Con un fiume balneabile le città sono diverse
Nuotare nei corsi d’acqua dei grandi centri urbani, secondo diversi architetti e progettisti, dovrebbe essere comune come andare in bici o passeggiare in un parco
Le polemiche sui livelli di inquinamento della Senna, il fiume in cui si sono svolte le gare di nuoto in acque libere delle Olimpiadi di Parigi, hanno attirato qualche attenzione verso un dibattito laterale e più ampio che riguarda diversi fiumi di grandi città del mondo: il crescente desiderio di renderli balneabili. È un dibattito portato avanti da alcuni anni sia dagli abitanti stessi delle città, sia da gruppi di architetti e attivisti che considerano i fiumi uno spazio urbano poco valorizzato, dato che sono perlopiù inaccessibili a causa dell’inquinamento, del traffico commerciale e di altri fattori.
In diverse grandi città europee in Svizzera, in Austria e in Germania i fiumi sono già balneabili, per tratti più o meno lunghi, e sono un punto di ritrovo per decine di turisti e residenti che nelle giornate più calde ne approfittano per fare un bagno o una nuotata. Alcuni di quei fiumi sono diventati balneabili soltanto negli ultimi decenni, a fronte di cospicui investimenti pubblici per ripulirli o per attrezzarli con ampie piscine galleggianti o con altre strutture. Investimenti del genere dovrebbero riguardare molti altri fiumi in Europa e nel mondo, secondo Swimmable Cities (traducibile come “città balneabili”), un gruppo internazionale di urbanisti impegnato nella promozione della cultura del nuoto all’aperto nelle città.
A Berlino una delle più note e affollate attrazioni estive è la Badeschiff, una piscina pubblica galleggiante sul fiume Sprea: un modo per permettere alle persone di fare un bagno senza il rischio di immergersi in acque inquinate. Ma il gruppo Fluss Bad Berlin, che organizza ogni anno una gara di nuoto nella Sprea, promuove diverse iniziative per valorizzare il fiume come spazio a disposizione dei cittadini e per rendere meno stringenti le leggi sul divieto di balneazione. Cura anche un sito in cui monitora costantemente i livelli di inquinamento della Sprea, per dimostrare che nel 90 per cento del tempo il fiume è abbastanza pulito per nuotarci dentro.
In altre città con una lunga tradizione di nuoto fluviale le piscine galleggianti sono considerate sostanzialmente superflue, dato che è possibile bagnarsi direttamente nei fiumi. In Svizzera è piuttosto comune d’estate vedere persone nuotare o stare a mollo nel Reno, a Basilea, nella Limmat, a Zurigo, e nell’Aare, a Berna.
A Vienna le acque del Danubio e le sue rive erbose sono meta dei bagnanti in diversi tratti. In anni recenti è aumentata l’inclinazione dei viennesi a sfruttare come area balneare anche l’intero Donaukanal, un canale lungo circa 17 chilometri che attraversa il centro della città. Delimitato da un sistema di chiuse, si biforca dal Danubio all’altezza del sobborgo di Nussdorf per poi ricongiungersi al fiume più a sud, presso il parco Prater.
Uno sfruttamento simile delle acque che attraversano le città riguarda anche altre grandi capitali europee ancora più a nord, tra cui Copenaghen, in Danimarca, dove i canali del porto della città sono attrezzati con trampolini, piscine e altre strutture per chi vuole fare il bagno o prendere il sole. La salubrità dell’acqua è controllata costantemente ed è consultabile dai bagnanti tramite apposite app per smartphone.
Anche se non riguarda propriamente un fiume, il caso di Copenaghen è considerato dagli urbanisti di Swimmable Cities un esempio virtuoso di investimenti a lungo termine per rendere balneabili i corsi d’acqua. Trent’anni fa, quando il porto era pieno di rifiuti industriali, pochissime persone avrebbero considerato una buona idea tuffarsi nelle acque del quartiere Islands Brygge. Ma nei primi anni Duemila, dopo aver avviato una serie di lavori per depurare le acque che attraversano il canale del quartiere, l’amministrazione di Copenaghen commissionò ai famosi architetti Bjarke Ingels e Julien De Smedt, all’epoca ancora poco conosciuti, la progettazione di grandi pontili e altre strutture balneari per residenti e turisti.
