Gli attacchi contro la comunità indù in Bangladesh
Sono aumentati dopo le dimissioni dell'ex prima ministra Sheikh Hasina, ma sono stati anche esagerati da una diffusa campagna di disinformazione partita dall'India
Negli ultimi giorni in Bangladesh ci sono stati molti attacchi contro la comunità indù, la più grande minoranza religiosa del paese (il Bangladesh è un paese a maggioranza musulmana). Il Consiglio di unità cristiano buddista indù, organizzazione che si occupa della protezione dei diritti delle minoranze in Bangladesh, ha detto di aver ricevuto segnalazioni da tutto il paese, anche se poi la portata degli attacchi – che era stata esagerata da una diffusa campagna di disinformazione – è stata parzialmente ridimensionata: diverse famiglie sono state attaccate nelle loro case di notte e sono state derubate, alcune abitazioni sono state bruciate, così come alcuni negozi e templi nei quartieri indù.
Le violenze non sono una novità assoluta, ma sono aumentate in seguito alle dimissioni dell’ex prima ministra Sheikh Hasina, causate da grandi proteste antigovernative che andavano avanti da settimane.
La comunità indù stessa è considerata molto vicina alla Lega Awami, il partito di Hasina, che si presenta come una forza politica laica che dice di voler proteggere tutti i bangladesi indipendentemente dalla loro religione. Questo è sempre stato un tema importante per la comunità indù, che oggi è solo l’8 per cento dell’intera popolazione del Bangladesh: moltissime persone di religione induista fuggirono infatti nella confinante India durante la guerra che il Bangladesh combatté nel 1971 contro il Pakistan per diventare indipendente. Le discriminazioni proseguirono anche negli anni successivi.
– Leggi anche: La divisione di India e Pakistan
Le violenze contro la comunità indù hanno suscitato anche la reazione del nuovo governo ad interim del Bangladesh, guidato dall’economista e banchiere Muhammad Yunus.
Yunus si è detto molto preoccupato per quanto sta succedendo, e ha aggiunto che il suo governo si riunirà al più presto per «trovare il modo di porre fine a questi orribili attacchi». Tra le altre cose ha rafforzato la sicurezza in alcuni luoghi simbolicamente importanti, come il tempio indù Dhakeshwari, il più grande del paese, che si trova a Dacca. Persone comuni, anche non appartenenti alla comunità induista, hanno inoltre messo in piedi squadre di volontari per proteggere i templi e i quartieri a maggioranza indù in tutto il Bangladesh.
– Leggi anche: Muhammad Yunus, il premio Nobel che guida il nuovo governo in Bangladesh
Un altro aspetto di questa vicenda, che l’ha resa ancora più complicata, è la campagna di disinformazione avviata da diversi giornali e gruppi di nazionalisti indù indiani che hanno diffuso notizie false e fuorvianti sugli attacchi. L’India è un paese a maggioranza induista ed è governato dal partito del primo ministro nazionalista indù Narendra Modi, alleato di Hasina e responsabile in India di discriminazioni e persecuzioni contro la comunità musulmana.
BBC Bangla, l’edizione in lingua bengali della BBC, e l’organizzazione bangladese Rumor Scanner, specializzata in fact-checking, hanno mostrato come negli ultimi giorni siano state pubblicate decine di articoli e post virali che descrivevano violenze che non erano mai avvenute, o che erano avvenute in maniera diversa da come erano state descritte. Un post circolato molto parlava per esempio di «folle islamiche del Bangladesh» che avevano dato fuoco a un importante tempio indù, con un video allegato: in realtà a essere bruciata era stata una delle sedi della Lega Awami che si trovava dietro al tempio. Un’altra notizia falsa è stata quella che sosteneva che la casa del noto giocatore di cricket Liton Das, di religione induista, fosse stata bruciata: in realtà era stata colpita la casa di Mashrafe Bin Mortaza, ex capitano della nazionale del Bangladesh, di religione islamica.
Questa campagna di disinformazione ha l’obiettivo di fomentare un sentimento anti-musulmano in India.
Siddharth Varadarajan, fondatore del sito di notizie indiano The Wire, ha detto ad Al Jazeera che se da un lato la preoccupazione per gli attacchi contro la comunità induista è genuina e giustificata, i media indiani stanno esagerando la loro entità e sfruttando la situazione per aumentare in India l’odio nei confronti della comunità musulmana, profondamente discriminata dal partito conservatore, nazionalista e induista di Modi, il Bharatiya Janata (BJP). Per loro, ha detto Varadarajan, «la cacciata di Hasina è una cospirazione islamista ordita in collaborazione con il Pakistan e la Cina e l’obiettivo sono l’India e gli indù».
– Leggi anche: Nel programma di Narendra Modi per le elezioni in India c’è più repressione
La natura di molti di questi attacchi è stata inoltre riconosciuta come avere poco a che fare con la politica. In diversi casi è sembrato che le violenze fossero scaturite semplicemente dall’opportunità di danneggiare e derubare famiglie, spesso contadine e isolate, che non avevano niente a che fare con la politica, in un momento di grande caos nel paese e in giorni in cui le forze di polizia stavano scioperando.
Sono state inoltre prese di mira le case di persone che avevano pubblicamente sostenuto le proteste, fra cui per esempio il noto musicista indù Rahul Ananda. In diversi hanno fatto notare come il sostegno della comunità nei confronti della Lega Awami sia diminuito in questi anni e che molti indù, soprattutto studenti universitari, abbiano partecipato attivamente alle proteste contro il sistema delle quote e poi più in generale contro il governo di Hasina.
– Leggi anche: Chi è Sheikh Hasina, l’ormai ex prima ministra del Bangladesh