• Mondo
  • Mercoledì 21 agosto 2024

I negoziati per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza continuano ad andare male

La scorsa settimana sono iniziati nuovi colloqui ma le richieste di Israele e Hamas rimangono inconciliabili

Un bambino palestinese a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, lo scorso 11 agosto
Un bambino palestinese a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, lo scorso 11 agosto (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
Caricamento player

L’ultimo giro di negoziazioni per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza sta procedendo in modo deludente: le negoziazioni erano iniziate il 15 agosto a Doha, in Qatar, ma si sono interrotte il giorno successivo senza un’intesa. Dovrebbero riprendere tra mercoledì e giovedì al Cairo, in Egitto.

Ai colloqui della scorsa settimana hanno partecipato vari rappresentanti di Israele insieme alle delegazioni dei paesi che ormai da mesi lavorano come mediatori, ossia gli Stati Uniti, il Qatar e l’Egitto. Hamas invece non ha partecipato direttamente. Lunedì il segretario di Stato statunitense Antony Blinken ha incontrato a Tel Aviv il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Al termine del colloquio Israele ha accettato una proposta presentata dagli Stati Uniti, che però è stata rapidamente criticata da Hamas, secondo cui le condizioni previste sarebbero eccessivamente favorevoli a Israele.

La proposta, definita dai media internazionali come una “proposta ponte”, si basa su quella presentata dagli Stati Uniti lo scorso maggio, che prevedeva un cessate il fuoco di sei settimane con un rilascio graduale degli ostaggi israeliani da parte di Hamas e un ritiro delle truppe israeliane dalle zone popolate della Striscia di Gaza. Alcune parti sono però state modificate per andare incontro alle richieste di Israele.

Il contenuto di questa nuova proposta non è stato diffuso, ma alcuni giornali hanno ottenuto informazioni da fonti rimaste anonime. Tra le altre cose, la nuova proposta prevede che le truppe israeliane possano continuare a controllare parte del confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto (il cosiddetto “Philadelphi corridor”), principalmente per evitare che Hamas usi i tunnel sotterranei nella zona per importare armi dall’Egitto a Gaza. Il gruppo però si è sempre opposto a qualsiasi presenza militare israeliana sia all’interno della Striscia che sui suoi confini, e chiede il ritiro completo delle truppe. Le due parti si sono accusate a vicenda per l’impossibilità di raggiungere un accordo.

Un altro punto contestato riguarda il rilascio dei prigionieri palestinesi detenuti in Israele in cambio degli ostaggi israeliani catturati da Hamas lo scorso 7 ottobre. Una fonte diplomatica rimasta anonima ha detto al Financial Times che Netanyahu vorrebbe vietare il rilascio di vari prigionieri, mentre altri potrebbero essere rilasciati a condizione che poi vadano in esilio in altri paesi, senza tornare a Gaza.

Dei 251 ostaggi catturati, finora l’esercito israeliano ne ha recuperati sette vivi e circa altri 100 erano stati liberati lo scorso novembre in uno scambio concordato con Hamas. Martedì l’esercito ha recuperato i corpi di altre sei persone catturate da Hamas a ottobre. Si stima che nella Striscia ci siano ancora 105 ostaggi, di cui circa un terzo morti.

Martedì Blinken ha incontrato il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi e alcuni funzionari del Qatar, e mercoledì ha lasciato il Medio Oriente, che ha visitato per la nona volta nell’ultimo anno, senza aver trovato un’intesa. L’accordo «deve essere fatto. E deve essere fatto in questi giorni, noi faremo tutto il possibile per portarlo a termine», ha detto prima di imbarcarsi sull’aereo per Washington.