La musica pop araba comincia a farsi sentire

Cantanti come Elyanna e Saint Levant stanno avendo successo internazionale, pur cantando in una lingua sconosciuta a gran parte del pubblico occidentale

Elyanna al festival di Coachella del 2023 (Emma McIntyre/Getty Images)
Elyanna al festival di Coachella del 2023 (Emma McIntyre/Getty Images)

Nel 2018 Nasri Atweh, produttore canadese noto per aver lavorato con popstar di fama internazionale come Justin Bieber, Shakira, Pitbull e Chris Brown, fu contattato su Instagram da una cantante che non aveva mai sentito nominare. Si chiamava Elyanna, nome d’arte di Elian Marjieh, e viveva a Nazareth, in Israele, la stessa città da cui anni prima i genitori di Atweh erano emigrati per trasferirsi a Toronto.

Atweh ha raccontato che, in quel periodo, veniva contattato spesso da cantanti emergenti, e che solitamente evitava di rispondere. Con Elyanna però le cose andarono diversamente: rimase colpito dal suo talento fin dal primo ascolto, in particolare per la sua grande versatilità. Questo perché sapeva fare un po’ tutto: comporre, adattare la sua voce a diversi stili di canto, e anche rappare in modo piuttosto convincente. Inoltre, anche se non era ancora una cantante professionista, Elyanna era già abbastanza famosa sui social: la sua pagina Instagram era seguita da più di 300mila utenti, un ottimo capitale di audience da cui partire.

Incuriosito dalla sua bravura e dalla notorietà che era riuscita a ottenere, Atweh invitò Elyanna e la sua famiglia nel suo studio di registrazione di Los Angeles, in California. Dopo averla ascoltata dal vivo accettò di produrre le sue canzoni, ma a una condizione: le chiese di abbandonare l’inglese per cantare in arabo, la sua lingua. Era convinto che l’arabo avrebbe reso le sue canzoni più particolari, contribuendo a creare una proposta musicale unica e riconoscibile. All’inizio Elyanna non la prese benissimo: era convinta che cantare in arabo avrebbe ostacolato il suo obiettivo di diventare una grande popstar internazionale, non essendoci precedenti a cui potesse ispirarsi. Lasciò lo studio in lacrime.

Poi però ci ripensò, anche perché Atweh la mise in contatto con Wassim Slaiby, manager musicale libanese che, tra le altre cose, per diversi anni aveva lavorato per il cantante canadese The Weeknd, famoso in tutto il mondo. Due anni dopo Elyanna sarebbe diventata una delle prime cantanti a firmare un contratto con la UAM (Universal Arabic Music), l’etichetta fondata da Slaiby all’interno del gruppo discografico Universal e specializzata in musica araba.

Negli ultimi quattro anni Elyanna ha ottenuto una popolarità notevole: ha iniziato a farsi conoscere al grande pubblico nel 2022, pubblicando su tutte le piattaforme di streaming la canzone “Ghareeb Alay”, realizzata con la collaborazione del cantante tunisino Balti, e poi facendosi notare nei festival più importanti al mondo.

Lo scorso anno era diventata la prima cantante di sempre a cantare un intero set di canzoni in lingua araba al Coachella, il celebre festival musicale che si svolge ogni anno a Indio, una città della California a circa 200 chilometri da Los Angeles, e a giugno ha cantato una canzone insieme ai Coldplay, una delle band più famose e ascoltate al mondo, al festival inglese di Glastonbury, il più famoso d’Europa.

Secondo il giornalista del Financial Times Tom Faber, quello di Elyanna è un successo per molti versi inedito: pur cantando in una lingua che la maggior parte del mondo occidentale non riesce a comprendere, può puntare a diventare una popstar internazionale a livello di Rihanna o Ariana Grande. Da questo punto di vista, ha aggiunto Faber, «Elyanna incarna un nuovo paradigma»: un’artista che vuole sfondare nel mainstream rivendicando a pieno la sua eredità araba.

Elyanna non è l’unica musicista araba ad avere ottenuto una grande notorietà negli ultimi anni: altri esempi sono quelli del rapper palestinese Saint Levant e del cantante giordano Issam Alnajjar, che negli ultimi due anni stanno ottenendo un successo enorme su TikTok. È un fenomeno nuovo perché, come ha spiegato il produttore discografico palestinese Suhel Nafar, fino a pochi anni fa la musica araba a livello internazionale svolgeva perlopiù una funzione ausiliaria: i musicisti arabi riuscivano a farsi notare grazie ai brevi campionamenti che i colleghi occidentali utilizzavano nelle loro canzoni, e non riuscivano a ottenere una fama autonoma.

Come ha spiegato Danny Hajjar, critico musicale della rivista Pitchfork, negli anni Novanta diversi cantanti pop arabi provarono a rendere famosa la loro musica in tutto il mondo collaborando con musicisti occidentali. In quel periodo ci furono esperimenti interessanti: il più famoso fu probabilmente “Desert Rose” (1999), canzone scritta da Sting e dal cantante algerino Cheb Mami. Sempre in quel periodo alcuni musicisti statunitensi attivi principalmente nell’hip hop utilizzarono dei campionamenti di musica tradizionale araba in alcune loro canzoni, come il rapper statunitense Jay-Z (“Big Pimpin”) e la cantante Aaliyah (“Don’t Know What to Tell Ya”).

Nel decennio successivo alcuni musicisti di seconda generazione, come il rapper iracheno-canadese Narcy e il collega siriano-statunitense Omar Offendum, importarono elementi distintivi della musica araba (come la cosiddetta monodica, ossia la tendenza a far produrre a tutti gli strumenti la stessa melodia) nelle loro produzioni, sdoganando l’utilizzo di queste melodie nell’hip hop.

Secondo Nafar, musicisti come Elyanna, Saint Levant e Issam Alnajjar stanno riuscendo in un qualcosa di molto più ambizioso: da un lato cercano di affermarsi come musicisti in singolo e rivendicano la loro identità, senza sfruttare le collaborazioni con musicisti occidentali, e dall’altro propongono una musica tutta loro, che unisce il repertorio tradizionale arabo a generi tipicamente occidentali come la trap e il contemporary R&B.

Probabilmente, ha aggiunto Nafar, il loro successo è anche dovuto al contesto in cui sono cresciuti. Negli ultimi anni la musica araba ha avuto molte più occasioni di esposizione mediatica rispetto al passato: è stata riprodotta in film e serie tv di successo come Ramy e Moon Knight e nell’ambito di grandi eventi come i Mondiali di calcio in Qatar del 2022, in cui una delle canzoni ufficiali era “Tukoh Taha”, scritta dalla popstar statunitense Nicki Minaj, dal cantante colombiano Maluma e dalla cantante libanese Myriam Fares, che nel brano cantano le loro parti rispettivamente in inglese (Minaj), spagnolo (Maluma) e per l’appunto arabo (Fares).

L’altro grande cambiamento che differenzia l’attuale generazione di musicisti arabi da quelle precedenti è la possibilità di usufruire di canali di distribuzione fino a pochi anni fa inesistenti, e in particolare i social network. «Un tempo dovevi convincere un sacco di persone che non ti somigliavano per niente che la tua musica valeva la pena di essere ascoltata», ha detto al Financial Times Mazen Almaskati, membro del duo musicale del Bahrein Dar Disku. «Ora puoi metterti in gioco con la tua musica facendo qualcosa che rappresenti te e la tua cultura, che potrebbe avere successo da un momento all’altro su TikTok e farti conoscere in tutto il mondo».