Un altro presunto complotto della magistratura denunciato da Fratelli d’Italia
È il terzo nel giro di un anno e stavolta riguarda Arianna Meloni, la sorella della presidente del Consiglio, ma le accuse sono molto fumose
Da alcuni giorni il dibattito politico è concentrato su Arianna Meloni, sorella della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e importante dirigente del suo partito, Fratelli d’Italia. Le discussioni riguardano l’ipotesi di presunte manovre ordite da magistrati, organi di stampa e altri poteri non meglio definiti per propiziare un’indagine nei suoi confronti. Questa possibilità è stata evocata senza alcuna solida evidenza dal direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, in un lungo retroscena pubblicato in apertura del suo quotidiano domenica, e poi riproposto con toni allarmati e scandalizzati da vari parlamentari e dirigenti di Fratelli d’Italia. Sallusti è un giornalista molto vicino a Giorgia Meloni, con la quale ha peraltro scritto un libro di recente, avendo accesso diretto al lavoro quotidiano della presidente del Consiglio.
Vista questa vicinanza, molti hanno dedotto che il suo articolo – intitolato, in modo eloquente, Vogliono indagare Arianna Meloni – fosse in qualche modo ispirato da una confidenza ricevuta da Giorgia Meloni stessa, che in questi giorni è peraltro in vacanza in Puglia proprio insieme alla sorella, o comunque da qualche suo collaboratore. Meloni, nel pomeriggio di domenica, ha poi confermato di condividere i sospetti di Sallusti, definendo quanto scritto dal direttore del Giornale «molto verosimile», ha parlato di «mosse squallide e disperate da parte della peggiore politica» e della «costruzione a tavolino di teoremi per sperare in qualche inchiesta fantasiosa contro le persone a me più vicine». Tutto questo secondo Meloni dimostrerebbe che c’è un «sistema di potere» (descritto solo in questo modo generico) spaventato del fatto che «stiamo smontando il sistema di interessi che tiene in ostaggio l’Italia da troppi anni» (la prima persona plurale si riferisce al suo partito Fratelli d’Italia e al suo governo).
Non è la prima volta che Meloni e altri importanti dirigenti di Fratelli d’Italia lanciano allarmi su presunti complotti e trame occulte che coinvolgono la magistratura, e che avrebbero come fine quello di mettere in difficoltà il governo o addirittura farlo cadere. È accaduto almeno altre due volte, con un clamore simile: nel luglio del 2023 la presidente del Consiglio e i suoi più stretti collaboratori a Palazzo Chigi parlarono di strane macchinazioni e di «giustizia a orologeria» in riferimento a dei procedimenti giudiziari che riguardavano la ministra del Turismo Daniela Santanchè e il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove; a novembre dello stesso anno fu invece il ministro della Difesa Guido Crosetto a denunciare impropri movimenti da parte di gruppi di magistrati intenzionati a portare avanti un’opposizione giudiziaria contro il governo. In entrambi i casi le ipotesi alla base di questi allarmi prevedevano che ci sarebbero state importanti inchieste contro esponenti di maggioranza prima delle elezioni europee del giugno scorso. Così non è stato.
Le cose sono andate non molto diversamente anche sulla polemica che ha coinvolto Arianna Meloni, innescata da alcuni retroscena giornalistici che la descrivevano come responsabile delle trattative per definire le nomine dei dirigenti di importanti aziende pubbliche. L’articolo che ha aperto questo filone era stato pubblicato dal Fatto Quotidiano il 13 agosto, e raccontava di una riunione ristretta avvenuta pochi giorni prima con Arianna Meloni, suo marito Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari, durante la quale Arianna Meloni avrebbe dato indicazioni sui profili di manager della RAI graditi a Fratelli d’Italia da tutelare e da promuovere (si parlava in particolare del direttore generale Giampaolo Rossi, che ambisce a diventare amministratore delegato, di Paolo Corsini e di Angelo Mellone, che dovrebbero essere confermati nei loro ruoli di direttore dell’Approfondimento e direttore dell’Intrattenimento). Il 14 agosto è stata poi La Repubblica a tornare sull’argomento, descrivendo una Arianna Meloni intenta a brigare per propiziare la nomina della sua «grande amica» Sabrina De Filippis ad amministratrice delegata di Trenitalia, azienda del gruppo Ferrovie dello Stato controllato dal ministero dell’Economia, sostituendo Luigi Corradi.
