Il caso della donna trans australiana esclusa da un’app per sole donne
Giovedì un giudice federale ha deciso che il fatto che sia una donna è «legalmente ineccepibile», e che ha subito quindi una discriminazione di genere
Venerdì la Corte federale dell’Australia si è espressa sul caso di Roxanne Tickle, una donna transgender che aveva fatto causa per discriminazione di genere contro l’app per sole donne Giggle, in un caso che ha attirato attenzioni internazionali perché coinvolge questioni ampiamente discusse sull’identità di genere.
Il giudice federale Robert Bromwich doveva stabilire se un’app per sole donne potesse legittimamente escludere le donne trans, considerando quindi il sesso «un fatto immutabile», oppure se un’eventuale esclusione fosse discriminatoria. Bromwich ha deciso che «nel suo significato contemporaneo più comune, il sesso può cambiare», e che il fatto che Tickle «venga correttamente descritta come una donna» è «legalmente ineccepibile».
Roxanne Tickle si era iscritta a Giggle nel gennaio del 2021. L’app, che è stata chiusa nel 2022, era pensata per sole donne, si proponeva come «un rifugio digitale privo di molestie, mansplaining, foto di peni, stalking e aggressione». Utilizzava un software basato sull’intelligenza artificiale per riconoscere se le persone che provavano a iscriversi fossero donne o uomini, in base a un selfie caricato all’iscrizione. Inizialmente il software riconobbe Tickle come donna. Dopo sette mesi che usava il servizio fu però espulsa perché la fondatrice dell’app, Sall Grover, vide una sua foto e decise che era un uomo.
Tickle ha ottenuto la rettifica dei documenti anagrafici nel 2017 e da allora è legalmente riconosciuta come donna dallo stato australiano. Negli ultimi mesi in tribunale le era stato chiesto di chiarificare cosa volesse dire per lei «vivere come una donna». Ha spiegato di assumere ormoni specifici che hanno alterato il suo corpo, di essersi sottoposta a un intervento chirurgico di riassegnazione del sesso e di aver cambiato tutti i documenti in modo che riflettano il suo essere una donna; ha inoltre detto di aver investito molte energie e soldi per la cosiddetta “transizione sociale”, ovvero per assicurarsi di essere percepita socialmente come donna in un contesto sociale in cui uomini e donne sono ancora quasi sempre distinti da comportamenti, atteggiamenti e apparenze fisiche normate.
Indossa abiti femminili, gioca in una squadra di hockey femminile e dice che «fino a questo momento» tutti l’hanno «trattata come una donna».
– Leggi anche: Storie di transizioni
Dato che si identifica come donna e che da anni i suoi documenti la riconoscono come tale, Tickle si riteneva giuridicamente autorizzata a utilizzare un servizio pensato esclusivamente per le donne. Per questo all’inizio del 2022, dopo l’espulsione, aveva deciso di fare causa per discriminazione di genere contro Giggle sulla base del Sex Discrimination Act, che protegge le donne dalle discriminazioni sulla base di sesso e genere. Inizialmente Tickle aveva deciso di portare la questione all’attenzione della Commissione australiana per i diritti umani, sostenendo di essere stata discriminata sulla base del genere.
Nel frattempo però Grover cominciò a parlare apertamente del caso sui propri profili social, attirando tra le altre cose molta attenzione indesiderata da parte di persone transfobiche nei confronti di Tickle.
La denuncia fu ritirata dopo pochi mesi ma poi presentata di nuovo nel dicembre del 2023 con il sostegno economico di un’organizzazione non governativa impegnata nella lotta per i diritti delle persone LGBTQ+. Oltre a dichiarare di aver subito discriminazione di genere, Trickle chiedeva un risarcimento di 200mila dollari australiani (121mila euro) perché le dichiarazioni pubbliche di Grover a suo dire erano state «angoscianti, demoralizzanti, imbarazzanti e dolorose», e avevano portato molte persone «a pubblicare commenti d’odio» nei suoi confronti.
Più nel dettaglio il tribunale federale era chiamato a decidere come applicare il Sex Discrimination Act, che da una parte protegge il diritto delle donne di creare servizi e spazi che escludano gli uomini, dall’altro protegge le donne dalla discriminazione basata su sesso, genere e orientamento sessuale.
– Leggi anche: Cos’è l’identità di genere, spiegato bene
Il team legale di Giggle sosteneva invece che il sesso è un concetto esclusivamente biologico e immutabile: la fondatrice dell’app, Grover, è una cosiddetta “femminista gender critical”, cioè una di quelle femministe che ritengono ci sia una corrispondenza diretta tra sesso biologico e genere, e che quindi non include le donne trans nelle battaglie per i diritti delle donne. A loro ci si riferisce spesso con l’acronimo TERF, che sta per “trans-exclusionary radical feminist” (“femminista radicale che esclude le persone trans”), che però è solitamente contestato da chi appartiene a questa corrente.
A partire da questi presupposti, gli avvocati di Grover sostenevano che Tickle fosse stata discriminata perché di sesso maschile – come il Sex Discrimination Act permette di fare – e non per la sua identità di genere. Il giudice Bromwich ha detto però che da decenni la giurisprudenza australiana e internazionale riconosce che il sesso è «mutevole e non necessariamente binario»: nella sentenza si legge perciò che «la corte rigetta in modo univoco l’idea che il sesso sia immutabile, ovvero che il sesso presunto e assegnato a una persona nel momento della nascita sia quello che la persona avrà per il resto della vita».
Piuttosto, ha detto Bromwich, «il sesso di una persona può tenere conto di una serie di fattori, tra cui le caratteristiche biologiche e fisiche, il riconoscimento giuridico e il modo in cui si presentano e sono riconosciuti socialmente». Il giudice ha ritenuto che Tickle non sia stata discriminata direttamente ma sia stata discriminata in modo indiretto, e ha ordinato a Grover di pagare 10mila dollari australiani di risarcimento, oltre a coprire le sue spese legali.
La corte ha comunque riconosciuto che all’inizio Grover non sapeva che Tickle fosse transgender, e che pensava sinceramente che fosse un uomo. «Ovviamente, date le posizioni di Grover, la sua decisione sarebbe stata esattamente la stessa se avesse saputo dell’identità di genere di Tickle. Per Grover non c’è nessuna distinzione legittima tra donne transgender e uomini cisgender», ha detto Bromwich, riferendosi agli uomini che si riconoscono nel genere corrispondente al loro sesso biologico. Durante il controinterrogatorio in tribunale Grover ha sottolineato più volte di non riconoscere le donne trans come donne, ha definito Tickle «un uomo, biologicamente», e l’ha chiamata «signor Tickle» invece di «signora Tickle» tutto il tempo.
«Questa sentenza significa che in Australia è illegale decidere se qualcun altro è o meno una donna in base al sesso originariamente registrato sul suo certificato di nascita o in base a quanto si presenti con un aspetto femminile», ha spiegato la giurista Paula Gerber, esperta di diritti umani dell’università Monash di Melbourne. «D’ora in poi sarà discriminatorio obbligare qualcuno ad avere l’aspetto di una donna cisgender come prerequisito per accedere a un particolare servizio». Grover ha detto che farà appello contro la decisione e che è pronta ad arrivare fino alla Corte costituzionale del paese.
– Leggi anche: Persone trans, e detenute