La convention dei Democratici è iniziata dalla fine
Cioè da un comizio di Biden, che ha aperto i lavori invece che chiuderli come avrebbe dovuto fare se non si fosse ritirato: ma si sono fatte notare soprattutto Hillary Clinton e Alexandria Ocasio-Cortez
di Francesco Costa
La convention del Partito Democratico statunitense è iniziata lunedì a Chicago con il discorso che fino a un mese fa avrebbe dovuto chiuderla: quello di Joe Biden. Il presidente degli Stati Uniti ha chiuso una prima giornata segnata da qualche problema organizzativo – il programma era lunghissimo, diversi speaker sono stati tagliati e Biden ha parlato ampiamente fuori dalla fascia di prima serata – ma anche da una forte contrapposizione tra i valori e la storia personale di Kamala Harris, vicepresidente e candidata del partito, e il suo avversario Donald Trump.
I lavori si tengono allo United Center, il grande palazzetto famoso perché casa dei Chicago Bulls; durante la giornata ha parlato anche Steve Kerr, già leggenda dei Bulls e allenatore della nazionale statunitense di basket vincitrice olimpica. Al palazzetto l’originalità di questa convention era evidente anche sul piano visivo: una parte delle grafiche mostrate sugli schermi e sui muri del palazzetto ha ancora il colore e il font della campagna di Biden, un’altra parte ha quelli leggermente diversi del comitato Harris.
Questa dicotomia si è vista anche nello stesso comizio di Biden, che ha parlato per 50 minuti rivendicando i risultati della sua amministrazione e ammonendo sui rischi che una nuova elezione di Trump comporterebbe per il paese, ma parlando poco di Harris e del futuro. Sembrava il discorso che avrebbe dovuto fare giovedì sera, nello slot normalmente dedicato al candidato del partito, se non si fosse ritirato un mese fa.
L’accoglienza che ha ricevuto dalle oltre trentamila persone presenti allo United Center è stata comunque calorosissima, tanto che Biden ha dovuto attendere per quasi cinque minuti prima di riuscire a parlare, evidentemente commosso. «America, ho fatto molti errori nella mia vita, ma ti ho dato il meglio che avevo», ha detto Biden alla fine del suo discorso, che è stata una specie di greatest hits dei comizi di questi anni, dalla difesa della democrazia a quella dei diritti riproduttivi, oltre che un simbolico passaggio di consegne alla sua vice Harris, «la scelta migliore che abbia fatto da presidente».
Biden ha ricordato di aver scelto di candidarsi alla presidenza dopo la famigerata manifestazione neonazista di Charlottesville del 2017, e soprattutto dopo la reazione di Trump che disse di aver visto brave persone da entrambe le parti. «Col cuore pieno di gratitudine», ha detto Biden, «in questa sera di agosto posso farvi rapporto e dirvi che la democrazia ha prevalso. La democrazia ha vinto. Ora la democrazia va protetta». Biden ha anche rivendicato che grazie alla sua amministrazione l’Ucraina è ancora «libera», accusando Trump di essere subalterno ai «dittatori» come il presidente russo Vladimir Putin.
Gli altri discorsi notevoli della giornata sono stati pronunciati da due donne il cui percorso nella politica statunitense non potrebbe essere più diverso: Hillary Clinton e Alexandria Ocasio-Cortez.
Hillary Clinton, già first lady e segretaria di stato, è stata la prima donna candidata alla presidenza da un grande partito nella storia statunitense: fu sconfitta da Donald Trump nel 2016, nonostante avesse preso tre milioni di voti in più del suo avversario. «Sta succedendo qualcosa nel nostro paese», ha detto, alludendo alla possibilità che stavolta una donna possa arrivare alla Casa Bianca. Anche lei è stata accolta da una lunga ovazione dei delegati in piedi.
«Il futuro è qui. Dall’altra parte di questo soffitto di vetro c’è Kamala Harris che presta giuramento come quarantasettesima presidente degli Stati Uniti. Quando una barriera cade per una di noi, cade per tutte noi. Voglio che i miei nipoti e i loro nipoti sappiano che oggi ero qui. Che noi eravamo qui».
Alexandria Ocasio-Cortez, deputata eletta a New York, appartiene invece alla corrente più di sinistra dei Democratici, e nella sua ascesa ha spesso criticato l’establishment del partito, tenendo un piede dentro e uno fuori: in questi anni però è diventata una sorta di figura-ponte, riuscendo a farsi rispettare dalla più ampia comunità del Partito Democratico senza perdere magnetismo e carisma.
A Chicago ha rivolto alla platea un discorso energico, ottimista e patriottico, oltre che molto duro contro il presidente Trump, iniziato con un sentito ringraziamento al presidente Biden, concentrandosi su quanto Harris farà gli interessi della classe media meglio di come potrebbe mai fare Trump, che «venderebbe questo paese per un dollaro se gli convenisse», che «detesta i sindacati» e che «difende solo i ricchi».
Lunedì si è tenuta anche quella che avrebbe dovuto essere la più grande delle manifestazioni contro i Democratici attese per questi giorni a Chicago, a cui si era arrivati dopo settimane di difficili trattative fra gli organizzatori e la città. I promotori avevano detto di aspettarsi fra le trenta e le quarantamila persone, ma alla fine i partecipanti sono stati poche migliaia, appartenenti a oltre duecentocinquanta gruppi anticapitalisti, comunisti e socialisti. Migliaia di cartelli che erano stati messi a disposizione dei manifestanti sono rimasti abbandonati a terra.
La principale contestazione dei manifestanti riguardava il sostegno militare della Casa Bianca a Israele, ma la protesta criticava i Democratici anche per «promuovere» la guerra in Ucraina e il mancato ripristino del diritto all’aborto (di cui però sono responsabili i Repubblicani, che un mese fa alla loro convention non hanno avuto alcuna vera contestazione).
Gli attivisti che si sono alternati sul palco hanno inneggiato alla “resistenza palestinese” e all’intifada, urlando slogan come “dal fiume al mare” e “non vogliamo due stati”, ma la protesta è stata pacifica; al termine del corteo qualcuno ha sfondato una delle molte barriere che proteggono lo United Center, il palazzetto che ospita la convention, senza riuscire ad avanzare oltre.
Niente di lontanamente paragonabile a quanto accadde nel 1968, quando affollatissime proteste contro la guerra in Vietnam portarono a scontri con la polizia e tumulti anche dentro il palazzetto della convention e tra i delegati del partito, che poi ottenne una rovinosa sconfitta alle successive elezioni di novembre a vantaggio di Richard Nixon. Altre cinque manifestazioni sono previste nei prossimi giorni, ma quella di lunedì doveva essere la più affollata: gli organizzatori avevano distribuito spille e adesivi con la scritta “Make it great like ’68”.
La convention del Partito Democratico proseguirà martedì, quando tra gli altri parlerà l’ex presidente Barack Obama, e andrà avanti fino a giovedì, quando sarà chiusa dal discorso di Kamala Harris.