Il grande movimento in Serbia contro la costruzione di una miniera di litio
L'Unione Europea la considera fondamentale per la transizione ecologica, ma i residenti locali sostengono che metterebbe in pericolo l'ecosistema e la loro economia
Quest’estate in Serbia ci sono state grandi proteste contro la decisione del governo di autorizzare la costruzione di una grossa miniera per l’estrazione del litio nella valle del fiume Jadar, nella parte nord-occidentale del paese, sul confine con la Bosnia Erzegovina. Le proteste (le ultime sono state negli scorsi giorni) hanno riguardato migliaia di persone, tra cui i residenti della regione e il movimento ambientalista, convinti che l’apertura della miniera in un’area popolata e agricola metterebbe a rischio l’ecosistema e i residenti.
Le discussioni sulla miniera vanno avanti in Serbia da molti anni. Il governo serbo aveva concesso i permessi per l’estrazione a una grossa azienda anglo-australiana, la Rio Tinto, dapprima nel 2019. Poi nel 2022 li aveva revocati a causa di estese proteste antigovernative: quell’anno si votava per le elezioni presidenziali e il presidente Aleksandar Vučić, che è stato poi riconfermato, temeva in una perdita di consensi. Quest’anno, dopo che la Corte Costituzionale serba aveva stabilito che la revoca di quei permessi era stata incostituzionale, il governo ha colto l’occasione per riavviare il progetto, e questo ha fatto ripartire le proteste.
La costruzione della miniera di litio nella valle del Jadar non è soltanto una questione ambientale, o di politica interna serba, ma riguarda anche i rapporti internazionali del paese. Il litio è un minerale fondamentale per la transizione ecologica, e interessa molto all’Unione Europea, che spera di poter contare sulla miniera serba per poter soddisfare il suo fabbisogno crescente. La Serbia non è un paese dell’Unione, ma ha lo status di candidato e il governo serbo spera che garantire l’approvvigionamento di litio all’Unione possa essere un buon modo per migliorare i rapporti.
Secondo i programmi, l’apertura della miniera di Jadar dovrebbe avvenire nel 2028, in una regione abitata da circa 20mila persone. La valle del Jadar ospita uno dei più grossi giacimenti europei di litio, un minerale che è diventato sempre più prezioso negli ultimi anni. Il litio non è raro, ma è fondamentale per la produzione delle batterie ricaricabili che usiamo per gli smartphone, per i veicoli elettrici o per lo stoccaggio dell’energia. L’Agenzia Internazionale dell’Energia stima che la domanda globale di litio nel 2040, cioè tra meno di vent’anni, aumenterà di oltre il 40 per cento rispetto a quella attuale, principalmente per il settore auto. Anche per questo, in tutto il mondo i governi stanno cercando di garantirsi un ampio approvvigionamento di litio. Tra questi c’è l’Unione Europea.
L’anno scorso l’Unione ha aggiunto il litio alla lista delle materie prime critiche, cioè quelle strategiche per lo sviluppo economico e per la transizione energetica, per cui il litio sarebbe fondamentale: secondo lo Hague Centre for Strategic Studies, un centro studi dei Paesi Bassi, per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 l’Unione Europea avrebbe bisogno di sessanta volte più litio di quello che ha importato nel 2020.
Oggi la maggior parte delle estrazioni di litio sul pianeta avviene nel cosiddetto triangolo del litio, tra Cile, Argentina e Bolivia, ma il grosso della filiera produttiva delle batterie è controllata dalla Cina. In Europa soltanto il Portogallo estrae il litio, ma sul continente ci sono almeno 20 altri giacimenti non sfruttati, e tra questi quello serbo è tra i più promettenti. Secondo le stime del ministero dell’Energia serbo la miniera dovrebbe riuscire a produrre 58mila tonnellate di litio nei soli primi due anni dall’apertura: è il quantitativo necessario a produrre batterie per oltre un milione di veicoli elettrici.
Oltre all’estrazione del litio la Serbia sta lavorando anche per creare una filiera delle batterie: nel settembre del 2023 ha firmato per esempio un accordo con la InoBat, un’azienda che produce batterie e in cui la Rio Tinto ha delle partecipazioni, per la costruzione di un sistema per l’immagazzinamento dell’energia elettrica e di strutture per il riciclo dei veicoli elettrici e delle loro batterie. In tutto, sempre secondo stime del governo serbo, l’apertura della miniera dovrebbe garantire 20mila posti di lavoro, compreso l’indotto.