Le due ipotetiche operazioni politiche sono piuttosto diverse, tra loro: la prima era considerata plausibile già da tempo, mentre la seconda sarebbe più ardita e inaspettata. Entrambe però sono valse ad alimentare la polemica politica su Arianna Meloni. Il suo ruolo è da molto tempo oggetto di speculazioni e critiche da parte delle opposizioni. Arianna Meloni non ha infatti alcun ruolo di governo e formalmente all’interno di Fratelli d’Italia è da poco tempo responsabile della segreteria politica, un ruolo importante ma che normalmente non le porterebbe particolari attenzioni pubbliche. Il fatto che sia sorella della presidente del Consiglio e moglie del più importante e in vista ministro di Fratelli d’Italia, Lollobrigida, la rende però inevitabilmente molto più coinvolta nelle questioni di potere di quanto non accada per qualsiasi altra militante di partito o per altri dirigenti.
Si è spesso raccontato di decisioni politiche di un certo rilievo prese durante pranzi domenicali a cui Arianna Meloni partecipava proprio per i suoi legami famigliari. Il suo contatto è ambito da politici e manager proprio in virtù della sua assoluta vicinanza alla sorella e al marito, e per l’influenza che le si riconosce. Anche in questi giorni, per stare al caso più recente, nella masseria della Valle d’Itria dove Giorgia Meloni sta trascorrendo le vacanze e dove però svolge anche riunioni politiche, Arianna Meloni è presente in maniera più o meno discreta proprio perché è, formalmente, in vacanza con sua sorella.
Nell’agosto del 2023, anche per definire meglio il suo ruolo, Giorgia Meloni promosse la nomina della sorella a capo della segreteria politica di Fratelli d’Italia: questo però espose Arianna Meloni a nuove critiche, perché in qualche modo certificava la sua importanza fino a quel momento solo ipotizzata, e nonostante non avesse avuto una carriera politica di grande livello. Quando si parla di Arianna Meloni è insomma piuttosto difficile capire i confini delle sue funzioni e della sua influenza: quando cioè agisce da militante o quando è coinvolta solo per ragioni di parentela.
Tutte queste speculazioni, insieme all’assenza di notizie politiche più concrete in un periodo in cui anche i membri del governo sono in vacanza, hanno fatto in modo che i retroscena giornalistici su Arianna Meloni venissero sfruttati dalle opposizioni per criticare Giorgia Meloni. In particolare è stato Matteo Renzi insieme ai suoi parlamentari ad alimentare queste critiche, denunciando l’inopportunità delle intromissioni della sorella della presidente del Consiglio nelle dinamiche che riguardano le nomine pubbliche. La deputata Maria Elena Boschi e la senatrice Raffaella Paita di Italia Viva, il partito di Renzi, hanno chiesto chiarimenti formali, annunciando iniziative in parlamento. A quel punto deputati e senatori di Fratelli d’Italia hanno reagito criticando questo attivismo con toni molto aspri, e in certi casi insultando Boschi e Paita. Domenica, infine, è stato pubblicato l’articolo di Sallusti.
Il direttore del Giornale ha scritto, in sostanza, che la campagna stampa alimentata da Fatto e Repubblica sarebbe funzionale a preparare il campo per un’indagine ai danni di Arianna Meloni con l’accusa di traffico d’influenze illecite, un reato introdotto in Italia nel 2012 e che riguarda alcune attività di lobbying (un reato spesso criticato per una certa vaghezza dei suoi contorni). Un ruolo importante in questa macchinazione, secondo Sallusti, lo avrebbe proprio Matteo Renzi: l’attivismo di Italia Viva nella faccenda, ha scritto il direttore del Giornale, «lascia intendere che ci sia appunto in corso una manovra occulta, campo in cui Renzi da sempre eccelle». Nell’articolo di Sallusti però non ci sono prove o elementi concreti che diano consistenza a questa ipotesi.
