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  • Venerdì 23 agosto 2024

La proposta di impeachment che sta dividendo la sinistra francese

È stata avanzata da La France Insoumise, ma ha pochissime possibilità di riuscita e non è piaciuta agli altri partiti del Nuovo Fronte Popolare

Jean-Luc Mélenchon, (ANSA/T/ANDBZ/ABACAPRESS.COM)
Jean-Luc Mélenchon, (ANSA/T/ANDBZ/ABACAPRESS.COM)
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Da qualche giorno il Nuovo Fronte Popolare (NFP), l’alleanza di sinistra che è stata la più votata in Francia alle ultime elezioni legislative di luglio, è nuovamente diviso a causa di una particolare proposta avanzata dal suo principale partito, La France Insoumise (LFI, il più di sinistra della coalizione): il 18 agosto, con un testo pubblicato su La Tribune Dimanche, il leader Jean-Luc Mélenchon e altri esponenti di La France Insoumise hanno minacciato di avviare una procedura di impeachment contro il presidente Emmanuel Macron per il suo rifiuto di nominare un primo ministro o una prima ministra di sinistra.

La lettera, che accusa Macron di «golpe istituzionale contro la democrazia» e di «abuso di potere», non è stata però apprezzata dagli altri partiti del Nuovo Fronte Popolare, che se ne sono prontamente distanziati. Molti esponenti hanno fatto inoltre notare che l’alleanza non avrebbe i voti per portare a termine l’impeachment e che anche a livello pratico è una proposta irrealizzabile: la coalizione si presenta così divisa e indebolita alle consultazioni per il nuovo governo indette da Macron che sono cominciate oggi, venerdì 23 agosto.

Alle elezioni legislative del 7 luglio nessuno dei tre grandi blocchi politici era riuscito a ottenere la maggioranza all’Assemblea Nazionale, la camera bassa del parlamento francese. Il Nuovo Fronte Popolare, composto oltre che da La France Insoumise anche da Partito Socialista, Verdi e Partito Comunista, era però arrivato primo, facendo eleggere 182 deputati, seguito dalla coalizione centrista di Macron (168 deputati) e dall’estrema destra del Rassemblement National e dei suoi alleati (143 deputati).

In virtù di questo risultato l’alleanza ha sempre sostenuto di avere il diritto di esprimere il primo ministro, come da consuetudine. Formalmente però a nominarlo è il presidente, che non ha l’obbligo di scegliere la candidata o il candidato del gruppo che ha più seggi all’Assemblea Nazionale, quanto piuttosto chi ha più possibilità di ottenere maggiori consensi all’interno del parlamento e formare così un governo stabile. Di solito questa persona proviene dal partito o dall’alleanza arrivata prima alle elezioni, che all’Assemblea ha poi i voti per sostenerla, ma questa non è la situazione attuale.

Dopo settimane di infruttuosi negoziati interni, i partiti del Nuovo Fronte Popolare avevano concordato il nome di Lucie Castets, attuale direttrice finanziaria del Comune di Parigi e non affiliata ad alcun partito, anche se in passato aveva fatto parte del Partito Socialista. Castets ha 37 anni, è poco conosciuta ma negli ultimi dieci anni ha svolto diversi ruoli governativi di alto livello.

La sua candidatura era sembrata al Nuovo Fronte Popolare un buon compromesso, ma non ha affatto convinto Macron. In un comunicato, venerdì scorso il presidente ha ripetuto di essere consapevole che «i francesi hanno espresso la volontà di un cambiamento» rispetto al governo centrista uscente; allo stesso tempo, hanno scritto diversi giornali francesi, affidare l’incarico a Castets significherebbe per Macron favorire la creazione di un governo troppo debole, che nel giro di poco tempo rischierebbe di essere sfiduciato, e si tornerebbe punto e a capo.

