Donald Trump fatica ad adeguarsi a Kamala Harris
Dovrebbe criticarla sui grandi temi ma continua a improvvisare insulti e attacchi scomposti e poco efficaci, nello sconforto dei suoi consiglieri
Due settimane dopo l’ufficializzazione della candidatura di Kamala Harris alle elezioni presidenziali statunitensi, e poco meno di un mese dopo il ritiro di Joe Biden, l’ex presidente Donald Trump non ha ancora riadattato la sua campagna elettorale a uno scenario totalmente cambiato e nel quale non è più considerato favorito. Trump, che aveva impostato la campagna elettorale su Biden, sta avendo evidenti difficoltà nel rapportarsi alla candidatura di Harris, molto più giovane, energica e popolare, e nei suoi comizi e nei suoi interventi pubblici si sta dimostrando confuso, caotico, rancoroso e impreparato a parlare di temi invece che di questioni personali.
Sul New York Times, Shawn McCreesh ha raccontato la preoccupazione dei consiglieri e degli alleati Repubblicani di Trump nel vederlo «ingarbugliato in distrazioni che si è creato da solo». I consulenti del suo comitato elettorale gli stanno raccomandando di attaccare Harris e il candidato vice presidente Tim Walz su quanto di impopolare hanno fatto nelle loro carriere e sui fallimenti dell’amministrazione Biden, insistendo sull’inflazione e sulle politiche di controllo dell’immigrazione, dipingendoli come estremisti di sinistra. Ma Trump ha dedicato poco spazio a questo genere di discorsi nei suoi comizi.
Invece, ha attaccato Harris accusandola falsamente di aver incominciato a identificarsi come nera solo di recente, e di aver contraffatto le foto dei propri comizi per fingere che ci fossero più persone. Si è infilato in una inspiegabile lite con il popolare governatore Repubblicano della Georgia Brian Kemp, insultandolo ripetutamente per non averlo sostenuto ai tempi della contestazione del risultato elettorale del 2020, e rischiando di alienarsi parte dell’elettorato conservatore in uno stato in bilico importantissimo per le presidenziali di novembre. E in diverse occasioni ha parlato di Biden con toni quasi di solidarietà, criticando i Democratici per averlo tradito e delineando irrealistici scenari in cui potrebbe ottenere nuovamente la nomination Democratica.
Nella sua newsletter sulle elezioni statunitensi, Francesco Costa ha scritto:
Anche per gli standard di Trump, che ha fatto del caos e delle menzogne la cifra della sua carriera, tutto questo non è normale: anche perché non è una strategia, per quanto delirante e sociopatica. Al contrario, questo è Trump che non riesce a seguire una strategia. I suoi stessi collaboratori lo descrivono come accecato dalla rabbia, incapace di concentrarsi, guidato solo dall’istinto e furioso per come stia perdendo da quella che in privato definisce «una stronza».
Neil Newhouse, un sondaggista Repubblicano, ha detto al New York Times che Trump è più a suo agio con gli attacchi personali che con quelli sulle questioni di policy, ma che con Harris, una politica relativamente poco conosciuta dall’elettorato, in questo momento pagherebbero di più i secondi. Ma, come sempre, convincere Trump a fare qualcosa si sta rivelando estremamente difficile per il suo comitato elettorale, che invece ha a che fare con continue improvvisazioni e ostinazioni da parte sua.
«Proprio quando avrebbe dovuto elevare la sua performance, almeno per quanto gli sia possibile, Trump è tornato al suo stato più naturale: imprevedibile, delirante, trasgressivo, autoriferito, e inferocito» ha scritto sull’Atlantic Peter Wehner. «La prospettiva non solo di essere battuto, ma di essere battuto da una donna nera, ha mandato Trump in una frenesia che non sarebbe stata possibile diversamente».
Trump è sembrato accusare particolarmente gli sfottò che Harris e Walz stanno rivolgendo a lui e al suo candidato vice presidente JD Vance. In diverse occasioni, i Democratici hanno deriso Trump e i suoi sostenendo che siano “weird”, cioè dei tipi strani, un po’ viscidi e inquietanti, un’accusa che è sembrata avere molto effetto su Trump, che più volte ci ha tenuto a respingerla categoricamente. Secondo Wehner, Trump è «meglio equipaggiato psicologicamente» a fronteggiare feroci critiche rispetto alle prese in giro: «i narcisisti cercano in tutti i modi di nascondere le proprie paure e mostrare una versione di sé falsa e idealizzata. (…) La derisione può scuotere paure molto profonde di essere smascherati come deboli o imperfetti».
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Soltanto un mese fa, Trump era appena sopravvissuto a un attentato che era andato a pochi millimetri dall’ucciderlo, aveva a che fare con un candidato Democratico in enorme difficoltà e accusato da conservatori e progressisti di demenza senile, e stava partecipando alla convention Repubblicana da vincitore annunciato delle elezioni presidenziali. Ora la situazione è totalmente cambiata, e il vantaggio di Trump secondo i sondaggi non esiste più, anzi.
Harris è data avanti, con scarto tra l’1 e il 2,5 per cento circa, in stati in bilico come Nevada, Michigan, Wisconsin e Pennsylvania. Il vantaggio di Trump si è ridotto negli altri stati che decideranno le elezioni di novembre, cioè in Georgia, North Carolina e soprattutto in Arizona. Si prevede che l’entusiasmo e il consenso per Harris aumentino ulteriormente dopo la convention Democratica, che comincerà lunedì a Chicago. Al suo termine, mancheranno poco più di due mesi e mezzo alle elezioni.
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