La polizia israeliana ha arrestato quattro persone sospettate di aver attaccato una cittadina palestinese in Cisgiordania il 16 agosto

Un abitante di Jit nella sua casa, bruciata dai coloni durante l'attacco del 16 agosto (AP Photo/Nasser Nasser)
Un abitante di Jit nella sua casa, bruciata dai coloni durante l'attacco del 16 agosto (AP Photo/Nasser Nasser)

Giovedì la polizia israeliana ha arrestato quattro persone sospettate di aver preso parte a un violento attacco contro il villaggio palestinese di Jit, in Cisgiordania. Nella notte tra il 15 e il 16 agosto fra i 50 e i 100 coloni israeliani avevano attaccato la cittadina, lanciando bombe molotov e dando fuoco a case e auto parcheggiate: un ragazzo palestinese di vent’anni era stato ucciso con un colpo di arma da fuoco.

L’attacco era stato condannato da vari leader israeliani, tra cui il primo ministro Benjamin Netanyahu (il cui governo comunque da tempo sostiene l’espansione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania) e il presidente Isaac Herzog. L’agenzia per la sicurezza interna israeliana aveva definito l’attacco «un grave evento terroristico». I quattro arrestati sono tre adulti e un minore, tutti sospettati di aver compiuto anche altri atti di terrorismo contro la popolazione palestinese. Le indagini sono ancora in corso.

Da decenni Israele costruisce e amplia insediamenti e colonie in Cisgiordania, un territorio che però secondo gran parte della comunità internazionale appartiene ai palestinesi. Questo è stato ribadito lo scorso luglio dalla Corte internazionale di giustizia, il più importante tribunale delle Nazioni Unite, secondo cui l’utilizzo delle risorse naturali che Israele fa in quelle zone vìola il diritto internazionale. Oggi in Cisgiordania vivono circa 2,7 milioni di palestinesi e 500mila coloni israeliani. I loro rapporti sono sempre stati parecchio problematici, ma a partire dall’inizio della guerra nella Striscia di Gaza, lo scorso 7 ottobre, gli scontri e le violenze sono notevolmente aumentati.