Le cose che ancora non tornano sul naufragio della barca a vela a Palermo
Le circostanze del suo affondamento lasciano perplessi gli esperti, mentre una strana coincidenza ha alimentato qualche speculazione
Ci sono ancora varie cose che non tornano sul naufragio di lunedì mattina della Bayesian, la grande barca a vela ancorata vicino a Palermo con a bordo 22 persone, di cui sei morte e una ancora dispersa. Non sono ancora chiari i motivi per cui possa essere affondata un’imbarcazione del genere: lunga 56 metri, lussuosa e molto solida, e peraltro l’unica in tutta l’area ad avere avuto problemi a causa del maltempo, nonostante attorno ce ne fossero diverse. La procura di Termini Imerese ha aperto un’inchiesta per capire cosa è andato storto, ma nel frattempo i dubbi sulle cause, uniti ad alcune coincidenze ragguardevoli e al profilo delle persone coinvolte molto note nel mondo della finanza, stanno alimentando alcune teorie del complotto.
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Partiamo intanto da cosa si sa sulle cause dell’affondamento. Nella notte fra domenica e lunedì le condizioni meteo e del mare nella zona erano molto difficili, ma non si è ancora capito con precisione quale sia stato l’evento meteorologico scatenante: se una tromba marina, l’equivalente di una tromba d’aria che si sviluppa in mare anziché a terra, o un cosiddetto downburst, cioè una fortissima raffica di vento proveniente da un temporale, che arriva a terra e poi si sposta in orizzontale a una velocità che può superare anche i 100 chilometri orari.
Tra le due ipotesi al momento sembra essere più probabile quella del downburst: secondo una ricostruzione degli esperti del sito specialistico Giornale della Vela, il fenomeno atmosferico che si è verificato lunedì mattina sembra essere stato percepito su un’area talmente ampia da essere incompatibile con una tromba marina.
Gli esperti però hanno anche dubbi su come la barca sia poi affondata: è finita sott’acqua in appena sessanta secondi, e nessuna delle ipotesi prese in considerazione finora sembra essere in grado di provocare un evento così rapido.
Una delle ipotesi formulate inizialmente era la rottura dell’albero, il palo verticale che serve a sostenere le vele. L’albero della Bayesian era di 75 metri, tra i più alti in circolazione, e fatto di alluminio, in grado di sostenere 3mila metri quadrati di vele. Le operazioni di soccorso avrebbero dimostrato che in realtà l’albero è rimasto intatto, e agli esperti la rottura era comunque sembrata assai improbabile fin da subito.
Gli alberi delle navi sono fatti per resistere in condizioni meteo avverse, e quello della Bayesian era particolarmente all’avanguardia, inoltre era stato sottoposto a manutenzione quattro anni fa e non aveva dato mai problemi. In più anche la rottura dell’albero sarebbe difficilmente riuscita a causare un naufragio così repentino, neanche se rompendosi avesse aperto grossi varchi nei fianchi della barca.
Secondo gli esperti anche l’ipotesi della cosiddetta scuffia, cioè il ribaltamento dovuto a una pericolosa inclinazione, è poco plausibile: non è chiaro come una barca del genere possa essersi inclinata in modo tale e così a lungo da permettere all’acqua di entrare e affondarla in così poco tempo. È stato però ipotizzato che l’acqua possa aver allagato la nave dopo essere entrata da dei portelloni lasciati aperti sul ponte o sui fianchi della nave, forse finiti sott’acqua per le oscillazioni provocate dalle onde. Al momento questa teoria non è stata confermata dalle osservazioni fatte durante le operazioni di soccorso.
L’ipotesi più coerente con un naufragio così rapido sarebbe quella di una collisione con una secca, cioè un punto in cui l’acqua è più bassa rispetto alle zone circostanti. L’urto con il fondale avrebbe potuto causare la rottura della deriva, una specie di “pinna” che si trova sotto lo scafo e che aiuta la barca a mantenere la rotta, impedendole di spostarsi di lato a causa del vento o delle correnti. Di fronte a Porticello c’è in effetti la Secca della Formica, dove il fondale va da una profondità di circa 60 metri a pochi centimetri. In questo scenario, la rottura della deriva avrebbe aperto un buco nello scafo, che avrebbe causato il naufragio. L’ipotesi tuttavia al momento è stata accantonata: lo scafo sembra intatto.
A detta degli esperti manca insomma qualche elemento concreto e davvero plausibile per spiegare il naufragio, per esempio un varco lasciato aperto, che potrebbe aver facilitato l’ingresso dell’acqua, o un malfunzionamento. Ad accrescere l’interesse e la morbosità intorno alla vicenda, già eccezionale di per sé, contribuiscono anche il profilo delle persone coinvolte e una coincidenza particolare.
A bordo della Bayesian c’erano 10 membri dell’equipaggio e 12 turisti stranieri, principalmente statunitensi e inglesi, ma anche una neozelandese, una irlandese e una dello Sri Lanka. La barca risulta di proprietà di Angela Bacares, una delle persone soccorse e moglie di Mike Lynch. Lynch è un imprenditore britannico attivo nel settore della tecnologia, nonché co-fondatore di Autonomy, un’azienda di software che fu acquisita da HP nel 2011 per 11 miliardi di dollari. L’operazione finì al centro di molte controversie legali, che si sono concluse lo scorso giugno con l’assoluzione di Lynch da tutte le accuse.
Lunedì, lo stesso giorno del naufragio, è morto Stephen Chamberlain, ex vicepresidente di Autonomy, socio in affari di Lynch e anche lui coinvolto nelle stesse vicende giudiziarie. Chamberlain è stato investito da un’auto a Stretham, a nord di Cambridge, nel Regno Unito, in quello che secondo le autorità britanniche è stato un incidente. Anche se non ci sono reali motivi per credere che sia collegato al naufragio della Bayesian, la coincidenza ha contribuito ad alimentare connessioni e teorie del complotto.
Tra le persone disperse ci sono altre figure assai note negli ambienti finanziari: Jonathan Bloomer, dirigente della banca d’affari Morgan Stanley International e presidente della compagnia assicurativa Hiscox, e l’avvocato statunitense Chris Morvillo, dello studio legale internazionale Clifford Chance.