Renzi ha reagito commentando con un certo sarcasmo questa ricostruzione, e rivendicando come il chiedere chiarimenti al governo sull’attività di Arianna Meloni rientri semplicemente nelle prerogative di un partito di opposizione. Lunedì Sallusti ha replicato, ridimensionando molto le sue affermazioni, dicendo che per quel che riguarda il ruolo svolto da Renzi «in un eventuale complotto, beh dobbiamo intenderci sul senso della parola “ruolo”». Il leader di Italia Viva non avrebbe avuto né un ruolo attivo né un ruolo passivo: «ma resta un altro ruolo, quello dell’utile idiota che in buona fede cade nella trappola tesa da estranei».
Per vari aspetti questa faccenda, l’ipotesi fumosa di un complotto ai danni del governo da parte della magistratura e l’atteggiamento dei membri di Fratelli d’Italia ricordano un po’ altre vicende simili degli scorsi mesi.
Nel luglio del 2023 Daniela Santanchè finì al centro di molte polemiche a seguito del suo coinvolgimento in alcune inchieste che riguardavano la sua attività di imprenditrice prima che diventasse ministra del Turismo. Lei, intervenendo in Senato, il 5 luglio negò di essere indagata, ma proprio in quelle ore venne diffusa la notizia che in effetti un’inchiesta a suo carico con l’ipotesi di falso in bilancio era stata aperta dalla procura di Milano, e dovette subito cambiare la sua versione.
L’indomani, il 6 luglio, la giudice per le indagini preliminari (gip) di Roma chiese l’imputazione coatta per Andrea Delmastro, opponendosi dunque alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero, che aveva indagato sul sottosegretario alla Giustizia ma aveva concluso che non ci fossero a suo avviso elementi concreti per procedere contro di lui. Delmastro era accusato di rivelazione di segreto d’ufficio, dopo che un suo collega di partito e coinquilino, il deputato Giovanni Donzelli, aveva letto nell’aula della Camera delle conversazioni riservate tra l’anarchico Alfredo Cospito, detenuto in regime di massima sicurezza, e altri due suoi compagni di carcere membri della criminalità organizzata.
Siccome è piuttosto raro che un gip rifiuti la richiesta di archiviazione da parte del pm e imponga di procedere comunque con un’imputazione coatta ai danni dell’indagato, i collaboratori di Giorgia Meloni reagirono in modo molto negativo alla notizia, e dettarono alle agenzie stampa delle dichiarazioni per denunciare possibili complotti orditi dalla magistratura ai danni del governo, di cui i casi di Santanchè e Delmastro sarebbero stati solo le prime tracce. Ne nacquero, anche in quel caso, molte polemiche. I partiti di opposizione chiesero a Meloni di chiarire queste accuse un po’ vaghe: ma la presidente del Consiglio non ha mai fornito spiegazioni.
Nel novembre del 2023, poi, Guido Crosetto diede una strana intervista al Corriere della Sera. Il colloquio riguardava perlopiù questioni di politica estera e internazionale, ma alla fine il ministro della Difesa fece un riferimento ambiguo a presunte manovre messe in atto da alcuni gruppi di magistrati di sinistra per mettere in difficoltà il governo prima delle elezioni europee. «L’unico grande pericolo è quello di chi si sente fazione antagonista da sempre e che ha sempre affossato i governi di centrodestra: l’opposizione giudiziaria», dichiarò, alludendo poi a «riunioni di una corrente della magistratura in cui si parla di come fare a “fermare la deriva antidemocratica a cui ci porta la Meloni”». Anche in questo caso ci furono polemiche, e Crosetto si disse pronto a riferire nelle commissioni parlamentari dell’Antimafia o del COPASIR (quella che vigila sull’operato dei servizi segreti), lasciando intendere che ci fossero indiscrezioni riservate e delicatissime alla base della sua denuncia.
In realtà, come Crosetto chiarì più tardi sui giornali e in parlamento, tutto era scaturito da alcuni interventi fatti nel corso di un convegno di AREA, un’organizzazione formata da due associazioni di magistrati progressisti (Magistratura Democratica e Movimento per la Giustizia), e in particolare dall’intervento di Stefano Musolino, segretario di Magistratura Democratica: la sua relazione era piuttosto severa nei confronti dell’atteggiamento di Meloni verso l’indipendenza della magistratura. Aveva evidentemente allarmato Crosetto, che però poi aveva ridimensionato nettamente le sue accuse.