La Svizzera cerca idee su come togliere i residuati bellici dai propri laghi
Per decenni l'esercito buttò in acqua le munizioni che non usava, ma capire come riportarle a galla non è per niente semplice
L’Ufficio federale dell’armamento della Svizzera (Armasuisse), l’agenzia statale che si occupa di armamenti e tecnologie militari, ha pubblicato un annuncio in cui offre un premio complessivo di 50mila franchi (oltre 50mila euro) alle migliori idee che verranno presentate su come rimuovere dai laghi del paese i molti residuati bellici che ancora ospitano. Armasuisse vuole «un recupero sicuro ed ecologico», e ha dato tempo fino al 6 febbraio, rivolgendosi esplicitamente alle università e al settore industriale.
Per circa cinquant’anni, tra la Prima guerra mondiale e la metà degli anni Sessanta, l’esercito svizzero infatti ha buttato nei molti laghi del paese una grande quantità di munizioni, sia perché difettose, sia perché obsolete, sia perché in eccesso. Era una pratica comune e si pensava non comportasse particolari rischi. Secondo Armasuisse la maggior parte di queste munizioni si trova nel lago di Thun e nel lago di Brienz, nel Canton Berna, nel lago di Lucerna, che è il quarto più grande del paese e ne contiene da solo circa 3.300 tonnellate secondo quanto riporta BBC News, e nel lago di Neuchâtel, dove ce ne sarebbero 4.500 tonnellate. In alcuni casi le munizioni sono a oltre 200 metri di profondità, ma in altri, come nel lago di Neuchâtel, appena sei o sette metri sotto la superficie.
Che i laghi svizzeri siano pieni di residuati bellici è una cosa nota da sempre, ma soltanto di recente si è diffusa la consapevolezza dei rischi che questo comporta, prima di tutto per il rischio che esplodano, perché secondo Marcos Buser, geologo svizzero che si è occupato a lungo della questione, nella maggior parte dei casi l’esercito non rimosse le spolette, le componenti delle munizioni responsabili dell’attivazione della carica. L’altro problema è l’inquinamento del suolo e dell’acqua causato dalle sostanze esplosive.
Le munizioni, ha spiegato Armasuisse, sono solitamente ricoperte da uno strato di sedimenti spesso fino a due metri, che va rimosso con delicatezza e prudenza nelle operazioni di recupero, perché rischia di ridurre l’ossigeno nell’acqua con gravi conseguenze per flora e fauna lacustri. Era per prevenire questa eventualità che una prima iniziativa per rimuovere le munizioni era stata accantonata nel 2005, per l’inadeguatezza delle tecnologie disponibili all’epoca.
La profondità, le correnti, le dimensioni delle munizioni (hanno una lunghezza fino a 20 centimetri ciascuna e possono pesare anche 50 chili) sono le altre principali difficoltà delle operazioni di recupero, che si prevede saranno molto costose. Armasuisse ha anticipato che non necessariamente le tre migliori idee premiate saranno poi messe in pratica.
Nel 1947 a Mitholz, un piccolo paese nel Canton Berna, l’esplosione di 3.000 tonnellate di munizioni conservate in un deposito locale provocò la morte di nove persone, e la distruzione dell’abitato. Pochi anni fa è stato scoperto che ci sono ancora altrettante munizioni non sicure, motivo per cui si stanno definendo modalità e tempistiche di un lavoro di rimozione che comporterà l’evacuazione di una decina di abitanti per oltre dieci anni.
Pur essendo un paese che si mantiene notoriamente neutrale, la Svizzera ha un esercito con oltre 150mila soldati all’attivo, e il servizio militare è obbligatorio. L’applicazione della cosiddetta neutralità armata ha previsto nei decenni un largo uso di materiale bellico nell’addestramento delle truppe, che ora si trova sparso per il territorio nazionale, dai depositi scavati nelle montagne – anche nel tunnel del San Gottardo, con grossi rischi corsi durante l’incendio del 2001 – fino ai ghiacciai.
L’esercito aveva detto che nel 2023 le segnalazioni di munizioni inesplose erano aumentate del 12 per cento rispetto all’anno precedente.
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