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  • Mercoledì 21 agosto 2024

Gli Obama hanno dato a tutti una svegliata

Harris avrà pure rimontato e i meme sono divertenti, hanno detto alla convention di Chicago, ma la strada è in salita e i Democratici non devono farsi male da soli

di Francesco Costa

Michelle e Barack Obama alla convention Democratica di Chicago (Joe Raedle/Getty Images)
Michelle e Barack Obama alla convention Democratica di Chicago (Joe Raedle/Getty Images)
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Parlando martedì sera alla convention del Partito Democratico statunitense di Chicago, l’ex presidente Barack Obama e sua moglie Michelle hanno rivolto alla platea due dei discorsi più attesi della settimana e soprattutto un messaggio che fin qui praticamente nessuno aveva pronunciato dal palco: Kamala Harris avrà pure rimontato nei sondaggi, l’entusiasmo sarà pure palpabile e i meme sono sicuramente divertenti, ma la partita è ancora lunga e soprattutto è apertissima, quindi è il caso di darsi da fare.

In uno dei suoi rarissimi interventi politici – l’ultimo risaliva a quattro anni fa, malgrado i disinformati pettegolezzi giornalistici che ciclicamente la descrivono come potenziale candidata – Michelle Obama ha parlato molto della madre, morta poche settimane fa, mettendo la sua storia nel contesto più ampio della storia del paese e legandola alla storia della famiglia di Harris. «Non sapevo se sarei riuscita a essere qui con voi», ha esordito. «Ma ho scelto di esserci per senso del dovere, per onorare la sua memoria, e per ricordare a tutti noi che non dobbiamo sprecare il sacrificio che le persone più grandi di noi hanno fatto per darci un futuro migliore».

Michelle Obama ha citato direttamente Donald Trump e le sue numerose teorie del complotto su lei e suo marito che ha contribuito a far circolare nella destra americana. «Per anni Trump ha fatto ogni cosa in suo potere per convincere le persone ad avere paura di noi. La sua visione del mondo è così limitata che si sente minacciato dall’esistenza di persone che lavorano sodo, che hanno un’istruzione, che hanno successo e che sono anche nere».

Poi è arrivato il momento della sveglia ai Democratici, dopo una prima giornata di lavori in cui l’entusiasmo per la rimonta di Harris e per la possibilità di «fare la storia» aveva messo in secondo piano la consapevolezza che la partita è apertissima: Trump può ancora vincere le elezioni e il vantaggio di Harris nei sondaggi si trova all’interno del margine di errore.

«Sì, Kamala e Tim stanno andando alla grande. Sì, riempiono i palazzetti in tutto il paese. Le persone sono piene di energie. Siamo ottimisti. Ma ci sono tante persone che vogliono disperatamente che perdano. Che sono pronte a criticare ogni singola decisione che Harris prenderà. Che non vedono l’ora di far circolare bugie. Che non vogliono votare per una donna. Che daranno priorità alla loro ricchezza. Eccetera. Non importa quanto ci sentiamo bene stasera: la strada è in salita. Quindi non possiamo essere noi i nostri peggiori nemici.

Quando qualcosa andrà storto, quando una bugia attecchirà, non possiamo iniziare a tentennare. Non possiamo avere il complesso di chi pensa che tutto debba essere sempre perfetto. Non possiamo avere indulgenza per le nostre ansie e chiederci se il paese eleggerà una persona come Kamala. Dobbiamo fare tutto quello che possiamo per eleggere una persona come Kamala.

Lei e Tim ci guideranno con sensibilità e grazia. Ma sono esseri umani. Non sono perfetti. E come tutti noi, faranno degli errori. Per fortuna, come andrà non dipende soltanto da loro. Dipenderà da tutti noi, dobbiamo essere la soluzione che cerchiamo»

Il discorso di Michelle Obama, ricco di molti altri passaggi sulla candidatura di Harris e sul suo significato, si è concluso con quello che forse è lo slogan più improbabile mai urlato in un palazzetto – «Do something! Do something!» – ma che ne sintetizza il messaggio: fare qualcosa invece che pensare che sia fatta o lamentarsi. Un pensiero rafforzato poco dopo dal discorso di Barack Obama, anche lui accolto con grande entusiasmo dalla platea (come se non bastasse l’affetto che nutrono per loro gli elettori del Partito Democratico, sono entrambi di Chicago: giocavano in casa).

Dopo un omaggio per Joe Biden, per i risultati ottenuti dalla sua amministrazione e per aver fatto «la cosa più rara che ci sia in politica: mettere da parte le proprie ambizioni per il bene del paese», anche l’ex presidente ha rafforzato il messaggio.