La miniera di Jadar, ed eventualmente tutto l’indotto che potrebbe generare, è quindi importante per la Serbia e strategica per l’Unione Europea, perché permetterebbe di aumentare la sua autonomia nella fornitura di un minerale importante come il litio. L’Unione spera inoltre che l’approfondimento delle relazioni economiche e commerciali con la Serbia possa allontanare il paese dall’influenza della Russia, suo storico alleato, e della Cina, a cui si è avvicinata più recentemente. La Serbia ha fatto domanda per entrare nell’UE diversi anni fa e i negoziati sono ancora in corso, ma il paese ha sempre cercato di mantenere una posizione più o meno neutrale, in modo da attrarre investimenti stranieri da più parti.
In quest’ottica il 19 luglio scorso l’Unione Europea e la Serbia hanno firmato a Belgrado un memorandum d’intesa, cioè una promessa di collaborazione politica e commerciale per lo sfruttamento della miniera di Jadar. All’evento erano presenti il vicepresidente della Commissione Europea e commissario all’Energia Maroš Šefčovič e il cancelliere tedesco Olaf Scholz (la Germania è tra i paesi dell’Unione che hanno spinto di più per questo patto, essendo il principale produttore di auto dell’Unione). In quell’occasione la Serbia aveva firmato anche degli accordi con grosse aziende europee di produzione di auto, tra cui Mercedes-Benz e Stellantis (il gruppo di cui fa parte anche la Fiat).
L’opposizione a Vučić ritiene invece che l’interesse dell’Unione nei confronti di questo progetto l’abbia spinta a sostenere Vučić per motivi apparentemente strumentali. Tra le altre cose, secondo i sondaggi la fiducia dei serbi nell’Unione è crollata negli ultimi tempi.
«È chiaro che l’Unione Europea, la Germania e il Regno Unito vogliono trasformarci in una discarica per gli scarti dell’estrazione» ha detto a Balkan Insight un allevatore e membro del movimento “Ne Damo Jadar”, che significa “Non cederemo Jadar”.
Sulla questione ambientale, la Rio Tinto ha assicurato che condurrà le sue attività nel rispetto delle leggi in materia serbe ed europee, e a giugno di quest’anno ha pubblicato un rapporto in cui sostiene che l’impatto ambientale delle attività estrattive sarebbe minimo. Tuttavia il movimento contrario alla miniera continua a sostenere che l’impatto ambientale delle attività estrattive potrebbe essere dannoso per l’ecosistema locale e anche per le persone.
A fine luglio un gruppo di scienziati ha pubblicato sulla rivista Scientific Reports una ricerca in cui mostrava come anche solo gli scavi perlustrativi compiuti nei mesi precedenti avevano comportato un danno per l’ambiente, specialmente per le acque della regione, che tra l’altro ospita nel sottosuolo un grosso giacimento di acqua potabile. L’estrazione del litio comporta l’uso di grosse quantità di acqua e la possibilità di sversamento di sostanze tossiche nelle acque: per separare il litio da altri composti si utilizzano acidi, che possono inibire la crescita di vegetazione e danneggiare l’ecosistema.
I ricercatori avevano già riscontrato la presenza di boro (un altro minerale che sarebbe estratto dalla miniera), arsenico e litio nei fiumi di Jadar. Oltre ai danni per l’ambiente e per le persone, il movimento che si oppone alla miniera sostiene che queste attività avrebbero un impatto negativo anche sull’economia della regione, che si basa principalmente sull’agricoltura e sull’allevamento. Rio Tinto ha promesso invece che «nessuna sostanza chimica filtrerà nell’aria, nell’acqua o nel suolo».
Tra i gruppi che si oppongono alla miniera, e che hanno partecipato e alimentato le proteste, ci sono anche organizzazioni filorusse di estrema destra, come per esempio La Ronda del Popolo. In alcuni casi questi gruppi hanno approfittato delle preoccupazioni per l’ambiente per diffondere disinformazione sulla miniera, per esempio dicendo che da uno scavo preliminare era emerso materiale radioattivo.