In Scozia sono tornate ad aumentare le morti legate all’abuso di droghe
È ancora il posto in Europa dove ce ne sono di più in rapporto alla popolazione, anche se erano diminuite per la prima volta dopo tanto tempo nel 2022
Martedì il governo scozzese ha pubblicato il rapporto annuale relativo alle morti legate all’abuso di droghe, definendo «estremamente preoccupante» il fatto che dopo un calo significativo nel 2022 sono tornate a crescere l’anno scorso: nel 2023 le persone morte per cause riconducibili al consumo di stupefacenti sono state 1172. È il secondo dato più basso tra quelli registrati negli ultimi sette anni, ma è comunque il 12 per cento in più del 2022, quando si era registrato il minimo dal 2017. Quando si è cominciato a tenere il conto, nel 1996, le morti erano state 244. A causarle sono in maggior misura l’eroina, la morfina, il metadone, le benzodiazepine, la cocaina e farmaci antidolorifici.
È un problema storico della regione, dove le morti legate al consumo di droghe sono iniziate a crescere in modo particolarmente rapido e costante circa dieci anni fa, raggiungendo il picco nel 2020. La Scozia è da anni il paese in cui avvengono più decessi legati al consumo di droghe in Europa in rapporto alla popolazione, con una media nel 2023 di 277 morti per milione di abitanti fra i 15 e 64 anni, più del doppio delle altre regioni del Regno Unito e il resto del continente. Per fare un confronto, in Europa il secondo paese è l’Estonia, con 95 morti per milione di abitanti, mentre in Italia nel 2022 sono stati 298, 5 morti per milione di abitanti. I dati preliminari sul primo semestre del 2024 mostrano inoltre un’ulteriore crescita rispetto all’anno scorso.
I motivi dietro a questo fenomeno sono diversi, ma si possono riassumere in tre ragioni principali e interconnesse: la storia e la situazione economica della Scozia, l’insufficiente e tardivo impegno del governo sulla questione e l’aumento di oppioidi sintetici e di tranquillanti molto potenti sul mercato.
Negli anni Settanta e Ottanta, quando l’eroina cominciava a essere sempre più disponibile in Europa, la deindustrializzazione di alcune delle aree più povere della Scozia portò a un aumento della disoccupazione e della povertà: a questa situazione seguì un primo picco di consumo di droghe in quella che viene definita la “generazione Trainspotting“, dall’omonimo libro dello scrittore scozzese Irvine Welsh, uscito nel 1993, da cui fu tratto un film di grande successo.
Nel 2023 le persone che vivevano nelle aree più svantaggiate della regione avevano fino a 15 volte più probabilità di morire per abuso di droghe rispetto a quelle che vivevano in aree meno svantaggiate.
– Leggi anche: Trainspotting si fece sentire
L’approccio del governo centrale alla questione è un altro problema: nei dieci anni in cui ha governato, il Partito Conservatore si è rifiutato di depenalizzare alcuni reati minori legati al consumo di droghe nel Regno Unito, nonostante le richieste del governo scozzese, cosa avvenuta invece in diversi paesi europei ormai da molti anni. Questo perché il governo conservatore ha sempre visto la riduzione del consumo di droghe cosiddette “pesanti”, come l’eroina, come una questione di sicurezza, più che di salute pubblica. In questo modo moltissime persone tossicodipendenti vengono condannate a passare del tempo in carcere, piuttosto che in percorsi di riabilitazione, cosa che non contribuisce a risolvere la questione.
Anche il governo locale ha avuto per molto tempo un approccio che si è rivelato controproducente, tagliando per esempio circa 15 milioni di sterline, cioè quasi 17 milioni di euro all’anno, al progetto Alcohol and Drug Partnerships, che promuove la cooperazione fra le varie autorità locali e un approccio più sanitario che securitario.
Negli ultimi anni ha cominciato a investire più massicciamente in programmi di prevenzione e riabilitazione. Nel 2021 ha approvato per esempio uno stanziamento di 250 milioni di sterline in cinque anni per aumentare, fra le altre cose, i posti nelle strutture pubbliche di riabilitazione e ampliare l’accesso al naloxone, che se assunto tempestivamente blocca gli effetti degli oppioidi e quindi le overdose. Il piano è stato menzionato anche questa settimana nel contesto dell’uscita del report dal segretario alla Sanità del governo scozzese, Neil Gray, che però ha riconosciuto come il governo debba fare di più per ottenere dei risultati concreti.