«Guardate che non sarà facile. I nostri avversari sanno che è semplice puntare sulla paura e sul cinismo delle persone. Vi diranno che il governo è corrotto, che il sacrificio e la generosità sono da sfigati, che il gioco è truccato quindi tanto vale pensare per sé. È un vecchio trucco in politica, e viene da un tizio la cui retorica è trita e ritrita. Non abbiamo bisogno di altri quattro anni di caos e fanfaronate. Abbiamo già visto questo film. E sappiamo che i sequel sono anche peggio»

Anche Barack Obama ha dedicato una gran parte del suo discorso a parlare delle vite di Kamala Harris e Tim Walz, e a convincere gli americani a dar loro fiducia («potete star certi che Trump non perde il sonno per i vostri problemi: è un miliardario settantottenne che non ha ancora smesso di lamentarsi dei suoi, di problemi»). Ha discusso le proposte dei Democratici sulla casa e sulla sanità, ha difeso le politiche a favore dei lavoratori, soprattutto quelli poco qualificati, e poi è tornato a descrivere il paese che aveva raccontato nel discorso che lanciò la sua carriera politica, nel 2004, in un’altra convention del Partito Democratico a cui arrivò da sconosciuto. Un paese meno diviso di quanto racconti la politica: tutta intera, non solo i Repubblicani.

«Il rispetto reciproco dev’essere parte del nostro messaggio. Anche noi siamo veloci a pensare il peggio degli altri, se non siamo d’accordo su ogni singola cosa. E pensiamo che l’unico modo per vincere sia rimproverare, svergognare, urlare più forte degli altri. Quando facciamo così, dopo un po’ le persone normali semplicemente smettono di ascoltare.

Questo approccio può funzionare per loro ma non può funzionare per noi. Per fare progressi sulle cose che abbiamo a cuore dobbiamo ricordarci che abbiamo tutti dei punti ciechi, contraddizioni, pregiudizi. E se vogliamo vincere, dobbiamo ascoltare le preoccupazioni di chi non la pensa come noi. Magari impareremo anche qualcosa.

D’altra parte, se un genitore o un nonno dicono ogni tanto una cosa che ci sembra inopportuna, non pensiamo immediatamente che siano delle persone cattive. Sappiamo che il mondo sta cambiando in fretta, e magari gli serve più tempo. Tutti meritiamo di essere trattati con la stessa grazia con cui vorremmo essere trattati noi»

Obama ha riconosciuto che queste idee al giorno d’oggi passano spesso per essere ingenue, naïf, «mentre cerchiamo l’approvazione degli estranei sui nostri telefoni, costruiamo muri attorno a noi e poi ci stupiamo di sentirci soli». E lui stesso si è tolto un sassolino prendendo in giro Trump per la sua ossessione per la dimensione delle folle, usando una gestualità che alludeva chiaramente a un altro genere di dimensioni. Ma la buona notizia, ha proseguito, è che gli americani nelle loro vite quotidiane continuano a far parte di comunità affiatate e solidali, che si danno una mano, che c’è una base solida da cui partire.

Gli altri due discorsi più attesi della giornata erano quelli di Bernie Sanders, senatore del Vermont, capo della commissione Bilancio del Senato e anziano leader carismatico della corrente più di sinistra del partito, e Doug Emhoff, marito di Harris e second gentleman.

Il discorso di Sanders ha avuto dalla platea un’accoglienza molto più fredda di quella ricevuta da Alexandria Ocasio-Cortez, probabile sua erede alla guida del movimento, che era stata molto più efficace: il grande applauso che ha ottenuto quando ha chiesto di limitare il peso dei grandi finanziatori nella politica statunitense, per esempio, è rapidamente scemato quando ha proseguito proponendo il finanziamento pubblico delle campagne elettorali.

Il programma della giornata prevedeva ironicamente che dopo di lui parlassero il governatore dell’Illinois – J.B. Pritzker, proprietario della catena alberghiera Hyatt, letteralmente miliardario – e un ex amministratore delegato di American Express che oggi si dedica ad attività filantropiche.

È stato molto caloroso invece il discorso di Doug Emhoff, che ha mostrato un certo senso dell’umorismo e ha raccontato Harris e la loro relazione da una prospettiva evidentemente unica. Emhoff era un avvocato di successo ma ha lasciato la professione per seguire la moglie e fare in questi anni il second gentleman, il primo della storia statunitense: sarebbe il primo first gentleman in caso di elezione di Harris.

La convention del Partito Democratico proseguirà oggi (mercoledì), quando tra gli altri parlerà Tim Walz, governatore del Minnesota e candidato alla vicepresidenza. I lavori si concluderanno giovedì con il discorso di Harris.