Un archivio di George Orwell che rischia di andare perduto
Scritti e lettere del celebre autore inglese sono stati messi in vendita singolarmente dal suo primo editore, che doveva liberare un magazzino
Il Guardian ha ricostruito e raccontato la storia di come un ricco archivio di documenti legati all’opera di George Orwell, uno degli scrittori inglesi più influenti del Novecento grazie ai suoi romanzi distopici 1984 e La fattoria degli animali, rischi di andare perduto. A causa della cattiva gestione dell’archivio da parte dell’editore che lo custodiva, infatti, negli ultimi anni moltissimi scritti e lettere anche di enorme valore storico sono stati messi in vendita singolarmente e in alcuni casi acquistati da privati.
L’archivio in questione è quello della Victor Gollancz, una delle case editrici più influenti del secolo scorso fondata nel 1927 dall’omonimo editore inglese. Fu con Gollancz che Orwell pubblicò le sue prime opere, tra cui La figlia del reverendo, Fiorirà l’aspidistra e La strada di Wigan Pier, un’indagine sociologica sulla classe operaia nel nord dell’Inghilterra commissionata proprio dall’editore, di idee socialiste.
Negli archivi della casa editrice sono rimasti per decenni centinaia di documenti: non solo contratti, appunti e telegrammi, ma anche decine di lettere scambiate tra Orwell e l’editore, tra l’editore e il suo agente, Leonard Moore, e anche tra lo scrittore e altri autori pubblicati dalla stessa Victor Gollancz, compresi Kingsley Amis e Daphne du Maurier (l’autrice di Rebecca, la prima moglie, da cui fu tratto il celebre film di Alfred Hitchcock con Joan Fontaine).
Negli anni Novanta la Victor Gollancz fu acquisita dalla Orion Publishing Group, che oggi è controllata da Hachette, a sua volta di proprietà della multinazionale francese Lagardère, e nel 2018 i dirigenti della Orion decisero di vendere l’archivio di Orwell in vista dello svuotamento e della vendita del deposito che lo ospitava. Deposito che secondo il biografo di Orwell, DJ Taylor, era gestito in modo «dilettantesco».
La persona incaricata di vendere il materiale d’archivio fu il giornalista, scrittore e commerciante di libri rari Rick Gekoski, che in un suo libro del 2021 aveva parlato del magazzino descrivendolo come stipato di mobiletti impolverati e arrugginiti pieni di decine di migliaia di volumi, «la gran parte dei quali forse non veniva aperta da cinquant’anni». Parlandone con il Guardian, Gekoski ha detto di aver tentato di vendere l’intero archivio a varie istituzioni per circa 1 milione di sterline, ma che nessuna lo aveva voluto. Così l’archivio fu smembrato e i suoi pezzi furono messi in vendita separatamente da librai, collezionisti e rivenditori specializzati.
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Sul sito del rivenditore di libri antichi di Londra Peter Harrington per esempio si può comprare per 75mila sterline (88mila euro) una serie di documenti che comprende il contratto originale per La figlia del reverendo, una lettera con le correzioni di Orwell e vari appunti del critico dell’Observer Gerald Gould, che al tempo leggeva i manoscritti per Gollancz. Alcune lettere in cui l’autore si lamentava di aver dovuto modificare ampie parti di Fiorirà l’aspidistra per evitare potenziali cause per diffamazione, invece, sono in vendita per 50mila sterline (quasi 59mila euro).
Un altro libraio antiquario, Jonkers Rare Books, vende per 35mila sterline (41mila euro) un pacchetto che contiene 56 scritti, tra cui due telegrammi che Gollancz inviò a Orwell e una lettera in cui l’autore rifiutava l’accusa da parte di alcuni detrattori di essere uno snob. Jonkers Rare Books ne ha già venduti 12 legati a La fattoria degli animali, uno dei capolavori di Orwell: tra questi ci sono la lettera con cui nel 1944 Gollancz si rifiutò di pubblicare il libro, per il timore che avrebbe danneggiato le relazioni tra Regno Unito e Unione Sovietica, così come le rimostranze dell’autore, che lo intendeva come una satira della retorica sovietica dell’uguaglianza. Il prezzo era di 100mila sterline, circa 117mila euro.
Per la giornalista inglese Liz Thomson, che si occupa di libri da 35 anni, l’archivio della Victor Gollancz su Orwell «è inestimabile» e il fatto di averlo smembrato un gesto di «vandalismo culturale». Richard Blair, 80enne figlio di Orwell, ha detto al Guardian che il tutto «è incredibilmente triste», e a suo dire «una volta che il materiale della Gollancz verrà acquisito da collezionisti privati, potrebbe scomparire per sempre».
La professoressa di Storia dei media all’Università di Westminster Jean Seaton, storica ufficiale della BBC e presidente della Fondazione Orwell, ha criticato il fatto che la casa editrice non abbia consultato storici ed esperti, finendo invece per «disintegrare un archivio nazionale». Taylor, il biografo, e la Fondazione, che gestisce il premio più prestigioso del Regno Unito per la scrittura politica, l’Orwell Prize, avevano provato a raccogliere fondi sufficienti a comprarlo tutto insieme, per tutelarne l’integrità, senza tuttavia riuscirci. Lo stesso figlio di Orwell nel 2021 comprò 50 lettere per donarle all’Archivio Orwell dell’University College London, il più ampio dedicato all’autore, altrimenti «non si sarebbero mai più viste», ha commentato.
Per Bill Hamilton, l’esecutore dell’eredità dello scrittore, è paradossale che i suoi documenti d’archivio abbiano fatto questa fine, visto che oggi la maggior parte degli autori è «ampiamente consapevole del ruolo che l’archivio ha nel loro patrimonio letterario». Più in generale, c’è anche chi si è chiesto come sia possibile che né la Victor Gollancz né la Orion abbiano un archivio permanente per conservare documenti di valore, e come mai nessuno si sia opposto alla decisione dei dirigenti di liberarsene.
Gekoski ha un po’ ridimensionato le critiche alla vendita del materiale. Sempre nel suo libro del 2021, Guarded by Dragons, aveva scritto che «a nessuno del consiglio di amministrazione di Orion interessava dove [l’archivio] sarebbe finito o a chi». Parlando con il Guardian però ha precisato che la decisione era stata stabilita dal consiglio di amministrazione della Orion e approvata dal suo direttore editoriale, che gli avevano chiesto «di liberarsi di quanto più materiale possibile», mentre «il resto… doveva essere buttato via». Secondo Christiaan Jonkers, il fondatore di Jonkers Rare Books, bisogna comunque riconoscere che il fatto che l’archivio sia stato smembrato e venduto ad antiquari e collezionisti non è la peggior cosa che potesse succedergli: «anche qualcosa di monumentale come questo archivio di Orwell potrebbe semplicemente essere buttato via, se non fosse per il mercato».
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