di non passarci mai, irritati dalla folla e dalla dozzinalità dei negozi e dell’intrattenimento che offre. Si trova a Manhattan ed è formata dall’intreccio in diagonale della Settima strada con Broadway, la via più lunga nonché tra le più antiche e conosciute della città. Le due strade si intersecano a loro volta con le vie che vanno dalla 42esima alla 47esima strada, formando uno snodo la cui forma ricorda vagamente quella di un papillon. A inizio Novecento al posto dei grattacieli attorno alla piazza c’erano edifici di pochi piani: per come era disposta, però, era già il posto ideale per ospitare cartelloni pubblicitari.
Nel 1890 Broadway era diventata la prima strada di New York dotata di elettricità: passati pochi anni il pubblicitario Oscar J. Gude pensò di sfruttare le nuove tecnologie nel suo lavoro per mettere a punto scritte e disegni fatti da migliaia di lampadine comandate da circuiti elettrici che per il tempo erano piuttosto elaborati. Le luci potevano essere alzate e abbassate all’occorrenza, oppure alternate, per creare animazioni e uno spettacolare effetto di movimento.
Figlio di immigrati tedeschi, Gude aveva fatto esperienza nel mestiere con locandine e insegne pubblicitarie, per poi dedicarsi ai grossi cartelloni installati all’aperto, ottenendo un certo successo. La prima insegna luminosa che realizzò, nel 1900, fu quella della Heinz in Madison Square: pubblicizzava le famose salse dell’azienda statunitense ed era composta da una scritta che ricopriva tutto un lato dell’edificio su cui era installata e da un grosso cetriolo, il tutto realizzato con 1.200 lampadine. Negli anni seguenti però convinse altre grosse aziende che il posto adatto per pubblicizzare i loro prodotti era proprio Times Square.
Le pubblicità luminose «costringevano letteralmente sia i passanti interessati che quelli disinteressati a guardarle», disse: in questo modo le migliaia di persone che ogni giorno attraversavano la piazza per prendere la metro o andare a teatro avrebbero «assorbito il messaggio delle pubblicità, consapevolmente o meno».
La prima insegna di questo tipo in Times Square fu installata nel 1904 ed era una pubblicità del whiskey della Trimble, un marchio del Tennessee. Oltre al logo dell’azienda conteneva due bicchieri che stavano per toccarsi, come in un brindisi, ed era installata proprio all’incrocio tra la Broadway e la 47esima strada, dove poteva essere vista facilmente anche a centinaia di metri di distanza. Da allora al 1917 Gude installò a Times Square una ventina di insegne luminose via via più elaborate, con lampadine bianche o colorate, per pubblicizzare un po’ di tutto: dai rasoi ai dentifrici, dalle automobili ai negozi di abbigliamento, passando per bevande alcoliche, sigarette e naturalmente spettacoli.
Per fare qualche esempio, l’azienda produttrice di seta Corticelli era pubblicizzata da un gattino che giocava con un rocchetto di filo, mentre la ginger ale della White Rock da un grande orologio che cambiava colore, accanto a una specie di fontana fatta di luci. Una delle insegne più spettacolari era quella che pubblicizzava le gomme da masticare della Wrigley, che si trovava su un edificio di sei piani tra la 43esima e la 44esima strada ed era realizzata con 17mila lampadine bianche e colorate: alta più di venti metri e lunga oltre 75, era composta da una serie di disegni di piante e animali esotici, oltre che delle gomme e del suo marchio.
Colori, luci e motivi esotici erano elementi popolari anche in ristoranti, negozi e locali notturni, ed è per questo che furono sfruttati anche nelle prime insegne luminose. Attorno al 1915 Times Square era illuminata da centinaia di migliaia di lampadine, con il risultato che la zona cominciò a essere soprannominata “The Great White Way”: un’espressione attribuita allo stesso Gude e che si può tradurre come “la grande strada bianca”, anche se molte delle lampadine usate erano appunto colorate. Tutte queste luci contribuirono a definire il dinamismo di una zona già molto attiva dal punto di vista culturale, e oltre che a vendere serviva anche ad attirare e intrattenere il pubblico.
In un libro dedicato all’evoluzione di Times Square, la direttrice dell’Archives of American Art Journal Darcy Tell scrive che Gude «trasformò quasi da solo Times Square nel principale mercato pubblicitario all’aperto dell’America». La piazza era «un po’ come un’arena, ma al contrario, con il pubblico al centro e lo spettacolo tutto attorno», ha notato lo storico e professore di architettura moderna Sandy Isenstadt in un libro che parla di come le luci elettriche abbiano trasformato gli spazi urbani.
Comunque c’era anche chi non apprezzava pubblicità così vistose, come alcune associazioni di residenti o la borghesia della città, che le ritenevano pacchiane, antiestetiche e in qualche caso troppo erotiche: la pubblicità luminosa di un negozio di abbigliamento in cui una ragazza mostrava le caviglie e la sottogonna mentre sollevava l’abito per ripararsi dalla pioggia, per esempio, fece discutere.
Nel 1913 le associazioni di residenti contrari alle insegne luminose convinsero il sindaco William J. Gaynor a formare un’apposita commissione per valutare la questione e proporre possibili interventi. In seguito alle discussioni tra due associazioni di commercianti, nel 1916 queste insegne furono vietate su un lungo tratto della Quinta strada, un’altra nota via commerciale di Manhattan; nel 1922 furono imposte ulteriori restrizioni anche a Times Square, motivo per cui furono ammesse in un’area limitata.
Come ha spiegato lo storico William Leach, non è che l’associazione dei commercianti della Quinta strada non fosse interessata ai turisti: semplicemente temeva che «uno ‘spettacolo carnevalesco’ del genere avrebbe attirato quotidianamente nella zona ‘le persone sbagliate’», e che questo avrebbe potuto influire negativamente sul valore degli immobili, tra le altre cose.
Per certi versi avevano ragione, visto che oggi Times Square è il posto in cui è più evidente il turismo di massa che si riversa a New York, ed è notoriamente il posto che i newyorkesi evitano come la peste, se capitano in quella zona di Manhattan. Ma per una buona parte delle persone che visitano New York, un passaggio di lì rimane una tappa obbligata, e ad avere un negozio affacciato sulla piazza sono alcuni dei marchi più importanti al mondo, da Disney a Levi’s a Swatch.
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