L’influenza sull’economia mondiale di una piccola cittadina del Wyoming

Cioè Jackson Hole, dove oggi inizia l'annuale convegno di economisti a cui da qualche tempo tutto il mondo guarda con morboso interesse

Una vista del parco nazionale del Grand Teton, a Jackson Hole, Wyoming, Stati Uniti (AP Photo/Brennan Linsley, File)
Una vista del parco nazionale del Grand Teton, a Jackson Hole, Wyoming, Stati Uniti (AP Photo/Brennan Linsley, File)
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Come succede alla fine di ogni agosto dal 1982, giovedì in una sperduta cittadina del Wyoming, negli Stati Uniti centrali, inizia uno degli eventi più seguiti nel mondo dell’economia. Al cosiddetto “simposio di Jackson Hole”, dal nome della città in cui si svolge, partecipano poco più di un centinaio di economisti e tutti i direttori delle principali banche centrali del mondo.

Col tempo, grazie soprattutto ai grossi cambiamenti nella comunicazione delle banche centrali, Jackson Hole è diventato molto di più della riunione di accademici che era all’inizio, e ha iniziato ad attrarre un’attenzione al limite del morboso da parte dei media e degli analisti, che esaminano qualsiasi frase venga pronunciata dai partecipanti nei rari momenti aperti al pubblico nel tentativo di carpire le future mosse di politica monetaria.

Il simposio è organizzato dalla Federal Reserve di Kansas City, la sede locale della banca centrale statunitense, per dare ad accademici e banchieri l’occasione di discutere di teorie monetarie, di nuovi studi, dello stato dell’economia e ovviamente anche delle politiche economiche da mettere in atto nell’anno seguente. In origine era un appuntamento di rilevanza soprattutto accademica, un momento molto alto di studio e di condivisione dei risultati ottenuti con la ricerca, ma arricchito dalla presenza di chi la teoria doveva poi metterla in pratica, cioè i banchieri centrali, i dirigenti degli istituti che controllano la politica monetaria dei vari paesi. Solo negli ultimi anni le sue riunioni hanno iniziato a interessare anche persone meno specializzate.

Il fascino intorno alla conferenza deriva anche dal luogo in cui si tiene. Come detto Jackson Hole è una piccola città in una zona molto selvaggia degli Stati Uniti: si trova all’interno del parco nazionale del Grand Teton, uno scenografico parco intorno al Teton Range, un’imponente catena montuosa. Il paesaggio è dunque molto suggestivo, e la posizione alquanto isolata contribuisce a rendere la riunione ancora più elitaria.

L’allora presidente della  Federal Reserve Janet Yellen, al centro, discute con altri due funzionari della banca centrale statunitense, durante la riunione di Jackson Hole del 2016 (AP Photo/Brennan Linsley)

Come ha ricostruito il New York Times, agli inizi del Novecento Jackson Hole era però famosa per essere talmente in mezzo al niente da essere il luogo per eccellenza dove erano soliti rifugiarsi i criminali in fuga dalle autorità. L’isolamento ha fatto sì che il paesaggio rimanesse incontaminato, e che divenisse una meta ambita per gli amanti e gli studiosi della natura.

Il finanziere e filantropo John Rockefeller Junior acquistò dei terreni nella cittadina, poi donati al parco nazionale. Negli anni Cinquanta iniziò a costruire il Jackson Lake Lodge, l’albergo di lusso dove oggi si riuniscono gli economisti a Jackson Hole. Per quegli anni l’albergo aveva un design decisamente moderno, tanto che non fu accolto bene dalla popolazione locale, che recriminava anche il fatto che una struttura così di lusso non avesse i comfort adeguati, come campi da golf o un centro benessere.

Il Jackson Lake Lodge al tramonto, nell’agosto del 2007 (AP Photo/Ted S. Warren)

Nell’1982 l’albergo fu notato dalla Federal Reserve (anche detta Fed) di Kansas City, che cercava un posto per ospitare una conferenza che dal 1978 aveva iniziato a tenere annualmente. Tra le altre cose fu scelto anche perché era vicino a buon punto per praticare la pesca alla mosca, una tecnica di pesca in cui si usano esche artificiali che richiamano la forma di una mosca e che era particolarmente popolare in quegli anni: ne era particolarmente appassionato l’allora presidente della Fed Paul Volcker, che quell’anno partecipò insieme a una sessantina di economisti e studiosi. Erano circa la metà dei 137 invitati, e la stampa di allora lo reputò un notevole successo per un evento accademico.