Nonostante questi sforzi infatti sono ancora troppo poche le persone inserite in un qualche tipo di percorso riabilitativo: quasi la totalità dei morti nel 2023 aveva fra i 35 e i 45 anni, in gran parte persone dipendenti da molti anni e che non erano mai state raggiunte dal sistema pubblico, o che avevano seguito dei percorsi di riabilitazione che non avevano funzionato. Dal 2000 a oggi, l’età media delle persone morte per abuso di droghe è cresciuta da 32 a 45 anni.
Con “morte per abuso di droghe”, il governo scozzese intende una morte causata direttamente da una serie di sostanze che includono sia droghe illegali sia farmaci legali. È un sottoinsieme di quelle che altre amministrazioni, come quella del Regno Unito, definiscono “morti per avvelenamento da droga”, categoria in cui vengono fatti rientrare anche, per esempio, i decessi causati da problemi di salute dovuti a un consumo prolungato e intenso di sostanze, per esempio una persona che ha un infarto dopo aver fatto uso di cocaina per molti anni.
Nell’80 per cento dei casi di morti legate all’abuso di droghe in Scozia nel 2023 erano coinvolti oppioidi come eroina, morfina e metadone. Nel 58 per cento dei casi erano coinvolte anche benzodiazepine come diazepam e bromazolam, psicofarmaci comunemente usati come ansiolitici; nel 41 per cento era coinvolta la cocaina; nel 38 per cento dei casi farmaci antidolorifici come gabapentin e pregabalin. Nell’88 per cento dei casi le morti sono state giudicate accidentali, e solo nel 7 per cento dei casi si è accertato che l’overdose è stata intenzionale.
– Leggi anche: Cose: Le droghe, in sostanza
Secondo le associazioni che si occupano del problema questo è anche da ricondurre al fatto che, fino a poco tempo fa, le iniziative pubbliche e private di aiuto erano molto intransigenti riguardo all’uso di sostanze da parte di coloro che vi partecipavano. Questo atteggiamento aveva parzialmente a che fare con il sistema legale già menzionato, che ancora criminalizza il consumo di droghe, oltre che il possesso, e aveva un effetto respingente su chi non se la sentiva ancora di disintossicarsi completamente.
Per evitare questo fenomeno alcune organizzazioni hanno adottato un approccio più conciliante: per esempio l’associazione Simon Community Scotland, che si occupa di fornire alloggi a persone senza casa, permette dal 2021 l’ingresso di sostanze illegali in una sua struttura a Glasgow per donne tossicodipendenti e senza casa. Queste strutture esistono in diversi paesi e sono basate sull’idea che il modo migliore per permettere a una persona senza casa di migliorare la sua situazione sia fornirle una soluzione abitativa stabile e permetterle così di concentrarsi su altri aspetti della sua vita, come la ricerca di un lavoro o l’eventuale disintossicazione.
Come ha spiegato a Sky News la direttrice del centro Hannah Boyle la decisione è stata presa dopo che nel 2020 erano morte per overdose 23 donne che abitavano nella loro struttura: farsi trovare con sostanze stupefacenti in casa significava perdere il posto e quindi molte di loro finivano per consumarne il più possibile prima di rientrare ogni sera, esponendosi al rischio di overdose. Nel 2021, dopo questa modifica del regolamento, è morta una sola di loro.
– Leggi anche: Vivono per strada più donne di quelle che pensiamo
Quello di trovare un modo più conciliante per lavorare sulla prevenzione del rischio era un tema che il governo aveva sollevato anche quando aveva presentato il suo piano quinquennale e che recentemente ha deciso di affrontare. In questi giorni è stato annunciato che a Glasgow verrà aperto a ottobre il primo “centro di somministrazione controllata” pubblico nel Regno Unito: è una struttura in cui le persone tossicodipendenti potranno andare a consumare le sostanze in loro possesso in uno spazio sicuro, dove sono fornite per esempio siringhe sterili, e controllato da personale formato per intervenire in caso di problemi. La sua apertura era decisa da tempo ma era stata più volte rimandata.
L’iniziativa è simile ad altre sperimentali già avviate in paesi come gli Stati Uniti, il Canada e l’Australia e serve a ridurre il rischio di overdose, oltre a creare un punto di incontro fra le persone tossicodipendenti e lo Stato. In queste strutture le persone possono anche chiedere di testare le proprie droghe, per essere sicure che non contengano sostanze pericolose.
Sono infatti in aumento le morti legate al consumo di oppioidi sintetici, come il fentanyl e i nitazeni, e potenti tranquillanti come la xilazina: si tratta di sostanze estremamente pericolose che vengono spesso assunte inconsapevolmente, dato che vengono usate dai produttori e dagli spacciatori per tagliare droghe più comuni come l’eroina e la cocaina per aumentare il loro volume, aumentare l’effetto di dipendenza e farci più profitto.
– Leggi anche: Che cos’è e da dove viene il “tranq”