Lo spettacolo recente delle atlete e degli atleti olimpici che nuotavano nelle acque della Senna, al netto delle polemiche sugli imprevisti dovuti all’inquinamento, ha dato a molte persone un’opportunità di pensare ai fiumi in un modo diverso e di rifiutare una certa assuefazione a considerarli soltanto un ricettacolo di immondizia e liquami vari, o lo scarico delle fogne delle città. L’aumento costante delle temperature globali rende inoltre più stringente, nella percezione comune, il bisogno di luoghi pubblici in cui sia possibile rinfrescarsi. L’accessibilità a spazi all’aperto adatti al nuoto e a fare il bagno «diventerà una parte inevitabile del vocabolario della progettazione urbana», ha detto al Guardian l’architetto australiano Matt Sykes, fondatore di Swimmable Cities.
Secondo Sykes i pontili e le piscine galleggianti, e le docce lungo i fiumi, dovrebbero far parte del paesaggio urbano quanto le piste ciclabili e le panchine. A luglio il gruppo ha pubblicato un documento in cui, rivolgendosi ad amministrazioni locali, istituzioni culturali e altri gruppi interessati, definisce le linee guida per promuovere la creazione di «corsi d’acqua sicuri, sani e balneabili, e accessibili a chiunque». Tra i firmatari ci sono comuni, agenzie governative e altre istituzioni di 31 città del mondo, tra cui Amsterdam, Berlino, Bruxelles, Budapest, Parigi, New York, Pechino, Johannesburg, Sydney e Toronto.
Una serie di iniziative promosse da Swimmable Cities e già da tempo avviate da altri gruppi dovrebbe portare entro i prossimi anni alla realizzazione di corsi d’acqua balneabili e piscine all’aperto in diverse grandi città del mondo.
A Rotterdam, nei Paesi Bassi, un’area di circa 350mila metri quadrati nel quartiere Rijnhaven lungo il fiume Nieuwe Maas sarà completamente bonificata e ristrutturata, per includere un grande parco acquatico. A Sydney, in Australia, alcuni programmi promossi dal gruppo Urban Plunge prevedono la costruzione di piscine, pontili e trampolini lungo il fiume Parramatta. E un prototipo di piscina “filtrante” e galleggiante ideato nel 2010 da quattro giovani progettisti newyorkesi, +Pool, dovrebbe essere costruito entro l’estate del 2025 sull’East River, a New York, grazie a un finanziamento statale di 16 milioni di dollari.
La piscina +Pool integra un impianto galleggiante per il trattamento delle acque reflue, sviluppato dallo studio di ingegneria e architettura Arup. In pratica è una specie di grande filtro che permette di far passare l’acqua del fiume attraverso una serie di membrane, e poi la tratta con radiazioni ultraviolette, come spiegato da uno degli ingegneri responsabili del progetto a Curbed, il sito del New York Magazine che si occupa di settore immobiliare, architettura e urbanistica.
L’investimento da un miliardo e mezzo di euro per rendere stabilmente balneabile la Senna, anche oltre la conclusione delle Olimpiadi, è stato lodato da amministratori e politici di altre grandi capitali europee.
A dicembre del 2023, commentando il lavoro dell’amministrazione della sindaca di Parigi Anne Hidalgo, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri aveva definito la balneabilità del Tevere – da anni argomento di discussioni inconcludenti – «un obiettivo che ci possiamo dare». In concreto non esiste però alcun progetto che possa permettere in futuro di ritirare il divieto di balneazione, in vigore fin dagli anni Sessanta.
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Anche il Regno Unito è piuttosto indietro nei piani per rendere balneabili i fiumi, ha scritto il Guardian, attribuendo in parte le ragioni del ritardo a retaggi culturali condizionati da una generale diffidenza verso l’acqua. «Il che è ridicolo, dato che siamo un’isola», ha commentato l’architetto Chris Romer-Lee, cofondatore dello studio Octopi, impegnato da anni nella progettazione di piscine galleggianti per il Tamigi.
A maggio il sindaco di Londra Sadiq Khan aveva annunciato un piano per rendere i fiumi della città balneabili entro il 2034: piano molto ambizioso, considerando che secondo un’analisi recente il volume di acque reflue scaricate nei fiumi di Londra nel 2023 è stato cinque volte superiore rispetto all’anno precedente. Peraltro, secondo le autorità portuali di Londra, le acque reflue non sono l’unico problema: nel distretto di Putney, dove scorre uno dei tratti meno inquinati del Tamigi, il divieto di balneazione continua a essere motivato principalmente dai pericoli legati alle correnti, alla risacca e all’intenso traffico di navi commerciali.