Oggi la riunione ha perso quel fascino un po’ rustico di allora, a favore di un clima più esclusivo e ricercato. Il numero degli invitati è ancora più o meno lo stesso, ma quelli che non si presentano sono molti meno: ricevere un invito è oggi un segnale di grande prestigio nella comunità accademica, e difficilmente lo si rifiuta. Giornalisti e analisti tentano in tutti i modi di infilarsi alle conferenze e alle riunioni – la maggior parte delle quali è a porte chiuse – ma spesso si devono accontentare solo di intercettare qualcuno nell’atrio dell’albergo.

L’atrio del Jackson Lake Lodge, durante la conferenza del 2018 (AP Photo/Jonathan Crosby)

L’attenzione mediatica intorno a quanto viene detto a Jackson Hole è comunque un fenomeno relativamente recente, che ha a che fare innanzitutto con l’aumento dell’influenza delle banche centrali nel sostenere l’economia durante le crisi economiche, come accaduto dopo la crisi finanziaria del 2008, durante la crisi economica dovuta alla pandemia, e proprio in questi anni di inflazione.

Ha però a che fare anche con il crescente ruolo della comunicazione nelle loro strategie. Negli ultimi 15 anni i discorsi e le allusioni sono diventati uno strumento di politica monetaria a tutti gli effetti, con cui i banchieri centrali cercano di influenzare l’andamento dell’economia e dei mercati finanziari: in gergo la capacità di una di influenzare le aspettative sul suo operato si chiama forward guidance, una sorta di indicazione sulle tendenze future.

Un esempio famosissimo e molto indicativo di come può funzionare la forward guidance è lo storico discorso di luglio del 2012 dell’ex presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi, il «whatever it takes» che interruppe una grave ondata speculativa sui paesi europei. L’esistenza stessa dell’euro era messa a rischio, ma Draghi disse che la BCE era pronta a fare «tutto il necessario per salvare l’euro e, credetemi, sarà sufficiente»: la banca centrale in concreto non fece niente, ma grazie solamente a un discorso la speculazione finì.

A destra l’allora presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi; al centro Janet Yellen; e a sinistra l’allora governatore della banca centrale giapponese Haruhiko Kuroda, nel 2017 (AP Photo/Martin Crutsinger)

Dalle parole pronunciate a Jackson Hole spesso sono dipesi grossi cali di borsa o grandi rialzi, a seconda di come gli investitori sui mercati finanziari interpretavano le conferenze stampa dei banchieri centrali: solitamente il discorso più atteso è del presidente della Federal Reserve, che si tiene tradizionalmente il venerdì mattina.

L’attuale presidente, Jerome Powell, ha fatto notizia con ognuno dei suoi discorsi degli anni scorsi a Jackson Hole, e anche quest’anno c’è grande attesa per cosa dirà. Powell parlerà in un momento in cui le prossime mosse della Fed sono incerte ma attesissime, e in cui c’è grande preoccupazione per l’economia statunitense. Si attende di capire cosa voglia fare con i tassi di interesse, il principale strumento delle banche centrali per tenere sotto controllo l’aumento dei prezzi, cioè l’inflazione. Dal 2022 la Fed, come praticamente quasi tutte le banche centrali, ha deciso consistenti rialzi per fermare l’inflazione iniziata dopo la pandemia e aggravata con la guerra in Ucraina.

A sinistra il presidente della Fed Jerome Powell insieme all’allora governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney, nel 2019 (AP Photo/Amber Baesler)

La Fed è rimasta l’ultima tra le principali banche dei paesi avanzati a non aver ancora deciso una riduzione dei tassi, dopo che il problema dei rincari è generalmente ritenuto risolto dalla maggior parte dei paesi, e molti la stanno accusando di averli tenuti alti troppo a lungo, finendo per penalizzare eccessivamente l’economia. Gran parte degli analisti ritiene praticamente certo che la Fed annuncerà una prima riduzione dei tassi di interesse a settembre, ma non è chiaro né di quanto saranno abbassati e né soprattutto se sarà una riduzione isolata o solo l’inizio di una serie di tagli. Il discorso di Powell sarà dunque seguito attentamente in cerca di indizi in tal senso.

– Leggi anche: Dobbiamo davvero preoccuparci dell’economia statunitense?