La candidata prima ministra del Nuovo Fronte Popolare Lucie Castets arriva all’Eliseo per l’inizio delle consultazioni ufficiali, venerdì 23 agosto (ANSA/Raphael Lafargue/ABACAPRESS.COM)

Il Nuovo Fronte Popolare non ha al momento una proposta di riserva e ha comunque deciso di presentarsi alle consultazioni ufficiali cominciate venerdì con Castets. Secondo La France Insoumise, quella di Macron sarebbe solo una scusa per evitare di nominare una prima ministra di sinistra e sceglierne uno della sua fazione politica che potrebbe essere appoggiato dalla parte più moderata della coalizione di sinistra, escludendo proprio La France Insoumise.

Dopo i risultati delle elezioni, Macron aveva infatti esortato i partiti a trovare un accordo di maggioranza che escludesse La France Insoumise: condizione che è stata finora considerata irricevibile per le altre forze politiche dell’alleanza.

Venerdì durante le consultazioni Macron ha incontrato il primo ministro uscente Gabriel Attal, il leader del partito di centrodestra Horizons, Édouard Philippe, e il presidente del Movimento Democratico centrista, François Bayrou, che all’uscita degli incontri non hanno parlato con i giornalisti. Nel pomeriggio invece incontrerà Laurent Wauquiez e Bruno Retailleau, che sono rispettivamente il rappresentante del partito di centrodestra dei Repubblicani alla Camera e al Senato francese.

– Leggi anche: Molte discussioni sul nuovo governo francese riguarderanno Jean-Luc Mélenchon

In questo contesto si inserisce la proposta di La France Insoumise di impeachment, che in francese si chiama destitution. È una procedura prevista dall’articolo 68 della Costituzione, che consente al parlamento francese di destituire il presidente per «inadempienze manifestamente incompatibili con l’esercizio del suo mandato». Nessun presidente della Quinta Repubblica francese, iniziata nel 1958, è stato destituito attraverso questo meccanismo, che ha bisogno di un consenso molto ampio.

La procedura è piuttosto complessa. Anzitutto si deve istituire un’Alta Corte che giudichi l’operato del presidente, e la richiesta per formarla deve essere presentata da almeno un decimo dei 577 deputati: La France Insoumise avrebbe i numeri, visto che ne ha 72. La proposta poi deve essere approvata dall’ufficio della presidenza dell’Assemblea Nazionale e dalla Commissione giuridica, e infine votata dai 2/3 sia dell’Assemblea che del Senato. Questi passaggi sono praticamente impossibili da superare per La France Insoumise: i deputati centristi di Macron e molti deputati di destra non voterebbero mai a favore.

Una volta costituita, l’Alta Corte ha un mese di tempo per pronunciarsi sulla proposta, che deve essere approvata sempre con una maggioranza di due terzi.

Con queste bassissime possibilità di riuscita, la proposta di La France Insoumise ha avuto l’effetto di creare nuove divisioni dentro il Nuovo Fronte Popolare, indebolendo la coalizione di sinistra proprio all’inizio delle consultazioni ufficiali.

Domenica il leader del Partito Socialista Olivier Faure ha preso le distanze dalla richiesta di impeachment e ha invitato piuttosto a sostenere una mozione di sfiducia di un eventuale primo ministro nominato da Macron che non venga dal loro schieramento. Poco dopo ha anche risposto a un tweet scrivendo che «al di là di ciò che si può pensare dell’iniziativa, l’impeachment è impraticabile. Richiede una maggioranza di due terzi in entrambe le assemblee».

Nel suo partito alcuni stanno iniziando a mettere in dubbio l’alleanza con Mélenchon: Hélène Geoffroy, a capo di un gruppo di minoranza del Partito Socialista, ha detto che se La France Insoumise «non abbandona questa idea, non potremo andare insieme all’Eliseo a vedere un presidente di cui chiedono l’impeachment».

Lunedì anche la leader dei Verdi Marine Tondelier ha respinto la richiesta e ha messo in guardia dal rischio che la «polifonia di sinistra non diventi una cacofonia» e lo stesso ha fatto il Partito Comunista in una dichiarazione all’agenzia di stampa AFP. Anche il team di Castets ha preso le distanze, dicendo a Politico che si trattava di «un’iniziativa di LFI, non di Lucie».